Va il piccolo naviglio sul mar in burrasca,
preme e spera i marosi sfidar.
Legno leggero su livida acqua,
si confonde tra schiuma ,rabbia
d'onde in battaglia.
Ma l' intrepido uomo non recede
monta cavallone dopo cavallone,
nel fragor par si perda ogni speranza .
Cielo plumbeo ,
Ove lo sguardo si spinge,
sol nuvole carriche ,smorte
l'occhio guadagna.
Affonda colpo dopo colpo l' esil
pagaia in un pelago nero
Come pece che ribolle dal fondo
nell infero stagno.
Un po d' acqua cheta porterebbe in salvo
l 'eroico naviglio ,lo sfinito nocchier ,
che lacrime sudor ,pianto han il corpo vinto.
Ma quel subisso oceano
dalle inviolate sponde ,
non voleva mollar la presa.
Un uomo col suo destino
già nel fondo bramava serbar,
tra conchiglie ,scogli
cocci,ossa mute.
Di lungi un timido raggio,
fendeva l 'orrida barriera
di nembo ruggente.
Biondo e pellegrino ,
solcava la marea
che il cor più non sperava .
Ecco or son docili i flutti,
più dolce il navigar,
Il remo non trova più peso
nel ventre infuriato
del penoso abisso.
Prima Alba d 'argento ,
come rallegri il cielo ,
gaio ,sconfinato .
L 'aere e odorosa di fragranze ,
della terra ,della vicina costa.
Allor s 'arrena sulla calda piaggia ,
le mani dolenti si chiudono in preghiera ,
al dio che concesse infino al giorno ,
di riveder la sera.
Corrado cioci
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