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LA RESA DEI CONTI

Le istruzioni sono:

Scrivi un racconto in cui una persona dice finalmente a qualcun altro un qualcosa che non ha mai osato dire e di cui lui stesso ha appena preso coscienza. E’ un gesto di catarsi, di liberazione, quasi di violenza. Perché il racconto sia interessante i personaggi non devono rappresentare solo se stessi ma due modi diversi, quasi inconciliabili, di intendere la vita. La verità affermata non dev'essere troppo razionale o scontata ma contenere un momento di violenza e di estremismo che possa spaventare il lettore. Immaginate quindi due personaggi che hanno condiviso molto e poi si separano: un parroco e la perpetua, due amici di cui uno è diventato poliziotto e l’altro terrorista, un pianista e il suo miglior allievo, un avvocato e la sua segretaria, una prostituta e il suo miglior cliente, una donna e suo marito mentre lei lascia la casa in cui è stata schiavizzata, e così via ...


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La resa dei conti

Da sei giorni, ormai, la fredda perturbazione dei Balcani aveva raggiunto e invaso l’Appennino centrale. Un vento sferzante scaricava un’impressionante quantità di neve che, in aggiunta a quella tolta dalle zone più esposte, depositava nei valloni e i punti più raccolti.
Il casolare con annessa la piccola stalla, situato in una graziosa valle, tra i monti della Maiella, stava per essere seppellito dalla neve; come se una natura tentacolare volesse ingoiarlo con le sue enormi fauci bianche. La coltre nevosa aveva raggiunto un metro e mezzo, arrivando alle finestre della costruzione di un piano.
Il fuoco nel camino parlava la sua lingua di fiammelle tranquille, sul ceppo di radica di quercia quasi consumato. Il grosso persiano Belushi se ne stava accovacciato al posto d’onore sulla grossa pietra lavica che delimitava il camino dal pavimento. Qualche ciuffo della coda meno pronunciato rivelava che il gatto se l’era bruciacchiata in un litigio con il fuoco. Il felino sornione puntava la graticola distesa sulla brace a cuocere due costole di maiale.
-Donna! Hai finito di preparare l’insalata eh? Esordiva Gabriele, con un tono tra il burlesco e l’imperioso, mentre rigirava la grossa graticola e ravvivava la brace con un coperchio che utilizzava a mo’ di ventaglio. –Dopo, taglia il pane e portami le fette, così preparo qualche bruschetta! Intanto portami pure l’olio, l’aceto e il sale. Già che ci sei, riempimi un bicchiere di vino… ho sete!
Gabriele era un ex bancario. Un bell’uomo dai tratti mediterranei, capelli neri e occhi scuri, nel fisico scultorio dei suoi 34 anni. Se ne stava davanti al fuoco del camino, assorto come un guerriero armato di paletta e pinza, nella sfida con le braci, in una sorta di gioco con l’amico più antico dell’uomo. Un gioco che lo conduceva sempre in una simbiosi ipnotica con quel vitale elemento della natura.
Dopo l’agognata laurea in scienze bancarie, aveva ottenuto subito un impiego presso una nota banca della City di Londra, dove si era distinto per capacità, e in breve aveva ottenuto buoni risultati nel settore dei Fondi d’investimento. Nello stesso ambiente aveva conosciuto la bionda e bellissima Esther, di appena un anno più giovane, ed era stato amore a prima vista. Avevano svolto pressoché lo stesso lavoro, e le qualità di entrambi erano garanzie di carriere sicure… ma le cose andarono diversamente.
