Lazzaro
Questa potrebbe sembrare, a prima vista o svista, la descrizione di un uomo di epoca cosiddetta moderna, ma in realtà si tratta della descrizione di una persona vissuta molto tempo fa.
Il suo nome è Lazzaro.
Il fatto che sia vissuto molti secoli fa non ci sarà d’impedimento per capire la sua storia. Troveremo delle analogie, anche inquietanti, con la nostra realtà.
Lazzaro proveniva da una famiglia piuttosto benestante, grazie alla quale fino ad un certo punto della sua vita, aveva potuto godere di quei privilegi che spettavano solo ed esclusivamente a persone di un certo ceto sociale.
Il padre, ricco proprietario terriero, commerciava in olio e petrolio. La madre, dopo il matrimonio, aveva trovato più “conveniente” dedicarsi alla cura della famiglia e della casa, pur avendo molte persone al proprio servizio.
Lazzaro era figlio unico e come tutti i figli unici, di famiglia benestante, crebbe viziato e presuntuoso ed il fatto che fosse molto attraente giocava ulteriormente a suo favore.
Ma venne il tempo in cui, purtroppo, il padre ebbe un terribile rovescio finanziario, durante il quale perse quasi tutta la sua fortuna e poco o nulla fecero i molti sesterzi depositati nelle sicure casse svizzere.
A quel punto Lazzaro, che non aveva mai alzato un dito per fare qualcosa, venne invitato dai genitori a rimboccarsi le maniche delle sue preziose vesti per cercare lavoro.
La ricerca, data anche la scarsa voglia di trovare, si dimostrò subito ardua, perché se il lavoro stava a destra, lui correva a sinistra e se il lavoro si spostava a sinistra, lui inforcava i suoi bei occhiali scuri e girava l’angolo.
Dopo, inutile negarlo, molti angoli aggirati, Lazzaro conobbe due personcine a modo che gli proposero un affare: stipulare una bella e sostanziosa polizza vita e poi fingersi morto. I due compari, ben noti alle questure di tutta la regione, ma non a Lazzaro, erano il Gatto e la Volpe. Loro si sarebbero incaricati di provvedere a riscuotere, presso la compagnia assicuratrice, i sesterzi che successivamente avrebbero diviso equamente.
Lazzaro accettò subito con malcelato entusiasmo, perché valutati i rischi, valutato il tempo da dedicare all’impresa, valutato il profitto… beh, perdere due giorni a fare il morto… era un ottimo affare!
Comunicò con gioia al padre e alla madre di aver trovato un buon posto di lavoro,che però lo avrebbe portato, per un certo periodo di tempo, lontano da casa.
I genitori entusiasti che il figlio, dopo lunga ricerca, fosse riuscito a trovare lavoro, non fecero ulteriori domande e gli prepararono loro stessi le valigie.
Occorre precisare che, avendo l’ufficiale roman-giudiziario, sequestrato tutti gli averi della famiglia, a Lazzaro, come mezzo di locomozione, era rimasta una piccola e pure scassata vespetta che lui stesso era riuscito a nascondere sotto il giaciglio del suo fedele servo Provolone.
Recuperata la vespetta, caricò le due enormi valigie con la firma dello stilista ben in vista e partì seguito a piedi dai due compari.
Il trio giunse, dopo due giorni di viaggio, in un paese che venne giudicato dagli stessi “molto interessante ed economicamente fiorente”.
Lazzaro fu subito mandato a prendere contatti con una compagnia assicuratrice. La più importante venne individuata nella “LO SEPPIMO”.
La compagnia assicuratrice, come vuole la “tradizione”, lo sottopose ad accurata visita medica, gli vennero contati uno ad uno gli arti, prima inferiori e poi superiori, controllate una ad una tutte le dita delle mani e dei piedi, che risultarono perfette e che, inutile dirlo, suscitarono un po’ d’invidia da parte del medico.
Gli vennero contati i denti e venne redatto uno schemino della loro posizione, da utilizzare per il riconoscimento del cadavere in caso di morte per…. bruciacchiamento.
Vennero effettuate prove per riscontrare l’efficienza dei cinque sensi.
Vista: vennero fatte sfilare 4 bellissime donne, tra le quali si “nascondeva” una un tantino racchia e Lazzaro superò la prova individuando l’intrusa a colpo d’occhio.
Olfatto: l’esaminando venne bendato e gli fu chiesto di riconoscere tra vari profumi, quello prodotto dalla famosa casa parigina PRETIOR. Prova superata brillantemente.
Gusto: l’esaminando, restando bendato e con due tappi nel naso doveva riconoscere un patè d’oca da un crostino al salmone. Dopo piccolo tentennamento, venne superata anche questa temibile prova.
Udito: sempre bendato, con i tappi al naso e con la bocca piena, Lazzaro fu invitato ad individuare da che parte dell’ambulatorio provenisse un determinato rumore, descrivendo anche la natura del rumore stesso.
Per questa verifica, il medico aveva pregato il suo amico RICCIAROTTI di riprodurre un bell’acuto, dietro un bellissimo paravento indonesiano (souvenir di viaggio del medico).
