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INCIPIT (inizia il tuo racconto con la descrizione di questo personaggio)

Le istruzioni sono:

L’uomo era alto e così magro che sembrava sempre di profilo. La sua pelle era scura, le ossa sporgenti e gli occhi ardevano di un fuoco perpetuo.


~~~~~~~~~~~~~~~~~~~~~~~~~~~~~~



L\'imperturbabile Giuseppe

"L’uomo era alto e così magro che sembrava sempre di profilo. La sua pelle era scura, le ossa sporgenti e gli occhi ardevano di un fuoco perpetuo".
Richiusi immediatamente la cerniera della tenda canadese, spaventata a morte da ciò che vidi e rimasi immobile con il cuore che mi batteva all’impazzata ed incerta sul da farsi.
Era il 1992 e quell’anno il campo estivo con gli esploratori e le guide lo organizzammo a Sa Barva, nelle campagne di Dorgali, esattamente sul sentiero che conduce a Su Gorroppu, il meraviglioso canyon che s’allunga verso il Supramonte di Orgosolo. Un posto fantastico, immerso nella natura ed ancora non troppo affollato di escursionisti, dove passare i dieci giorni di fine luglio e portare avanti tutte le attività improntate sul tema scelto dai ragazzi, gli Indiani d’America.
Avevamo, come al solito, disposto le tende in cerchio, attorno al palo dell’alza bandiera mentre lo spazio del fuoco era un po’ più spostato. Lì ci riunivamo la sera, dopo la cena, per concludere la giornata in intime riflessioni, con le fiamme che illuminavano i nostri visi e ci invitavano a raccontarci ed aiutare i nostri ragazzi ad aprirsi, e parlarci della loro giornata in un resoconto sincero.
In ventiquattro anni di vita scout avevo tanto riso attorno a quei fuochi e tanto avevo pianto, ma sempre di felicità. Erano quelle, lacrime preziose versate con il sentimento puro dell’amicizia, della condivisione più vera e della consapevolezza che insieme avremmo fatto grandi cose, oltre che scalare le montagne.
E così anche la sera precedente ci eravamo stretti, noi capi, con i nostri trenta ragazzi attorno al fuoco, uniti dallo stesso percorso che si intrecciava come in una grossa fune variopinta: tanti colori diversi a renderla forte ed indistruttibile. Poi negli anni ho scoperto che anche i cavi d’acciaio si possono tranciare e quella fune, senza cure, finì per indebolirsi e polverizzarsi.
Poi i più piccoli erano andati a dormire nelle loro tende ed eravamo rimasti con i ragazzi e le ragazze più grandi, dai quattordici ai sedici anni, l’Alta Squadriglia, i responsabili in una sorta di fraterna gerarchia.
Con loro avevamo bevuto il caffè, preparandolo con una caffettiera da dodici posizionata sulla brace, sorseggiandolo dalle tazze di latta come facevano gli uomini del vecchio west ed avevamo continuato la chiacchierata con le raccomandazioni che dovevano adottare nei confronti dei più piccoli. Avevamo ascoltato e risposto alle loro critiche, avevamo appoggiato i loro sogni ed asciugato le loro lacrime, di nostalgia, di sconforto e di speranza.
Io avevo bevuto più caffè degli altri per cui ero rimasta insonne per ore, ad ascoltare i grilli e lo scorrere del Riu Flumineddu lì vicino e tutti gli altri rumori amplificati dal silenzio della notte.
Questi rumori furono inizialmente poesia poi si trasformarono in paura, perché io son sempre stata molto paurosa fin da bambina, cacarodha, come si dice dalle mie parti, tanto che nella tenda dormivo sempre al centro. Avevo dovuto confessare questa mia debolezza sia agli altri capi che alle ragazze, che io in qualità di capo dovevo educare e proteggere. Ma non ho mai pensato di apparire come una donna perfetta ed invincibile, e questo era già un grande esempio per i miei ragazzi.
Avevo la vescica piena e dovevo assolutamente uscire a fare pipì ma non volevo svegliare nessuno: avrei preso la torcia e…insomma non mi sarei allontanata molto, ed avrei coperto con la terra, come un gattino.
