quando rinsecchivano i fiori delle certezze
con l’arrivo impetuoso di nuove stagioni,
sentii di essere fragile trave portante
di una casa fredda e sfrangiata.
Man mano, ogni immagine di me
non si addisse più a nessun presente
e, quel che fu ancor peggio,
neanche a qualche lontano futuro.
Io: gracile viandante in una notte invernale.
Lottai a lungo col vento furioso
mentre mi sibilava in faccia le solite illusioni
fabbricate su misura per me;
conobbi il freddo che screpolò le mie mani
che, insanguinate e tremanti,
nulla sapevano afferrare.
Potessi esprimere al meglio
la tempesta che travolse il mio corpo…
Se sapessi trovare autentiche parole
per farti capire, caro amico,
sapresti del lacerante mio dolore che provai
che quasi spense questo mio vivere.
Mille e mille onde violarono
la spiaggia della mia serenità
e portarono con sé ogni mia piccola certezza
che s’annidava sulla sabbia.
Nel tumulto di cielo e terra
altro non resta, per una fragile creatura,
che appigliarsi all’amore,
unico, fedele e accogliente riparo
che solo può darti questa vita,
riflesso esauriente di ogni inappagabile ricerca.
È solo allora che ogni viaggiatore
placa la sua smania e si ferma a conoscere
il senso delle sue radici
per poter poi vivere l’intera sua vita
sotto un cielo sereno.
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