Lazzaro non ebbe esitazione, dopo aver ingoiato l’ultimo pezzo di salmone che ancora aveva in bocca, descrisse esattamente provenienza, tipologia e fonte. Il medico rimase sbalordito. Tutti quelli che venivano sottoposti a questa prova presentavano dei leggeri difetti all’udito. Ma non Lazzaro.
Tatto: Per questa prova il medico pensò bene di immergere le mani di Lazzaro in un catino pieno di ghiaccio, così da alterarne la percezione.
La prova consisteva nel riconoscere, a tatto, la mano di una donna, da quella di un uomo con strane tendenze.
Ovviamente Lazzaro continuava ad essere bendato con i tappi al naso e nuovi tappi gli vennero messi nelle orecchie così da non distinguere le mani sentendo, data la vicinanza, i sospiri dell’uomo (?) e della donna.
Lazzaro nonostante l’alterazione dovuta all’immersione col ghiaccio, riuscì anche in questa prova.
I test psicologici furono un giochetto per Lazzaro che fin da piccolo aveva potuto utilizzare i giochi di CLEMENTE.
A quel punto il medico non dovette far altro che redigere il relativo certificato per l’assicurazione.
Lazzaro era perfettamente sano, sia di mente che di corpo.
Tutto procedeva secondo i piani.
Il gatto e la volpe, che restavano per lo più nell’ombra, istruirono per bene Lazzaro sul da farsi.
Lazzaro si truccò per bene, con un bel cerone bianco e poi si distese sul letto della sua camera d’albergo ed aspettò che qualche inserviente lo trovasse.
Purtroppo non essendo un albergo di prim’ordine, passò qualche clessidra prima che qualcuno lo trovasse e qui occorre precisare che Lazzaro rischiò veramente di morir di fame e di sete, perché una volta disteso non si poteva certo muovere per fare uno spuntino in quanto avrebbe rischiato di compromettere tutta l’operazione.
Come previsto fu trovato da un inserviente che corse disperato dal direttore dell’albergo, che non la prese tanto bene.
Dovette per forza informare il CENTUREX del locale comando di Pubblica Sicurezza, che si precipitò sul posto con la sua biga scappottata, nuova fiammante, per le indagini del caso.
Non ci volle molto, per il bravo CENTUREX capire il motivo della chiamata. Si trattava di un trapasso avvenuto per cause naturali. Infatti non c’erano fuoriuscite di sangue, tutti gli arti stavano al posto loro e l’uomo aveva un colorito non tanto sano.
Tutto a posto, CENTUREX stilò il suo bel rapporto sul caso e lo archiviò.
Nel frattempo il gatto e la volpe con il certificato di morte, ancora fresco di inchiostro, si precipitarono presso la compagnia assicuratrice per riscuotere i sesterzi.
L’addetto alla liquidazione, però, si rivelò più marrano di loro e chiese di tornare dopo qualche giorno, al fine di verificare tutta la faccenda.
Il gatto e la volpe, un tantino irritati per l’imprevisto, si ritirarono nella stanza di Lazzaro e per ingannare l’attesa, iniziarono una veglia di preghiera per l’amico.
A loro, piano piano, si aggiunse altra gente, gente che non conosceva affatto Lazzaro, ma che venuta a conoscenza della disgrazia voleva vedere e pregare per il povero giovane.
Lazzaro, intanto, si stava anchilosando tutto, non poteva muoversi e doveva stare attento a come respirava. La fame lo stava attanagliando e tutta quella gente attorno gli impediva di ristorarsi.
Altra idea brillante balenò nelle menti dei due compari: fare una questua per il funerale.
Iniziarono così a passare tra la gente che sempre più affluiva sul luogo della disgrazia ed iniziarono a raccogliere sesterzi su sesterzi.
Ogni tanto, con la scusa di versare una lacrima sull’amico, si avvicinavano al “defunto” e fingendosi disperati, sussurravano parole di incoraggiamento a Lazzaro.
Si presentò in albergo anche il liquidatore della compagnia assicuratrice “LO SEPPIMO” e dopo attenta verifica sulle condizioni di Lazzaro, invitò il gatto e la volpe nel suo ufficio per definire la questione.
Qui tra un ammiccamento e l’altro, il liquidatore fece capire che c’erano due strade da percorrere.
Riscossione dell’intera somma in tempi molto futuri, oppure riscossione immediata della somma, con devoluzione di parte della stessa in “beneficenza”.
Il gatto e la volpe, avidi di sesterzi, optarono per la seconda strada, devolvendo al liquidatore, parte della somma del premio, a titolo di beneficenza.
I due marrani, riscossi i sesterzi, non si preoccuparono certo di avvertire Lazzaro che l’operazione era conclusa e, rubata una biga nuova fiammante in strada, si diedero alla fuga, facendo perdere subito le loro tracce.
Intanto, Lazzaro ormai stanco ed affamato,nonché solo ed abbandonato, attese il favore delle tenebre prima di avere il coraggio di muovere un muscolo.
La stanza era illuminata solo dall’ultima candela rimasta, tra tutte quelle che la gente aveva portato durante la veglia di preghiera.
Con fatica riuscì a mettersi seduto sul giaciglio, tanto era anchilosato.
Mentre lo faceva, la sua ombra venne proiettata dalla debole luce della candela sul muro, cogliendolo di sorpresa a tal punto da farlo gridare dallo spavento. Un grido che risuonò nella sera, in tutto l’albergo.
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