Ma l’uomo là fuori bloccò i miei progetti di alleggerirmi e di rientrare nel sacco a pelo e magari addormentarmi. Mi aveva visto? Di sicuro aveva sentito la cerniera aprirsi e poi chiudersi velocemente.
“Chissà chi è” pensai, andando velocemente al pensiero di quel povero ragazzino, Farouk Kassam, ancora in mano ai sequestratori.
“Dio mio, fa che non sia un atroce criminale!”
I carabinieri della locale stazione ci avevano rassicurati sulla tranquillità della zona prima di realizzare tutta l’attività, ma ogni grotta ed ogni anfratto dell’isola in quel momento poteva essere il loro nascondiglio.
Volevo svegliare le mie amiche ma dopo una giornata pesante russavano come porci e poi svegliandole di soprassalto avrebbero parlato a voce alta rivelando allo sconosciuto la presenza di ragazze al campo. Era un rischio troppo alto da correre.
Quasi smisi di respirare per la paura che l’uomo aprisse la tenda e ci facesse del male, ma avevo l’impressione che il tamburellare del mio cuore arrivasse dritto alle sue orecchie.
Intanto, vuoi per il troppo caffè, vuoi per l’adrenalina la mia vescica si era riempita all’inverosimile ed ormai per non farmela addosso mi ero rannicchiata, seduta, mi tenevo le ginocchia strette al mento e in un lento dondolìo cercavo di imbrogliare il mio bisogno impellente.
Si sa, in queste situazioni se parte un goccio, parte tutto il resto e questo non me lo sarei perdonato: mi sarei sotterrata dalla vergogna e poi non so se le compagne d’avventura avrebbero tenuto il segreto. No! Dovevo resistere, a qualsiasi costo, perché pisciarmi addosso sarebbe stato troppo grave, ma se i ragazzi lo fossero venuti a sapere sarebbe stato un imbarazzo dal quale non mi sarei più risollevata.
Il mio orecchio teso verso l’esterno della tenda mi rivelava ancora la presenza dell’uomo ma finalmente il buio si stava arrendendo alla luce che iniziava a filtrare da quel buco sul telo della tenda, che nessuno, me inclusa, si era preoccupato di ricucire.
Fra un po’ i capi, i maschi, sarebbero usciti dalle loro tende e chissà cosa sarebbe successo, ma finalmente in un modo o nell’altro sarei riuscita a fare pipì.
Continuavo a stringermi le ginocchia per non affogare nella mia urina, ormai lacrimavo ed iniziavo ad imprecare quando finalmente Giulia si destò piano dal suo sonno che a me parve veramente troppo lungo e pesante.
“Che hai? Perché stai piangendo?” mi chiese.
“Ssst! Zitta. C’è uno là fuori ed io mi sto pisciando da ore!” le sussurrai.
Lei, che era sempre stata impavida e da me molto invidiata, aprì piano la cerniera della tenda per sbirciare e capire chi fosse il malintenzionato.
Il suo sguardo ancora cisposo si posò prima sull’uomo, poi su di me e con la voce ancora impastata dal sonno mi disse “Millì, tu sei veramente scema! Dove li hai lasciati gli occhiali? Cretina che non sei altra: è il Capo Giuseppe!!”
Ebbene, ero rimasta tutta la notte insonne ed agitata mentre fuori mi vegliava il Capo Giuseppe, il totem che i nostri ragazzi stavano costruendo sul legno, e che, viste le loro scarse abilità, appariva alto e mal sagomato, con gli occhi dipinti di rosso, insomma un vero ed imperturbabile mostro, ma posizionato proprio al lato della nostra tenda.


Millina Spina, 7 Maggio 2016




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Scrittura creativa scritta il 07/05/2016 - 13:00
Da Millina Spina
Letta n.1126 volte.
Voto:
su 7 votanti


Commenti


Salvo, sai cosa facevo solitamente? Una gomitata per svegliare chi mi stava accanto, le puntavo la pila in faccia e le dicevo "Dimmi che ti stai pisciando pure tu!" e così ne approfittavano tutte. In fondo era un favore che facevo...
