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SENTIMENTO

Le istruzioni sono:

Pensare a uno di questi sentimenti: odio, rabbia, invidia, gelosia, indifferenza, noia, orgoglio, vergogna, amarezza, tristezza e rimorso. Scrivere quindi un racconto ispirato a tale sentimento senza mai dirlo. Alla fine, tra parentesi, precisare il sentimento al quale ci si è ispirati.


~~~~~~~~~~~~~~~~~~~~~~~~~~~~~~

Miscuglio di Sentimenti

Mi piaceva pensare che correndo la maratona, il mio spirito
potesse elevarsi, raggiungendo il mio benessere interiore.
Infine volevo correrla anche per il mio ego ed essere fiero di un’
esperienza così intensa e gratificante. Ecco la descrizione della
mia immagine mentale, impressa, nitida e dinamica, che mi ha
accompagnato dal mio primo allenamento al fatidico giorno:
DOMENICA 16 febbraio 2014, Napoli.
Siamo partiti da Arzano domenica mattina, la giornata era
bellissima.
Parcheggiamo, ritiro pacco-gara e pettorale, numero 652, la mia
prima maratona, tutto era veloce, cambiarsi, fa caldo o fa freddo?
Quanto bisogna coprirsi? Allacciarsi le scarpe (troppo strette o
troppo larghe?) WOW, ci siamo quasi! Corsetta per arrivare alla
partenza, manca pochi minuti, la mia prima maratona.
Partenza da Pozzuoli, via Miliscola (Lago di Lucrino) e Arrivo a
Piazza del Plebiscito.
Corridori presenti: oltre 2000.
Giovanni ed io per la maratona.
Sparo di partenza: ore 9.00
Si parte!
Ero carico, anche troppo forse, sentivo l’adrenalina che mi
scorreva, e che mi spingeva a correre più veloce di quello che
stavo facendo. Quello che mi tratteneva erano le parole che mi
tornavano alla mente di Antonio, Giovanni, Sean ed altri amici
(grazie ragazzi le vostre parole mi hanno aiutato veramente!) di
non partire a razzo, di conservare le energie in vista del
trentesimo chilometro (“trentesimo chilometro” finalmente ti
conoscerò, dopo tutto questo parlare, pensavo tra me e me).
I miei obiettivi erano: completare la maratona, non fermarmi mai
e possibilmente finire sotto le quattro ore. Mi ero portato una
sorta di segnalibro che m’indicava i tempi che avrei dovuto
tenere a ogni chilometro per tagliare il traguardo esattamente
dopo quattro ore. Orologio al polso, potevo controllare la mia
andatura. A una mia richiesta di qualche consiglio da darmi per la mia prima maratona, agli organizzatori della S.S.D. Napoli
Milleventi , mi dissero:
“Corrila... corrila... ”. Rimasi un po’ perplesso per quelle parole.
Li ringraziai ugualmente. Ma in realtà non li avevo lasciato finire
di parlare. Continuarono così: “Non pensare al tempo, non ti
fissare, corrila con gioia, è la tua prima maratona, corrila con
gioia! Poi per i tempi ci penserai in altre occasioni. Goditela!” E
non guardai l’orologio.
Dopo i primi quattro chilometri nei pressi di piazza Dante diedi,
però, una sbirciatina per capire come stavo andando. Con tutte
quelle persone e tutta quell’adrenalina che avevo, non riuscivo a
capire niente. Mi sembrava che stessi correndo troppo piano.
Sorprendentemente vidi che ero 2-3 minuti sotto il tempo per
finire la maratona in quattro ore. “Bene! Sembra facile”.
Persi di vista Giovanni, ma da un bel pò. Ognuno aveva il suo
ritmo. Ci saremmo rivisti al traguardo.
I primi venti chilometri sono stati gioia pura. Avevo il sorriso
stampato sul viso, ero contento, pensavo che finalmente fossi lì,
che dopo cinque mesi di preparazione l’avevo fatta, avevo tenuto
duro, nonostante il freddo invernale e qualche calo di
entusiasmo, ero lì a correre. Mai arrendersi! Quante volte,
durante la preparazione, ho ripetuto questo motto e quanta
determinazione esso mi ha dato!
