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INCIPIT (un personaggio entra in azione)

Le istruzioni sono:

Prosegui la narrazione partendo da questo incipit: "Una tristezza indefinita la prese, una sorta di malinconia che per alcuni lunghissimi istanti la rese cieca e sorda, togliendole le forze ed il respiro. Appoggiò la fronte sul vetro freddo e chiuse gli occhi. Il vapore formatosi sulla finestra esaltò l’aroma del caffè. Guardò la tazza che racchiudeva fra le mani e le lacrime si sciolsero nel liquido denso.
Si scosse quindi da quello smarrimento improvviso, mandò giù il caffè in un sorso, si infilò la mantella scura sul vestito morbido, si passò la borsa a tracolla e, con il cappuccio calato sulla testa per ripararsi dalla pioggia, si diresse agile alla fermata dell’autobus come tutte le mattine."



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UNA MATTINA COME TANTE...

Una tristezza indefinita la prese, una sorta di malinconia che per alcuni lunghissimi istanti la rese cieca e sorda, togliendole le forze ed il respiro. Appoggiò la fronte sul vetro freddo e chiuse gli occhi. Il vapore formatosi sulla finestra esaltò l’aroma del caffè. Guardò la tazza che racchiudeva fra le mani e le lacrime si sciolsero nel liquido denso.
Si scosse quindi da quello smarrimento improvviso, mandò giù il caffè in un sorso, si infilò la mantella scura sul vestito morbido, si passò la borsa a tracolla e, con il cappuccio calato sulla testa per ripararsi dalla pioggia, si diresse agile alla fermata dell’autobus come tutte le mattine.
Si sedette sotto alla pensilina, per ripararsi dalla pioggia battente. L'autobus era in ritardo. Il cielo plumbeo era lo specchio del suo animo e dei suoi pensieri. Era sempre così, ogni dannato anno, da quando un pirata della strada si era portato via i genitori. Si asciugò gli occhi col dorso della mano, in un gesto automatico, quanto inutile. Guardava un punto fisso, dall'altra parte della strada, ma in realtà non vedeva nulla.
Un uomo le si sedette accanto. Rose sussultò, quando lui le sfiorò, per caso, un ginocchio. Si volse appena per spiarlo di sottecchi. Aveva il volto serio ma bello, eppure c'era qualcosa in lui di strano. Era vestito elegantemente, troppo per un uomo seduto alla fermata di un autobus. Chi era mai? Si chiese incuriosita dalla sua aria malinconica.
L'uomo, sedeva rigidamente, i pensieri rivolti altrove. Eppure, quella giovane donna, cosi minuta e silenziosa, l'aveva colpito. Si diede dello stupido, subire il fascino femminile in un momento come quello. Scosse appena la testa. Troppi accadimenti e tutti troppo in fretta, pensò.
Rose era curiosa, ma taceva.
L'uomo le chiese una sigaretta.
<<Mi spiace, non ne ho.>> Con un poco di coraggio, riprese. <<È la prima volta che la vedo, qui.>>
<<La macchina mi ha abbandonato due isolati indietro.>>
<<Capisco.>> L'uomo la guardò meglio. Non si era sbagliato. Era molto carina.
<< Mi pare di capire che invece lei prende spesso l'autobus.>> Pur se triste, Rose abbozzò un sorriso.
<<Per andare a lavoro, sa faccio la contabile dai magazzini, De Rittis. >>
Magazzini De Rittis? E non l'aveva mai notata? Ma in fondo, gli ultimi tempi non erano stati così felici.
L'autobus era arrivato, strapieno di gente, come sempre. Trovarono un posto per sedersi, in fondo.
Ogni tanto, si sfioravano con lo sguardo.
<<Lei dov'è diretto?>> Chiese Rose, un po' impacciata.
<<A, casa, non ci crederà, ma abito proprio davanti al suo posto di lavoro.>>
<<Davvero?>> Lui annuì. Si sistemò meglio contro il sedile. Sembrava stanco.
<<Lavora lì da molto?>> Si passò una mano sugli occhi.
<<Qualche anno. Forse, questa conversazione la sta annoiando?>>
<<No. Ho avuto una giornata stancante. Sono James. Lei come si chiama?>>
<<Rose. Perché?>>
<<Be', mi pare ovvio, per educazione. È un po' che parliamo.>> Rose, scosse la testa, sorridendo appena.
<<No, no. Mi riferivo alla sua giornata. Come mai è stata così pesante?>>
<<Sono stato al funerale di mio padre.>> Rose, gli strinse una mano.
<<La capisco.>> L'uomo la guardò scettico.
<<Davvero?>>
<<Tre anni fa, il 28 ottobre morivano i miei genitori.>> Una lacrima le rigò una guancia.
<<Praticamente, oggi.>> Disse, asciugandole la lacrima col dito. <<Mi scusi.>> Le disse poi.
<<Non poteva saperlo.>>
<<No, ma mi sono comportato lo stesso da villano.>>
<<Ricordo fin troppo bene, come ci si sente. Non deve scusarsi con me.>>
<<Cosa ne direbbe, se cominciassimo a darci del tu?>>
<<Vada per il tu.>>
l'autobus frenò e le porte si aprirono. Erano arrivati alla loro fermata. Scesero.
Camminarono uno di fianco all'altra, scambiando qualche parola e mezzi sorrisi.
Giunsero, ai magazzini.
<<Bene Rose, quando smetti di lavorare?>>
<<Intorno all'una. >> James abbozzò un sorriso un po' spento.
<<Ci vieni a pranzo con me?>> Lei lo ricambiò.
<<Sì.>>


