Un Fabbricante, sì! Non ve lo aspettavate? Eh?
Anche se, per essere precisi, in realtà sono il Fabbricante! con l’articolo determinativo che determina il mio essere uno e specifico Fabbricante; appartenente sì! alla classe tale, ma non uno qualunque per voi che vi apprestate a leggere questa mia rocambolesca storia. Troppo facile sarebbe il nascondersi dietro l’indeterminatezza dell’uno qualunque che io non sono e mai sarò.
Anche perché sappiate che io non creo milioni di oggetti tutti uguali, in serie, senza la minima differenza tra l’uno e l’altro. No.
Nella mia fabbrica non ci sono macchine sofisticate o robot di nuova generazione; non ci sono ingegneri, architetti, designer o chicchessia; il lavoro manuale è fatto tutto dalla mano e dalla fantasia dell’esperto artigiano quale ormai sono; e pure da quella dei miei fidi operai. Quindi Fabbricante sì!, ma pure artigiano scrupoloso.
L’attenzione al dettaglio è quello che ci premia, quello che ci rende unici nella nostra specie. Pensate che in ogni ordine ricevuto od ogni mia spontanea creazione, che può essere di un unico esemplare o di decine o alle volte centinaia, sarà sempre preceduta da una mia attenta fase di studio preliminare che mi dia il tempo di creare un prototipo, alle volte più di uno se non tre, finché la riuscita non mi porti verso la produzione vera e propria da parte dei miei fedeli operai, che presto o tardi conoscerete.
Adesso, quindi, dovete per forza domandarmi: ma i tuoi operai riusciranno a produrre oggetti uguali ai prototipi fatti da te? Bella domanda. C’è un universo na-scosto dietro questa domanda… e nel nascosto universo la risposta sarà: no!
Ma come potete solo pensare una cosa simile? Logico che una mano operaia non potrà mai uguagliare il pro-totipo perfettamente, se di perfezione possiamo parlare, tra l’altro, perché pure un Fabbricante esperto come me non potrà mai creare qualcosa di perfetto.
Il fatto è questo: ogni imperfezione rende unico l’oggetto. Ogni sua, se pur piccola falla rispetto al prototipo e agli altri sui pezzi gemelli, renderà ogni oggetto singolo, quindi pur avendone per simili altri cento, uni-co e inimitabile nel suo piccolo mondo.
Allora sì che ci saranno margherite con petali di un bianco puro e casualmente uno, dei tali petali, di un colore più avorio; ci sarà un orsetto con una pelliccia di pile più morbidosa rispetto al suo fratello, a cui vuol bene lo stesso come ad un gemello; una giraffa con un collo raffazzonato alla bell’è meglio mentre un’altra con un punto festone a dir poco fantastico; un sole pieno d’ovatta che quasi quasi esplode e un altro che pare non mangi da una mesata e sia lasciato lì al suo triste desti-no; un burattino con una giacca di seta che crepa dal freddo e un altro con la stessa in lana da crepare sì! ma dal caldo; un coccodrillo con dei denti di pezza arro-tondati da non riuscire nemmeno a papparsi quel topo-lino che…
Driin!
No, ti prego! Ancora un secondo! Giusto uno…
Sai, quando si dorme e ci si deve svegliare per andare a lavorare serve sempre un secondo di più. Pure che fai il lavoro più bello del…
Driin!
Ho bell’e capito! Meglio svegliarsi, perché devo proprio iniziare a raccontarvi questa magica storia.
Anche se, per essere precisi, in realtà sono il Fabbricante! con l’articolo determinativo che determina il mio essere uno e specifico Fabbricante; appartenente sì! alla classe tale, ma non uno qualunque per voi che vi apprestate a leggere questa mia rocambolesca storia. Troppo facile sarebbe il nascondersi dietro l’indeterminatezza dell’uno qualunque che io non sono e mai sarò.
Anche perché sappiate che io non creo milioni di oggetti tutti uguali, in serie, senza la minima differenza tra l’uno e l’altro. No.
Nella mia fabbrica non ci sono macchine sofisticate o robot di nuova generazione; non ci sono ingegneri, architetti, designer o chicchessia; il lavoro manuale è fatto tutto dalla mano e dalla fantasia dell’esperto artigiano quale ormai sono; e pure da quella dei miei fidi operai. Quindi Fabbricante sì!, ma pure artigiano scrupoloso.
L’attenzione al dettaglio è quello che ci premia, quello che ci rende unici nella nostra specie. Pensate che in ogni ordine ricevuto od ogni mia spontanea creazione, che può essere di un unico esemplare o di decine o alle volte centinaia, sarà sempre preceduta da una mia attenta fase di studio preliminare che mi dia il tempo di creare un prototipo, alle volte più di uno se non tre, finché la riuscita non mi porti verso la produzione vera e propria da parte dei miei fedeli operai, che presto o tardi conoscerete.
Adesso, quindi, dovete per forza domandarmi: ma i tuoi operai riusciranno a produrre oggetti uguali ai prototipi fatti da te? Bella domanda. C’è un universo na-scosto dietro questa domanda… e nel nascosto universo la risposta sarà: no!
Ma come potete solo pensare una cosa simile? Logico che una mano operaia non potrà mai uguagliare il pro-totipo perfettamente, se di perfezione possiamo parlare, tra l’altro, perché pure un Fabbricante esperto come me non potrà mai creare qualcosa di perfetto.
Il fatto è questo: ogni imperfezione rende unico l’oggetto. Ogni sua, se pur piccola falla rispetto al prototipo e agli altri sui pezzi gemelli, renderà ogni oggetto singolo, quindi pur avendone per simili altri cento, uni-co e inimitabile nel suo piccolo mondo.
Allora sì che ci saranno margherite con petali di un bianco puro e casualmente uno, dei tali petali, di un colore più avorio; ci sarà un orsetto con una pelliccia di pile più morbidosa rispetto al suo fratello, a cui vuol bene lo stesso come ad un gemello; una giraffa con un collo raffazzonato alla bell’è meglio mentre un’altra con un punto festone a dir poco fantastico; un sole pieno d’ovatta che quasi quasi esplode e un altro che pare non mangi da una mesata e sia lasciato lì al suo triste desti-no; un burattino con una giacca di seta che crepa dal freddo e un altro con la stessa in lana da crepare sì! ma dal caldo; un coccodrillo con dei denti di pezza arro-tondati da non riuscire nemmeno a papparsi quel topo-lino che…
Driin!
No, ti prego! Ancora un secondo! Giusto uno…
Sai, quando si dorme e ci si deve svegliare per andare a lavorare serve sempre un secondo di più. Pure che fai il lavoro più bello del…
Driin!
Ho bell’e capito! Meglio svegliarsi, perché devo proprio iniziare a raccontarvi questa magica storia.
Racconto scritto il 17/12/2019 - 07:11
Da Boris Gant
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