Mi vennero in mente le parole che una volta ho sentito da
Giovanni: “Quando corri, la testa è dritta, leggera, sorretta dalle
nuvole... ”
Il gruppo si sfilacciava sempre di più.
Al ventesimo chilometro e settecentocinquantadue metri, in via
C. Console, svolta a sinistra per via S. Lucia per lo smistamento
della mezza maratona.
Il gruppo di cui facevo parte svoltò a sinistra, rimasi da solo con
un’altra persona che dopo qualche istante mi chiese: “E' giusto
per di qui per la maratona”? Si!
Salutai una bambina con la mano, le dissi ciao, e lei mi rispose
con un sorriso stupendo
E così iniziò una carrellata di saluti, ringraziamenti, ’batti il
cinque’: signore, bambini, anziani.
Corsi con fianco un bambino senegalese che provava a tenere il passo, salutarono aprendo le braccia, un signore anziano che era
seduto senza una gamba sulla carrozzina davanti a casa sua: lui
allargò le braccia e sorrise, che bello.
Salutavo tutti e sentire i loro saluti e gli incitamenti mi
riempivano di gioia e nuova energia. Avevo preso tutti i
rifornimenti, avevo preso tutti i sali possibili ed immaginabili,
ero in vantaggio di circa cinque minuti sulla tabellina di marcia
per arrivare sotto le 4 ore, entusiasmo elevato, ero pronto per
affrontare il famigerato.
TRENTESIMO CHILOMETRO (Mostra d’Oltremare).
Lo passai. Ero tranquillo, non ci volli dare troppo peso, pensavo
di eluderlo in questo modo. Giocavo a non dargli troppa
considerazione, immaginavo che ci sarebbe rimasto male e non
mi avrebbe importunato. Non si sarebbe fatto vivo.
trentunesimo (via Barbagallo), trentaduesimo chilometro
(Edenlandia)... va Savino!
Incominciò a farsi sentire la stanchezza nelle gambe, i dolori, la
tensione della schiena, soprattutto le spalle. Incominciavo a
chiedermi quanto sarebbe mancato al prossimo rifornimento,
quando magari era passato troppo poco tempo. Brutto segno.
“Accidenti mi sa che incomincia... ”
Stava incominciando qualcosa che non potevo neppure
immaginare.
Incontrai una persona che era seduto sullo scalino al bordo della
strada, fermo a guardare i corridori passare. Aveva
un’espressione strana: a metà tra l’inebetito, lo stupito e il non
capire.
A vederlo, sembrava che fossero atterrati i marziani nella città.
Provai a ripetere qualche bella frase d’incitamento per darmi
coraggio e caricarmi mentalmente.
Un piccolo stimolo mi arrivò, ma durò poco.
Troppi pensieri e preoccupazioni iniziarono ad affollare la mia
mente. Questo complicava terribilmente le cose...
Mi accorsi di non avere più l’entusiasmo né la forza di
rispondere agli applausi o ringraziare le persone. A volte lo facevo, ma non era più lo stesso, non ero più lo stesso. In poche
parole, ero cotto.
Guardai l’orologio, stavo perdendo il vantaggio: avevo perso un
minuto in pochissimo tempo e ancora mi rimanevano due minuti
e mezzo di vantaggio per tagliare i il traguardo sotto le quattro
ore.
Mi resi conto che stavo rallentando, i piedi erano trascinati, mi
facevano malissimo le gambe, che erano ormai due pezzi di
legno.
“È vero, meglio godersela la prima maratona. Ma che ci vuoi
fare?” parlavo da solo.
Arrivato al 35° chilometro in vantaggio di tre minuti, come
potevo mollare, rallentare proprio in quel momento? Rallentai, e
mi vennero delle fitte all’interno della coscia.
Se mi fossi fermato, non sarei sceso sotto le quattro ore. Di
questo ero certo. “Ora mi fermo”, ora basta... ma chi te lo fa
fare? “Voglio farcela, se non sto sotto le quattro ore non sarà la
stessa cosa, non sarò contento”, accetta anche questo tipo di
cose, ricordi? Non ci sono successi o fallimenti, solo esperienze..
“Sì, ma voglio scendere sotto.”
“Sto malissimo, non ce la farò mai, manca troppa strada e sono
distrutto”.
Che cosa sto facendo? Che cosa sto facendo? 36° chilometro:
“Mollo, non ce la faccio più”.
