nella casa della strega del terzo piano.
Quella notte il vento aveva spento la luna
e forse ero ubriaco
o forse il destino
si era dimenticato della mia ombra.
Lei cucinava una torta di castagne e di menta
mentre il suo gatto nero leccava la scodella sbeccata.
Mi aspettava.
Sapeva che in tasca avevo la fotografia di un amore stracciato
e una domanda da fare
e quella notte il vento fischiava ai confini del mondo.
Mi versò del vino rosso
e mi raccontò della terra
dove i papaveri fioriscono anche d’inverno,
dove puoi lasciare i pensieri incustoditi
e dove al suono di una musica gitana
i fantasmi danzano abbracciati ai muri delle case.
Il vino era buono
le sue unghie striscianti mi graffiavano la pelle,
e quel profumo d’ombra amara mi circondava la testa.
Non c’era memoria nell’aria,
forse il gatto l’aveva nascosta,
forse il vento l’aveva cancellata.
All’orecchio, mi sussurrò il segreto della sua gioventù,
e la risposta alla mia domanda da fare,
ma non ricordo, non ricordo proprio,
forse ero troppo intento a vivere
e poi quella notte il vento soffiava sul fuoco
e poi il vino,
il vino era buono.
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