Renoir
e io rammentavo Parigi, anni addietro, il sole
fuori dal D'Orsay. Allora non ti conoscevo,
Parigi era clemente e filtrata nelle tele
degli impressionisti, nei sorrisi dei camerieri,
in una moltitudine chiassosa di folla. Come alla Galette
I nostri Renoir sanno invece del vento
e della neve sul grano maturo dei capelli,
della pelle nuda che trema tastiera di un pianoforte
alle carezze, affabile tormenta tra le fronde
come nel "Pero d'Inghilterra" (l'unico
che non avevo ancora ammirato d'oltralpe)
sulle rive di un fiume che non è la Senna,
non è il Tamigi e neanche il Po. È altro
È più vicino a noi, è dentro di noi,
è nelle sfumature delle stagioni e dei tempi
sofferti, felici, cristallini, nelle ruches bianche
delle onde, nella fiducia che cauterizza ogni dolore;
ci vuole trasgressivi, incautamente frivole,
saggiamente incoscienti -l'amore
-un cappellino sfuggito dalle mani esperte
e tutte femminili, quasi materne, di una modista
al greto del fiume che ci culla -l'Amore
che ci rende liberi, anche di straripare.
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