Nel frattempo mi si erano addormentati gli avambracci e le mani.
Era una situazione indescrivibile. Il limite. Forse. 2 minuti di
vantaggio. In caduta libera.
Mi supera una persona. Decido di aggrapparmi a lui. Lo prendo
come punto di riferimento. Il passo è veloce per me, o faccio così
o non ce la farò mai a conquistare il mio obiettivo.
trentanovesimo (Piazza della Repubblica), quarantesimo
(Acquario via Caracciolo), quarantunesimo (Incrocio S. Lucia).
Non mi cambiava nulla sapere che ero all’ultimo chilometro, non
riuscivo a rendermene conto, e sentivo che poteva succedere
veramente ancora qualsiasi cosa.
Stavo correndo di nuovo in città.
All’ultimo rifornimento una vigilessa mi sorride, “dai che è
finita!”, non è vero, non ci credevo. QUARANTADUESIMO CHILOMETRO: “Sì! Sento che ce l’ho fatta, forse è fatta!”
Vedo il traguardo, transenne finali lungo i due lati! Sì!!! Piazza
del Plebiscito.
È un’occasione troppo ghiotta, mi avvicino ad uno dei lati, dove
ci sono le persone che guardano, allungo la mano per cercare le
mani delle persone, alcune mi danno la mano e, una serie di
‘cinque’ e infine un signore che mi urla:
“dai, che sei sotto le quattro ore!”.
Tagliai il traguardo in tre ore cinquantacinque minuti e trentasei
secondi.
Non mi rendevo conto di niente, non avevo neanche la forza di
esultare né di essere felice. Ero veramente al limite.
Adesso, che è il giorno dopo e che sto scrivendo, provo a
rivedermi mentre taglio il traguardo, con la calotta arancione e i
calzoncini neri, stravolto e sofferente!
È stata una delle esperienze più incredibili della mia vita.
Quella sofferenza non la augurerei a nessuno, così pensavo.
Ora auguro a tutti, con tutto il mio cuore, di poter correre almeno
una maratona nella propria vita.
Voglio ringraziare la Napoli Nord Marathon che mi ha ispirato
tantissimo con il loro esempio e con le loro parole per loro così
naturali, per me così importanti, e Giovanni, per tutte le gocce di
sudore condivise e le chiacchierate fatte insieme.
Finalmente anch’io ho una medaglia di partecipazione alla
maratona!
Non bisogna mai sottovalutare la fase immediatamente
successiva alla gara. La maratona è una gara che richiede un
dispendio energetico talmente elevato da esaurire tutte le riserve
di glicogeno disponibile nell’organismo.



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Scrittura creativa scritta il 25/06/2016 - 21:04
Da Savino Spina
Letta n.1285 volte.
Voto:
su 3 votanti


Commenti


Gran bel racconto, davvero bravo hai saputo tenere il ritmo sino alla fine non solo della corsa ma anche del lettore che ha corso insieme a te... BRAVO!!! 5*

Carla Davì 30/06/2016 - 15:26

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Caro Savino,
io amo la prosa, più della poesia.
Questo tuo l'ho seguito passo passo dalla partenza e sono arrivato anch'io boccheggiante. Significa che lo hai ben elaborato e scritto. Un solo consiglio per accrescere il numero dei lettori. Cerca di essere più condensato. Il troppo lungo presupponte un bel libro in mano, magari disteso e con una bibita alla menta a portata di mano.
5* Ciao

salvo bonafè 26/06/2016 - 16:38

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Non ho mai partecipato ad una maratona se non come spettatrice ma ho scorto la sofferenza e la caparbietà degli atleti ad andare avanti... ho visto la stessa cosa nelle corse in bicicletta del grande
Franco Ballerini, fino dai primi esordi ed ai traguardi da lui conquistati. Grazie Franco per tutte l'emozioni che ci hai regalato e grazie anche a te Savino per il bel racconto di sofferenza e gioia alla tua prima maratona! 5*

ANNA BAGLIONI 26/06/2016 - 15:54

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Leggendo ho corso la maratona anch'io provando insieme con te quel miscuglio di sentimenti che hai descritto così bene condividendo con i lettori un'esperienza umanamente molto ricca ed emozionante. 5*****

Rosa Chiarini 26/06/2016 - 13:38

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