L’estate di tre anni prima, durante le vacanze estive, fecero una lunga escursione, con tanto di sacchi a pelo e tenda portatile, sulla Maiella – la Montagna Sacra D’Abruzzo – e questo fu decisivo per il loro destino. Gabriele proveniva da una famiglia di contadini delle colline pescaresi, dediti alla coltivazione di uve e ortaggi, mentre la splendida Esther, proveniva da una famiglia borgese di Bristol. Fu lei a proporre la vacanza su quelle montagne, innamorata com’era dell’Italia e dei suoi paesaggi.
Quando scoprirono il casolare abbandonato, ne rimasero come folgorati. Accovacciato com’era nella piccolissima valle incuneata tra le alte vette. C’erano un meleto inselvatichito, prati fioriti, e boschi di faggio che s’inerpicavano verso le cime.
-Questo è il paradiso! Avevano esclamato in contemporanea. L’idea di tornare nella caotica Londra, e calarsi nuovamente nella feroce arena del mondo finanziario sembrava, in quel momento, un castigo di Dio. Fecero ritorno a Londra, ma solo per il tempo necessario a realizzare il sogno, che fu d’acquistare a un prezzo ragionevole il casolare, comprensivo di circa sei ettari. Vi calarono un progetto cofinanziato dai fondi europei, per un allevamento di capre e asini, finalizzato alla produzione e vendita di latte d’asina, e formaggio di capra, con le promettenti prospettive di mercato.
Si erano trasferiti da circa un anno e, come ovvio, occorreva ancora molto tempo per raggiungere gli obiettivi prefissati. Intanto nella stalla erano presenti tre giovenche ingravidate con il metodo artificiale, e quattro capre di cui due con prole, che già erano munte regolarmente.
-Eccoti il vino… grande zotico! Ribatteva Esther, mentre gli allungava un bicchiere di vino novello. L’ottimo vino fatto in casa, a base di uve Montepulciano d’Abruzzo e Cabernet. L’uva prodotta dai genitori di Gabriele.
-Zotico io! E perché? Ho detto qualcosa di male? Ribatteva, con un sorriso ancor più sornione del suo gatto indifferente. Poi continuava - cosa hai da ridire contro la nobile stirpe degli zotici eh! Gli zotici, come dici tu, sono gli unici a rimboccarsi le maniche in questo schifo di mondo? Eh? Comunque ti perdono… perché sei sempre il mio amore stupendo!
Esther non aveva alcuna voglia di scherzare. Il volto si era incupito e la voce tremava. Era sopraffatta da una sensazione di smarrimento, di solitudine e impotenza, di fronte ai fenomeni soverchianti che la stavano logorando.
-Io non ti perdono per nulla Gabriele. Mi sono resa conto… che sei un superficiale. Tutti ci avevano sconsigliato di acquistare questa tenuta, per via del freddo invernale, delle lunghe nevicate e dell’isolamento forzato, e tu… mi hai sempre mentito.
-Ma… amore… cosa stai dicendo? Replicava Gabriele, intenerito da una lacrima apparsa sui bordi dei profondi occhi azzurri della sua amata. Non fare così!
-Basta Gabriele! Basta! Urlava a squarciagola la giovane donna. Non hai capito nulla!
Poi finiva con un filo di voce, tra le lacrime che solcavano i delicati lineamenti:
-Io sono stanca, guarda le mie mani, osservale! Sono mani incallite e rovinate…di una mugnaia. Sei soltanto un egoista egocentrico. Tu dicevi facciamo questo, e quell'altro, e poi... come ora stai giocando con il tuo fuoco e… non mi degni più neanche di uno sguardo. Io andrò via Gabriele. Appena sarà possibile, se mai finirà l’incubo di questo isolamento, andrò via. E non parlare, ti prego… non dire nulla!
Il tono della sua voce non ammetteva repliche, e Gabriele lo sapeva bene… conosceva e intuiva la determinazione della sua compagna.
-Non voglio sentire altre parole! Questa è la resa dei conti Gabriele… i conti con l’ineludibile realtà… che non hai voluto vedere, pur avendone colti i segnali.