Gabriella, per fortuna era solo un racconto, perchè a rileggerlo m'è venuta voglia di...Scusami devo scappare!
Gianni, è il tuo commento che mi tocca e mi commuove: ho usato il totem per raccontare di me, di un tratto della mia strada, ed essere addirittura paragonata al Nobel Grazia Deledda è sicuramente troppo, ma devo essere sincera, mi ha infuso una buona dose di orgoglio e mi ha galvanizzata. Questa strada è tutta da percorrere e per orientarmi non bastano le stelle ed il sole, serve studio e conoscenza.

Grazie a tutti e buona domenica!


Millina Spina 08/05/2016 - 12:35

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Grazie a tutti per il vostro passaggio!
Rosa, è vero, senza occhiali si rischia di avere una visione distorta della realtà. Il problema è quando la miopia non è un fatto fisico ma mentale.
Lupo, immagina la paura a cosa può portare!
Sabry L. ho sempre provato un'assurda paura che ho spesso asserito che in certi casi è invalidante!
Luciano, è proprio così, spesso ci poniamo dei freni, inconsapevoli, ma che ci portano a vivere le situazioni in maniera monca. Bisognerebbe riuscire a raccogliere tutte le forze ed affrontare le paure, spesso, troppo spesso banali e stupide.
Anna, mi fa piacere che ti stia divertendo con le nostre letture: buttati anche tu nella mischia!
Nadia, ho come l'impressione di aver gonfiato un palloncino (o vescica...) nel senso che l'uomo è presente solo all'inizio ed alla fine; non sapevo cosa raccontare di questo personaggio, per cui l'ho solo usato e...non l'ho fatto neanche parlare!
Salvo, pensi davvero che sarei uscita da sola nel buio della notte? -segue-

Millina Spina 08/05/2016 - 12:25

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Un racconto che io trovo insieme esilarante e commovente, e non so spiegarmene il motivo, ma così è. Scritto molto bene, alla Deledda...5 stelle

Gianni Acampora 08/05/2016 - 09:10

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Millina cara hai messo a dura prova sia il tuo coraggio che gli sfinteri con un notevole vantaggio per i secondi. Bellissimo racconto,molto divertente, delizioso.5*

Gabriella De Gennaro 07/05/2016 - 21:44

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Pietà Millina, anch'io rischio di farmela addosso. Sei commovente, e cagasotto altruista. Io avrei svegliato l'esercito.
Mi ha preso molto la solita abilità descrittiva del paesaggio notturno, del cicaleggio, della naturale postura di chi è afflitta di quel bisogno, dell'albeggiare attraverso lo squarcio di tela e l'illuminato pensiero del Grande Capo Giuseppe. Onore al merito

salvo bonafè 07/05/2016 - 19:52

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Simpaticissimo racconto cara Millina,tu sarai stata una paurosa ma hai fregato tutti noi con il finale a sorpresa
Un abbraccio e buon fine settimana
Nadia
5*

Nadia Sonzini 07/05/2016 - 19:22

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Mi sto divertendo molto a leggere le vostre scritture e questa tuo impellente bisogno rimandato per non aver messo gli occhiali... ahahahah e mi domando è vera?

ANNA BAGLIONI 07/05/2016 - 18:26

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Spesso siamo noi i colpevoli delle nostre angosce e paure e tu, Millina, questo lo hai saputo rappresentare con la tua solita sobrietà descrittiva. Brava

luciano rosario capaldo 07/05/2016 - 17:38

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Millina l'ho trovato divertente e ben scritto e fa riflettere su come per banalità possiamo scambiare una cosa per un'altra e crearci paure inesistenti...Bello... Ciao

Sabry L. 07/05/2016 - 16:28

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be era notte ma scambiare un totem per un mostro anchew senza occhiali simpatico racconto 5*

POETA DELL'AMIATA LUPO DELL'AM 07/05/2016 - 16:24

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Millina che bel racconto! Guai a dimenticare gli occhiali, si passa una notte da incubo ma ,in compenso,si ha ottimo materiale di scrittura.Buon fine settimana

Rosa Chiarini 07/05/2016 - 14:43

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