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QUALCOSA STA CAMBIANDO

Le istruzioni sono:

Un uomo (o una donna) è seduto sulla panchina di un parco. È giorno di festa ma lui pensa con tristezza alla propria vita. Si avvia quindi verso casa ma qualcosa sta per succedere. Scrivere una storia su questo tema…. quale è stata la vita del protagonista e cosa gli succederà…


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La mia anima

Quella mattina, ero uscito abbastanza presto, anche se avevo dormito poco e male, a causa di tormenti, che mi balenavano per la testa e non riuscivo a distogliere dalla mente. Quindi, per rilassarmi e rigenerarmi ho deciso di fare una passeggiata all’aria aperta e quale migliore occasione, di primo mattino quando l’aria è più frizzantina e quella lieve brezza, che spira, ti accarezza il viso. Mentre percorrevo il viale alberato, per giungere al parco, vengo attratto da un manifesto, che era attaccato ai lati di una pensilina della fermata del bus e riportava che oggi e domani, c’è la festa patronale e riportava una serie di eventi che l’avrebbero celebrata. Ho sempre avuto una forte repulsione per simili manifestazioni e al solo pensiero di trovarmi tra la folla e il chiasso assordante, mi fa stare male, ma a malincuore devo accompagnare la mia famiglia, che non se ne perde una. Per loro ogni occasione è buona per festeggiare, mentre io non ho ne la voglia e non ci trovo nulla da festeggiare, anzi trovo che sia solo un’induzione al consumismo. Giunto al parco mi siedo sulla panchina, antistante il lembo d’acqua del fiume Garigliano e vengo invaso da un velo di tristezza; rifletto che la maggior parte delle persone punta ovviamente a migliorarsi, essere un qualcosa di più di quel che si è. E anch’io ho provato, altro che se ci ho provato; ma evidentemente non avendo le capacità per essere né uno scienziato, né un musicista, né un calciatore, e devo confessarvi che un poco ci ho patito. Nella mia “stranezza” ho sempre sentito sin da piccolo come un’esigenza forte di provare comunque sempre un’emozione, un qualcosa di straordinariamente diverso, di nuovo, di gratificante, ho sempre cercato qualcosa o qualcuno che mi desse realmente la sensazione di sentirmi vivo. E’ difficile dare un’interpretazione corretta della normalità, poi rispetto a cosa, a chi, e poi con che metro definirla? Allora provo di identificare per normale, caratteristiche, usi e costumi che accomunano la stragrande maggioranza delle persone e proprio per questo che non mi considero normale, sorrido ogni volta che me lo sento dire, comincio a credere che probabilmente ho ragione. Pensandoci un attimo, mi rendo conto dopo più di mezzo secolo, che non sono ancora riuscito a entrare nello status quo. In effetti, mi è sempre costato fatica, ne ho sempre avuto quasi il terrore. La normalità non mi ha mai permesso di toccare il cielo con un dito, anzi, mi ha sempre fatto sentire un poveretto. Da bambino sognavo spesso che avrei fatto delle grandi e belle cose nella vita, ma che non hanno avuto il corso da me fantasticato. E proprio grazie a questo, da ragazzino, oramai non più bambino, comunque caparbio, volenteroso, uno che in ogni caso cerca sempre di dare il meglio di se, mi rimboccai le maniche con la fiducia di poter giungere a una meta che potesse regalare gratificazioni, soddisfazioni, ma soprattutto la gioia di vivere con entusiasmo. Purtroppo, come spesso accade, sulla strada intrapresa incontri ostacoli e difficoltà a non finire, il tanto auspicato traguardo diventa un miraggio, muta continuamente portandosi poco per volta ai minimi termini rispetto al sogno sospirato e allora diventa difficile conciliare la tensione verso l’infinito e la condizione necessaria di vivere nel finito. Con la conseguenza che ci si riduce a fantasticare un sé straordinario, privandosi però del piacere di coltivare il proprio divenire. Ho sempre creduto che se nel provare a volare può succedere di cadere e farsi male, al contrario la routine invece sicuramente a poco a poco ti uccide. Condivido appieno la frase di un famoso film “Se pensi che l’avventura possa essere pericolosa, prova la routine, e’ sicuramente letale”. E allora che fare? Allora devi necessariamente appassionarti a qualcosa. Appassionarsi a