Un silenzio di tomba era calato nella casupola. Persino Belushi si era rintanato sotto una sedia, percependo una qualche situazione di pericolo.
-Ti prego, non seguirmi! Aggiunse Esther, mentre si dirigeva verso la stanza da letto. Poi si chiuse a chiave, rannicchiata sotto le pesanti coperte di lana del letto matrimoniale.
Una lunga notte aspettava Gabriele, forse la più lunga e dolorosa della sua vita, mentre pensava di non farcela a sopportare l’incubo che gli si parava davanti.
-Questa dannata bufera! Bofonchiava, tra se e se, ma probabilmente furono proprio le avversità, che pure chiedevano un tributo, se poté superare quelle ore senza rischiare d’impazzire.
Il freddo polare aveva gelato la condotta dell’acqua del pozzo, più a monte, e questa era una vera e propria emergenza che, se non risolta, avrebbe messo a rischio gli animali e la sopravvivenza di tutti. Fu costretto a riempire secchiate di neve che calava nel pentolone del camino, fino a farla sciogliere e, una volta pieno, lo svuotava nelle taniche destinate all'abbeveraggio gli animali, oltre che assicurare la riserva domestica.
Mancavano poche ore all’alba, quando ebbe fine l'interminabile nevicata. Solo una freddissima brezza scivolava sul chiarore della neve che rifletteva la tenue luce lunare. Gabriele era esausto, ma rimase alcuni minuti nell’incanto di quel paesaggio, a tratti inquietante, mai visto prima. Poi chiuse la porta, si raggomitolò davanti al grande camino, che ancora mostrava il rosso pulsante delle piccole braci, e dormì a lungo.
Il sole aveva raggiunto lo specchio delle finestre, sciogliendo il ghiaccio in goccioline che i raggi attraversavano mutando la luce in spettacolari e variopinti effetti luminosi. Il gioco di luce accarezzava il volto di Esther, che svegliandosi impiegò a lungo per capire dove si trovasse. Il silenzio sovrastava ogni cosa e quella luce sembrava irreale.
Ester usci dalla stanza e vide la testa di Gabriele, e quella di Belushi, spuntare da sotto la vecchia coperta militare. La scena le provocò un accenno di sorriso, e si diresse all’esterno incuriosita dall’improvviso cambiamento del tempo.
Aprì la porta e una luce folgorante, che proveniva da ogni direzione, la costrinse a chiudere gli occhi. Poi la vista cominciò ad abituarsi e ciò che arrivava agli occhi era di quanto più spettacolare avesse mai immaginato. Un paesaggio sconfinato, surreale, d’immenso bianco in contrasto con un cielo di un azzurro mai visto, e quell’aria leggera che accarezzava l’olfatto. Gabriele si avvicinò e rimasero accanto, a lungo, senza dire una parola. Poi, due voci, le loro, esclamarono:
-Questo è il paradiso!
–Sai amore, credo che sia questa… la resa dei conti, disse Gabriele. Ora è tutto chiaro. Non si può pensare di vivere queste emozioni, senza capirne il significato. Il paradiso ha un prezzo… in termini di sofferenza, di paure, fatiche da sopportare, ma che senso ha vivere la vita... senza di tutto questo?
-Penso che tu non abbia tutti i torti Gabriele, ma ho capito più di quello che immagini… amore mio. Ora non sforzarti a chiedere scusa, dovrei fare finta di perdonarti e, magari, ti perdonerei anche, ma non illuderti, non so se resterò per tutta la vita… con uno zoticone come te!
Ora penso che vorrei…anzi lo voglio… sì, voglio crescere qui i nostri bambini!
Si butto al collo di Gabriele, come farebbe una falena con il miele. Poi lo trascinò nel grande letto, e fecero l’amore.
Il felino Belushi, disinteressato dei loro affari, era alle prese con il lauto pasto… abbandonato la sera prima dai due litiganti.



