Le gambe titubanti della sedia occupata dalla noia
Dopo aver parlato a bassa voce al cassetto
della sua scrivania sotto la finestra aperta
sul parco, un’amica lasciò arrivare col vento
una virgola del suo bel narrare ricoperta
da un impermeabile color della mia matita.
Così ho ascoltato il vento cercare la pioggia.
La rincorreva oltre le cime bianche, tra i vicoli
dei borghi approssimati, lungo la piccola roggia
e i corsi d’acqua prorompente, sgorgante da
sorgenti ghiacciate, come le mie mani, limpida
come gli occhi di chi non teme d’esser giudicato.
La cercava, stanco di soffiare, farsi timida
pioggerella per potersi addormentare, con lei
che sapeva suonare come nessuno mai i tasti
del suo pianoforte e tradurli nel perdersi, magari
anche solo, nel seguire il volo con i suoi contrasti
di un uccellino, lento e poi veloce… lei che aveva
mani di cristalli, chicchi gelati, e cuore di zampilli,
delicati, come la notte e impetuosi come tempesta.
Perché ci si ama così, come tra corde di violoncelli
sfregate follemente, nel suono denso della tormenta.
Come la disperazione di chi sa d’amarsi oggi e mai
più, di chi sa cos’è l’amore e non sa come fuggirne.
E la cercava inconsolabilmente, e miseramente assai
pregava di non incontrarla… perché ogni volta era
come morire: non ci si può amare nella disperazione
di una tormenta, no… ci si ama disperatamente, poi,
disperatamente si muore nell’adagio dell’esecuzione.
E' nel tiepido pomeriggio di una giornata tra nuvole
e sole, tra aurore e tramonti lenti, mai roventi…
forse è proprio così l’amore… lento… quel che resta
del vento e la pioggia non serve ad occhi noncuranti.
Occhi dimentichi con foglie turbate, stupite, giacciono
inermi nel palcoscenico di un letto umido
e disfatto, abbandonato in tutta fretta dopo la tempesta.
Già, l’amore no, è un valzer lento… si vive del brivido
di passeggiate sulla battigia, accarezzati dalle onde,
lente, o foglie d’autunno come giacigli nella limpidezza
di una notte stellata, lenta… minuti come ore, ore lente.
E margherite soffici che si aprono come una carezza
ai primi raggi di sole, così… lentamente, mattine pigre
davanti a un caffè e macchie lievi di mascara sul cuscino.
E lentamente mi sfiori la mano, sorridi ai miei occhi, ti
ci riconosci, e io nei tuoi trasparenti, come d’un bambino.
Può la trasparenza di un lago eguagliare
la profondità di un mare in tempesta?
Un’esistenza divisa in dodici stanze in cui in occasioni
molteplici lasciamo qualcosa di noi, da ascoltare senza
chiedersi cos’è… lentamente… come la musica,
che è la traduzione sonora delle nostre pulsioni.
della sua scrivania sotto la finestra aperta
sul parco, un’amica lasciò arrivare col vento
una virgola del suo bel narrare ricoperta
da un impermeabile color della mia matita.
Così ho ascoltato il vento cercare la pioggia.
La rincorreva oltre le cime bianche, tra i vicoli
dei borghi approssimati, lungo la piccola roggia
e i corsi d’acqua prorompente, sgorgante da
sorgenti ghiacciate, come le mie mani, limpida
come gli occhi di chi non teme d’esser giudicato.
La cercava, stanco di soffiare, farsi timida
pioggerella per potersi addormentare, con lei
che sapeva suonare come nessuno mai i tasti
del suo pianoforte e tradurli nel perdersi, magari
anche solo, nel seguire il volo con i suoi contrasti
di un uccellino, lento e poi veloce… lei che aveva
mani di cristalli, chicchi gelati, e cuore di zampilli,
delicati, come la notte e impetuosi come tempesta.
Perché ci si ama così, come tra corde di violoncelli
sfregate follemente, nel suono denso della tormenta.
Come la disperazione di chi sa d’amarsi oggi e mai
più, di chi sa cos’è l’amore e non sa come fuggirne.
