Ho scucito la lingua velluto
lasciando che avvolgesse
i denti d'avorio,
che carezzasse il palato,
che formulasse quelle
parole che fatico
a trasformare in suono:
così amaro che le orecchie
ingollano fiele.
E ora sono pianura
sostenuta da gambe
senz'ossa e
ad esser fertile è rimasta
la pena.
Così paziento,
aspetto,
attendo
che il frutto caduto,
che il ramo
osserva solo dall'alto,
germogli coi suoi semi
e si faccia strada
nell'aria rarefatta
dell'inverno che promette
vendetta.
lasciando che avvolgesse
i denti d'avorio,
che carezzasse il palato,
che formulasse quelle
parole che fatico
a trasformare in suono:
così amaro che le orecchie
ingollano fiele.
E ora sono pianura
sostenuta da gambe
senz'ossa e
ad esser fertile è rimasta
la pena.
Così paziento,
aspetto,
attendo
che il frutto caduto,
che il ramo
osserva solo dall'alto,
germogli coi suoi semi
e si faccia strada
nell'aria rarefatta
dell'inverno che promette
vendetta.
Poesia scritta il 20/05/2023 - 15:58
Letta n.316 volte.
Voto: | su 2 votanti |
Commenti
Ho letto un grande sgomento tacitamente nascosto tra versi ...
Maria Luisa Bandiera 21/05/2023 - 07:47
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Qualcosa nella gola è ferma, sempre intenso tu!!
Anna Cenni 21/05/2023 - 07:47
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