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Scrittura creativa scritta il 23/01/2016 - 01:48
Da Francesco Gentile
Letta n.1193 volte.
Voto:
su 6 votanti


Commenti


Ringrazio per i commenti, e saluto con calorosa amicizia Renato, Salvo, Nadia e Dario.. Grazie

Francesco Gentile 09/02/2016 - 13:01

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Bravo Francesco, complimenti
Dario

Dario Menicucci 08/02/2016 - 23:47

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Bravissimo, sono felice per te, mi era piaciuto tantissimo. Trovo che rappresenti molto il tuo pensiero, sia una sorta di manifesto del tuo sentire
Complimenti
Un abbraccio
Nadia

Nadia Sonzini 08/02/2016 - 18:51

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Complimenti Francesco. Questo tuo l'avevo letto e commentato, e sicuramento avrà scosso altri cuori oltre al mio. Devi essere orgoglioso di questa tua creatura che impreziosisce l'arte narrativa. Un abbraccio

salvo bonafè 08/02/2016 - 14:59

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Vivissimi complimenti ad un poeta-scrittore, davvero meritevole! Ciao Francesco

Renato Granato 08/02/2016 - 10:33

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Grazie mille.. Gennarino, Margherita e Gabriella.. Ho pronta una bozza per il racconto creativo di questo mese, ma, a quanto pare non posso ricevere un'altro premio sulla stessa tematica...ho lavorato per niente! ahahaha (lo pubblicherò uguale.. senza premio) Grazie davvero! Non c'è gratificazione migliore del sentirsi in sintonia con un gruppo di magnifici autori, quali siete.. dai quali sto imparando molto... sono commosso.. grazie ancora

Francesco Gentile 07/02/2016 - 20:28

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Complimenti Francesco,un giusto riconoscimento per un gran bel racconto.

Gabriella De Gennaro 07/02/2016 - 19:34

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Congratulazioni a te Francesco per il riconoscimento ricevuto...apprezzato e bellissimo racconto, ti rinnovo i miei complimenti...(io avrei lasciato l'altro di finale si capiva che mangiava soltanto una costoletta) scusa se mi sono permessa Un abbraccio

margherita pisano 07/02/2016 - 19:23

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bellooooooooooooo!!!!...me l'ero perso, forse ero ammalato...comunque una bella sorpresa ed un premio meritatissimo...complimenti, un applauso ed un abbraccio.

Gennarino Ammore 07/02/2016 - 19:21

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Oggi ho inserito una piccola modifica nell'ultimissima parte di questo racconto, all'epoca scritto troppo in fretta, giacché risultava palesemente stonata rispetto al contesto. Ringrazio la redazione e i giurati che hanno apprezzato premiato l'opera, e tutti gli amici carissimi che hanno avuto la pazienza di leggermi. Grazie

Francesco Gentile 07/02/2016 - 17:22

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Grazie Ugo Mastrogiovanni.. Un commento, il tuo, davvevo gradito. Belle considerazioni che mi incoraggiano molto.. Grazie davvero. Felice domenica per te

Francesco Gentile 24/01/2016 - 11:26

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Quando in un sito di scrittori e poeti dilettanti trovo un racconto lungo come questo, non sempre riesco a leggerlo fino alla fine. Spesso attribuisco la colpa al monitor, alla mia stanca vista di vecchio, ma molto più spesso allo scarso interesse che suscita. Al contrario, “La resa dei conti” ha subito stuzzicato la mia curiosità e l’ho letto con molta attenzione fino alla fine. Cosa dire? Attraente e particolare il tema, preziosa la stesura, indovinati i dettagli e la loro immediatezza.

Ugo Mastrogiovanni 24/01/2016 - 11:06

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Un saluto affettuoso a te Margherita, dolce poetessa! Grazie infinite per il bellissimo e gradito commento.. Ciao

Francesco Gentile 24/01/2016 - 08:26

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Ciao Gianny.. Grazie per aver commentato e apprezzato il racconto.Mi fai sentire davvero gratificato. Buona domenica Gianny..Ciao

Francesco Gentile 24/01/2016 - 08:24

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Dolcissima Maria.. mi scuso se rispondo solo ora; ieri è stato impossibile seguire il sito. Grazie per il bellissimo commento.. sul finale mi sono incartato con il gatto Belushi (una sorta di refuso) che doveva limitarsi a divorare una bistecca di maiale, invece sembra che, in effetti, si sia rotto una costola! ahahah... cose che capitano nei racconti scritti in fretta.. Ciao Un abbraccio affettuoso e buona domenica

