Ho scucito la lingua velluto
lasciando che avvolgesse
i denti d'avorio,
che carezzasse il palato,
che formulasse quelle
parole che fatico
a trasformare in suono:
così amaro che le orecchie
ingollano fiele.
E ora sono pianura
sostenuta da gambe
senz'ossa e
ad esser fertile è rimasta
la pena.
Così paziento,
aspetto,
attendo
che il frutto caduto,
che il ramo
osserva solo dall'alto,
germogli coi suoi semi
e si faccia strada
nell'aria rarefatta
dell'inverno che promette
vendetta.
lasciando che avvolgesse
i denti d'avorio,
che carezzasse il palato,
che formulasse quelle
parole che fatico
a trasformare in suono:
così amaro che le orecchie
ingollano fiele.
E ora sono pianura
sostenuta da gambe
senz'ossa e
ad esser fertile è rimasta
la pena.
Così paziento,
aspetto,
attendo
che il frutto caduto,
che il ramo
osserva solo dall'alto,
germogli coi suoi semi
e si faccia strada
nell'aria rarefatta
dell'inverno che promette
vendetta.
Poesia scritta il 20/05/2023 - 15:58Letta n.513 volte.
                        			
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Commenti
Ho letto un grande sgomento tacitamente nascosto tra versi ...  

Maria Luisa Bandiera  
 21/05/2023 - 07:47 --------------------------------------
Qualcosa nella gola è  ferma, sempre intenso tu!! 

Anna Cenni  
 21/05/2023 - 07:47 --------------------------------------
  
            
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