Bergamo
aleggiano, visibili nel marmo
sulla piazza e negli interni della fede:
sacralità dell'arte e della libertà,
il cuore antico cinto ancora
interamente da mura.
Lassù, a rimembrare l'espansione
delle membra, la città bassa,
la voce che si sperde in echi,
i baluardi possenti a dirimpetto
da cui l'occhio si perde e vede
fin nella provincia gli avi del Tasso,
i natali di un Papa ormai santo e del Merisi.
Bergamo, graziosa bomboniera
di traverse, slarghi, acciottolati biechi
e roccaforti di scalini e bastioni,
imponente e levigato sasso.
Estremo lembo occidentale
della Serenissima e limbo
di già scoscese prealpi
non ancora altezzosi monti.
Di tramonti violetti e infine cremisi,
di piogge torrenziali cadute
senza sera e senza stagione,
di conversazioni frivole o studiate
sotto il Palazzo della Ragione.
Bergamo, discreta ed eccezionale
capace di incantare un vate,
una ragazza, un bimbo
che non si perderebbe mai
sulle sue gradinate
perché basta salire
salire e ancora salire
per essere centrale.
Voto: | su 3 votanti |