La giornata di lavoro si svolse come sempre. Questa volta però aveva anche qualcos'altro per la testa. James era un bell'uomo, molto affascinante e pacato, e la incuriosiva molto.
Purtroppo si erano incontrati in circostanze, assai tristi per entrambi. Non aveva mai creduto al destino, ma chissà forse non era una semplice coincidenza. L'ora di pranzo arrivò in un lampo.


James arrivò puntuale, era vestito di scuro, ma meno formale. La portò in un ristorantino poco distante, ma molto riservato. L'ambiente era raffinato, ma c'era poca gente, e questo era un bene, visti i loro stati d'animo. Ma nonostante la tristezza regnasse sovrana, riuscirono a trovare svariati argomenti di conversazione e il pranzo risultò molto piacevole.
Finito di mangiare, uscirono fuori. La pioggia aveva ormai smesso, e un pallidissimo sole, faceva capolino tra le nuvole.
Cominciarono a camminare, vicini, passeggiando per le vie, ormai deserte del primo pomeriggio. Le parole tra loro fluivano con facilità. Rose, si sentiva più serena e una nuova tenue speranza, le si affacciava in cuore.
James, non riusciva ad impedirsi di guardarla, era molto dolce, e bella, col vestito morbido che le accarezzava la figura minuta, e la mantella nera, che ora che aveva abbassato il cappuccio, regalava un gradevole contrasto coi capelli biondi e gli occhi chiari. Ecco, nonostante avesse l'animo a pezzi, quegli occhi, di un azzurro intenso, lo avevano abbagliato, forse anche perché vi aveva letto il suo stesso dolore.
Si lasciarono a metà pomeriggio, dopo essersi scambiati i numeri di telefono.
<<Sono contento di averti incontrata.>> Le disse. <<Malgrado le circostanze>> Lei abbozzò un piccolo sorriso.
<<Anch'io.>> rispose semplicemente.
James, la riaccompagnò alla fermata dell'autobus, e poi tornò verso casa. Molti pensieri, gli si agitavano nella mente, e faceva fatica a seguirli tutti, ma di sicuro ringraziava il cielo, il fato o qualunque cosa, dovesse ringraziare per avergli fatto incontrare Rose, la sua presenza aveva reso quell'orribile giornata un po' meno pesante e un po' più lieta. Con lei non aveva dovuto fingere, perché lo capiva. In più di un'occasione l'aveva ascoltato in silenzio, facendogli sentire la sua vicinanza, ma senza quelle stupide e vuote frasi di circostanza, che di solito la gente dice, ma non sente.
Sì, era stata una fortuna incontrare Rose, in quel periodo nero della sua vita. Neanche per lei era un buon momento, in quanto ancora faticava a riprendersi dallo shock dell'incidente, avvenuto tre anni prima, e di cui era stata un'impotente testimone. Ma qualcosa gli diceva che, magari, insieme avrebbero potuto ritrovare la serenità che ora mancava ad entrambi.
L'avrebbe chiamata, quella sera. Decise. Se non altro per farle sapere che anche lui le era vicino.


La sera era appena calata, ma fuori era già buio. Tra le mani, stringeva una tazza di caffè. Ne aspirò l'aroma. Il telefono, era lì accanto, l'aveva posato da poco. Trasse un sospiro, una lieve quanto inafferrabile gioia la prese, malgrado quella giornata fosse cominciata nel peggiore dei modi, era finita alquanto bene. Sorrise, un po' più serena e un po' più leggera, bevve l'ultimo sorso di caffè, e tornò a sedersi sul divano, concedendosi di pensare alla giornata appena trascorsa, e all'ultima telefonata ricevuta. James, era una persona davvero piacevole e aperta, malgrado avesse sofferto molto per la perdita del padre, tragica conseguenza di una lunga malattia.
Ancora non credeva nel destino, ma era lieta che si fosse creata quella strana coincidenza, che gli aveva fatti incontrare, sebbene in un momento, difficile e triste delle loro vite.
I ricordi erano ancora dolorosi, ma una nuova speranza, era apparsa all'orizzonte, a rendere tutto un po' meno amaro.




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Scrittura creativa scritta il 29/07/2016 - 08:08
Da Marirosa Tomaselli
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Voto:
su 1 votanti


Commenti


Racconto molto bello cara amica, complimenti
Nadia
5*

Nadia Sonzini 01/08/2016 - 00:54

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