Francesco Gentile 24/01/2016 - 08:20

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Salvo.. Sono davvero commosso per le tue considerazioni, e il riscontro emozionale che rilevi nel racconto. Un commento che mi gratifica molto. Un saluto affettuoso caro Salvo.. e ti auguro una felice domenica. Ciao

Francesco Gentile 24/01/2016 - 08:16

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Grazie Rosa.. graditissimo commento il tuo.Una lieta domenica per te

Francesco Gentile 24/01/2016 - 08:13

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Ciao Sabrina..grazie del bellissimo commento. Sono felice che il racconto ti sia piaciuto. Buona domenica

Francesco Gentile 24/01/2016 - 08:11

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Bellissimo racconto emozionante e molto suggestivo, per le immagini della natura che circondano e racchiudono questa storia della resa dei conti con amore sconfinato, solo un po tormentato. Poi la natura vince e cattura i cuori...Complimenti Francesco Buona serata

margherita pisano 23/01/2016 - 18:07

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Complimenti Francesco. Un racconto scritto molto bene. Ha trascinato la mia attenzione dalla prima all'ultima parola. Bravissimo, ciao

Gianny Mirra 23/01/2016 - 17:48

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Ma dai Ciao Francesco caro...bravo anche a scrivere racconti...mi hai davvero affascinato...soprattutto nel finale..che dopo aver dato libero sfogo ai loro pensieri..si ritrovano vicini più che mai.... Ps.Povero belushi ritrovarsi con una costola rotta..... A te i miei complimenti..ti abbraccio ciao caro..alla prossima..

Maria Cimino 23/01/2016 - 16:46

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Francesco, mi hai emozionato, hai tirato fuori dal sacco i frutti più belli di questo meraviglioso albero. Come un albero infatti l'ho visto crescere sempre più rigoglioso e amorevole, essere vivente di quel paesaggio descritto con tanta cura dei particolari da lasciarmi immergere in esso. Una sensazione che anch'io, vivendo in campagna, ho vissuto poche volte, l'ultima lo scorso anno a Natale, ma con devota ammirazione.Grazie

salvo bonafè 23/01/2016 - 16:08

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Racconto gradevolissimo che trasferisce il lettore in atmosfere incantevoli,davvero "paradisiache" che oscurano i problemi dei protagonisti ,anzi li risolvono.Piaciuto molto

Rosa Chiarini 23/01/2016 - 15:25

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Francesco caro, sono rimasta incantata dal tuo racconto. Immagini che mi.hanno portato nella valle, ho sentito il freddo della neve, il tepore del camino ed il sole quel paradiso fatto di attese di sacrifici. Toccanti metafore. Dieci e lode bravissimo. Con stima e affetto

Sabrina Marino 23/01/2016 - 14:56

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Ciao Nadia.. Grazie! Ho provato a scrivere qualcosa, rimanendo accostato ai termi che amo.Poi ho tentato di utilizzare la ra resa dei conti dei personaggi per inserirla in una "resa dei conti" introspettiva e allargata.. sul significato dell'esistenza. Probabilmente non è in aderezza con il tema imposto, ma non importa. Ti ringrazio per il bel commento Nadia. Una felice giornata per te. Ciao

Francesco Gentile 23/01/2016 - 10:05

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scusa il refuso appieno volevo dire, sai sono ancora un po' addormentata

Nadia Sonzini 23/01/2016 - 09:29

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Bello veramente e per tanti motivi. In primo luogo la minuta e poetica descrizione del paesaggio e dei personaggi e poi perché sei riuscito a trasmettere un grande senso di pace nonostante lo scontro richiesto.
Io poi capisco a pieno la bellezza e la difficoltà di vivere in un luogo isolato a contatto con la natura, perché io vivo in un luogo quasi così
Con simpatia
5*
Nadia

Nadia Sonzini 23/01/2016 - 09:18

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