E la cercava inconsolabilmente, e miseramente assai
pregava di non incontrarla… perché ogni volta era
come morire: non ci si può amare nella disperazione
di una tormenta, no… ci si ama disperatamente, poi,
disperatamente si muore nell’adagio dell’esecuzione.
E' nel tiepido pomeriggio di una giornata tra nuvole
e sole, tra aurore e tramonti lenti, mai roventi…
forse è proprio così l’amore… lento… quel che resta
del vento e la pioggia non serve ad occhi noncuranti.
Occhi dimentichi con foglie turbate, stupite, giacciono
inermi nel palcoscenico di un letto umido
e disfatto, abbandonato in tutta fretta dopo la tempesta.
Già, l’amore no, è un valzer lento… si vive del brivido
di passeggiate sulla battigia, accarezzati dalle onde,
lente, o foglie d’autunno come giacigli nella limpidezza
di una notte stellata, lenta… minuti come ore, ore lente.
E margherite soffici che si aprono come una carezza
ai primi raggi di sole, così… lentamente, mattine pigre
davanti a un caffè e macchie lievi di mascara sul cuscino.
E lentamente mi sfiori la mano, sorridi ai miei occhi, ti
ci riconosci, e io nei tuoi trasparenti, come d’un bambino.
Può la trasparenza di un lago eguagliare
la profondità di un mare in tempesta?
Un’esistenza divisa in dodici stanze in cui in occasioni
molteplici lasciamo qualcosa di noi, da ascoltare senza
chiedersi cos’è… lentamente… come la musica,
che è la traduzione sonora delle nostre pulsioni.
Nota: scritta a quattro mani con la poetessa e amica Laisa
Racconto scritto il 15/04/2019 - 19:52
Letta n.1054 volte.
Voto: | su 5 votanti |
Commenti
Complimenti. E' così che si fa. La titubanza deve sempre liberare la sedia. Te ne do atto. bel lavoro questo ed efficace collaborazione fra due grandi di OS.
Ernesto D'Onise 19/04/2019 - 01:05
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Grazie a tutti voi per le belle parole. Sapete,vi era questo bel racconto in prosa di Laisa che proprio non mi andava restasse in un cassetto. Un pizzico di rima, qualche mio verso (ma solo poche gocce) ed ecco che la titubanza ha liberato la sedia
Mastro Poeta 17/04/2019 - 15:24
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Complimenti a te e a Lsisa A. Un continuo movimento intarsiato di poesia e racconto,
in unica emozione 5*
in unica emozione 5*
donato mineccia 17/04/2019 - 14:59
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Emozionante questo breve racconto, si fa leggere tutto d'un fiato...un intreccio di mani e pensieri, come scrive Laisa, di cui in effetti ritrovo alcuni suoi spunti.
Complimenti ad entrambi... lago o tempesta, chissà
Complimenti ad entrambi... lago o tempesta, chissà
PAOLA SALZANO 16/04/2019 - 20:30
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Un elogio alla lentezza, allo scandire di momenti semplici dell'amore...quelli che lo fanno "grande"...
Bel testo, da leggere lentamente per assaporarne ogni passo
Bravissimi
Bel testo, da leggere lentamente per assaporarne ogni passo
Bravissimi
Grazia Giuliani 16/04/2019 - 14:32
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MASTRO E LAISA...Ragazzi è molto bella e decisamente l'amore non è un ROK ma un lento.....Complimenti
mirella narducci 15/04/2019 - 23:55
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Emozione e coinvolgimento ha catturato il mio cuore nel leggere quest'opera tutta d'un fiato. Siete bravissimiiiiiiiii! E colgo anche l'occasione per ringraziarvi per la gentile ed amorevole attenzione che avete nei miei confronti.
santa scardino 15/04/2019 - 22:54
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...ho ritrovato le mie parole tra le tue, come un intreccio di mani e pensieri
Ne sono onorata Mastropoeta, hai saputo esaltare quel che di me, da me, era così banale e l'hai reso "magnifico", come la tempesta...
Grazie
Ne sono onorata Mastropoeta, hai saputo esaltare quel che di me, da me, era così banale e l'hai reso "magnifico", come la tempesta...
Grazie
laisa azzurra 15/04/2019 - 21:06
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