Piove oggi pomeriggio
Guardo la pioggia scendere dalla finestra del mio salone, la tenda non troppo aperta per non far entrare troppa luce e troppa poca la voglia di alzarmi per aprirla.
Dallo spiraglio abbastanza ampio comunque vedo sul fondo la siepe del mio giardino, una parete verde scura di fittissime foglioline, che sembrano tasti di pianoforte sotto la pioggia battente, ma si muovono delicatamente non ostante la pioggia sia incessante ora.
Poi vedo alcuni rami del mio albero di cachi, oramai spogli in questa stagione, sembrano lunghe dita sottili di marrone chiaro, con grossi goccioloni che cadono dalle gemme al suolo.
Ancora avvicinandosi alla finestra in primo piano un vaso con una di quelle piante grasse sempre verdi, di quelle che non muoiono mai e che se stacchi un ramo e lo poggi sulla terra si moltiplica in pochissimo, la pioggia la rende lucida e sembra godere più delle altre della pioggia abbondante.
Una grata bianca a rombi occlude parzialmente la vista dalla mia finestra, ma non ci faccio caso, mentre il vaso posato sul pavimento del salone al centro della finestra la ostacola parecchio, anche se lo considero parte del panorama.
E’ un grosso vaso trasparente alto e abbastanza sottile con all’interno lunghi rami spogli marroni scuro, sono i rami più dritti recuperati dalla potatura del cachi due anni prima, che ora fanno da decorazione al salotto invece di sorreggere grossi frutti e ampie foglie, adesso stanno li puntati verso l’alto dritti intirizziti, all’interno di un asettico vaso trasparente in un salone caldo e accogliente, ma tutt’altro che bucolico.
I rami dell’albero fuori sono più chiari, bagnati e ricurvi, vivono a pieno la natura in questo acquazzone così gioioso e si integrano con il contesto, sebbene circondati da vasi e siepi e non immersi in un bosco, ma quelli dentro possono sembrare eleganti forse, ma in questo momento sembrano davvero degli arti mozzati e mummificati, poggiati ad una finestra e ironia della sorte e come se fuori un uomo stesse passando.
C’è un velo di ironia nella situazione, ma forse adesso sembra più tragedia, i rami recisi esposti come trofei davanti ad una finestra e a meno di due metri da loro il grande albero di cachi pieno di rami inzuppati, chissà se è più triste per quelli all’interno invidiare la vita che scorre in quelli all’esterno, ricordare e forse rimpiangere; o è più doloroso vedere dall’esterno la fine dei predecessori li rinchiusi sotto vetro esposti come soprammobili, con la paura di poter fare la loro fine e l’angoscia di non poter far nulla per loro.
La pioggia è finita e tutto adesso è alla solita distanza come tante diapositive sovrapposte su sfondo trasparente, inconsapevoli, autonome.
E forse io mi perdo troppo in elucubrazioni assurde immaginando che piante e porzioni recise di esse abbiano non solo un anima, ma una consapevolezza del loro essere.
Dallo spiraglio abbastanza ampio comunque vedo sul fondo la siepe del mio giardino, una parete verde scura di fittissime foglioline, che sembrano tasti di pianoforte sotto la pioggia battente, ma si muovono delicatamente non ostante la pioggia sia incessante ora.
Poi vedo alcuni rami del mio albero di cachi, oramai spogli in questa stagione, sembrano lunghe dita sottili di marrone chiaro, con grossi goccioloni che cadono dalle gemme al suolo.
Ancora avvicinandosi alla finestra in primo piano un vaso con una di quelle piante grasse sempre verdi, di quelle che non muoiono mai e che se stacchi un ramo e lo poggi sulla terra si moltiplica in pochissimo, la pioggia la rende lucida e sembra godere più delle altre della pioggia abbondante.
Una grata bianca a rombi occlude parzialmente la vista dalla mia finestra, ma non ci faccio caso, mentre il vaso posato sul pavimento del salone al centro della finestra la ostacola parecchio, anche se lo considero parte del panorama.
E’ un grosso vaso trasparente alto e abbastanza sottile con all’interno lunghi rami spogli marroni scuro, sono i rami più dritti recuperati dalla potatura del cachi due anni prima, che ora fanno da decorazione al salotto invece di sorreggere grossi frutti e ampie foglie, adesso stanno li puntati verso l’alto dritti intirizziti, all’interno di un asettico vaso trasparente in un salone caldo e accogliente, ma tutt’altro che bucolico.
I rami dell’albero fuori sono più chiari, bagnati e ricurvi, vivono a pieno la natura in questo acquazzone così gioioso e si integrano con il contesto, sebbene circondati da vasi e siepi e non immersi in un bosco, ma quelli dentro possono sembrare eleganti forse, ma in questo momento sembrano davvero degli arti mozzati e mummificati, poggiati ad una finestra e ironia della sorte e come se fuori un uomo stesse passando.
C’è un velo di ironia nella situazione, ma forse adesso sembra più tragedia, i rami recisi esposti come trofei davanti ad una finestra e a meno di due metri da loro il grande albero di cachi pieno di rami inzuppati, chissà se è più triste per quelli all’interno invidiare la vita che scorre in quelli all’esterno, ricordare e forse rimpiangere; o è più doloroso vedere dall’esterno la fine dei predecessori li rinchiusi sotto vetro esposti come soprammobili, con la paura di poter fare la loro fine e l’angoscia di non poter far nulla per loro.
La pioggia è finita e tutto adesso è alla solita distanza come tante diapositive sovrapposte su sfondo trasparente, inconsapevoli, autonome.
E forse io mi perdo troppo in elucubrazioni assurde immaginando che piante e porzioni recise di esse abbiano non solo un anima, ma una consapevolezza del loro essere.
Racconto scritto il 11/10/2015 - 19:52
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Commenti
Ma lo sai che hai ragione rileggendolo devo ammettere che concordo con te, del resto era un esperimento poco ponderato e ancor meno corretto, scritto di getto e forse mal concertato... cercherò di scrivere meglio, anche se ammetto che intendo riversare in questo contenitore tutti i miei scritti più acerbi e impulsivi.
comunque grazie per il tempo che hai speso nel leggerlo e per il commento ne farò tesoro
Clelio D'ostuni 13/10/2015 - 03:15
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L'idea è carina, cioè quella di dare un'anima alle cose, in questo caso alle piante. E anche la descrizione regge nel suo complesso.
La forma però presenta delle lacune, delle ripetizioni e manca di ritmo
La forma però presenta delle lacune, delle ripetizioni e manca di ritmo
Giuseppe Novellino 12/10/2015 - 18:10
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