qualcosa è un modo per investire nel futuro. Per vivere e non sopravvivere. Se non ti appassioni a niente, la quotidianità ti schiaccia e a quel punto non sei interessato a sapere cosa vuoi essere, né a mantenere memoria di ciò che puoi diventare. Anche perché nei primi anni di vita che mi hanno trasformato bimbo, adolescente, ragazzo l’aspirazione era sempre la stessa: essere felice. Provare a tutti i costi di essere davvero felice e condividere questo stato di grazia. In fondo la felicità è una scelta quotidiana. Non la trovi in assenza di problemi. La trovi nonostante i problemi. A volte ci vuole il coraggio di essere davvero felici, di raccogliere un momento ordinario e trasformarlo in epico. Ci vuole coraggio a ridere di gusto di fronte a questa vita così contorta, ci vuole forza per scartare il negativo e portar dentro solo il meglio, conservare solo l’essenza della gioia. E in fondo noi siamo coraggiosi. La felicità è un’aspirazione che accomuna ogni essere umano, un’esigenza legittima e un diritto innegabile. Ma è svilente considerarla semplicemente un punto d’arrivo, che a volte ha i tratti confusi di un sogno irraggiungibile. La risposta alla domanda finale è davanti ai nostri occhi: la felicità è innanzitutto una ricerca,un percorso consapevole che serve a lasciare ai pensieri più profondi e alle esigenze più nascoste la forza di esprimersi e di trasformarsi in azione contagiosa. Perché la felicità, quale esperienza effimera degli esseri umani,è prima di tutto un agire. Ed ecco che quel ragazzo,ormai uscito dal mondo dei sogni della fanciullezza e fattosi quasi uomo, poiché non vuole arrendersi di fantasticare, agisce, imbocca un percorso bellissimo che lo fa volare sempre,intraprendere la strada che lo ha portato sino ad appassionarsi agli altri,vivendo con trasporto ogni novità. Ecco il segreto: cullando continuamente un ricordo presente nella vita riesci a far vibrare dentro di te l’emozione che lo accompagna, godendo di un presente sempre acceso. Che sia un’esperienza relazionale o semplicemente qualcosa di nuovo,o forse un ricordo che riaffiora,un paesaggio che è rimasto nel cuore o ancora una persona, un gesto,una canzone che ti ha catturato. Emozionarsi quindi. Esprimere amore, tenerezza, dolcezza ed anche impulsività, durezza, ma mai indifferenza. Pensateci un attimo. Ciò che appassiona ci risulta più facile da affrontare di ciò che temiamo. Quindi appassionarsi alle altrui vite come alla propria far sì che più persone convivano con maggiori motivazioni comuni. E più siamo motivati, più ci sentiamo vivi. In fondo non c’e’ bisogno di cose eclatanti che raramente accadono nella vita,ma solo di piccoli gesti:il dolce piacere di accogliere chi si aspetta invece una porta sbattuta in faccia,la scoperta di essere capaci di ribaltare un rapporto negativo,l’importanza di sentirsi accettati pur nella propria diversità, capiti anche nelle paure più segrete. Donarsi e donare agli altri non è servilismo,né tanto meno sottomissione è soltanto una prova di tenero amore e condivisione. La felicità è nata gemella,non può esistere da sola e imparare a dire grazie quando sei tu che dai, perché ciò che si prova non ha veramente eguali. Potremmo concludere che esistono diverse felicità, per diversi momenti e altrettante situazioni, anche se non penso che dipendano l’una dall’altro. Si può dire di tutto, per decine, centinaia di capitoli e poi, arriva uno che ti dimostra che tutto è diverso. Che per lui è diverso. Allora cerco di capire quelli che dicono che l’amore, come la felicità, è uno stato di grazia e solo fantasia. Se esistono, sono una magia, un incantesimo, una trascendenza, che va al di là di ogni ragionevole dubbio!Penso che esistano, parlo dell’amore e della felicità, come stati eccelsi, sublimi, di un momento, brevi, rari. Sono orgasmi d’incanto, magari orgasmi della testa e del cuore insieme. Si aspetta l’amore, come la felicità, finché non arriva e subito è sparita; si ricomincia ad aspettare e intanto si ricorda quella passata o quella che vorremmo avere in più e di diverso. Ogni cosa bella della vita è in effetti così: una vacanza, un film, una festa, una partita,un banchetto, un bicchiere d’acqua nel deserto. Tutto è relativo, basta desiderare quello che non si ha sapendo che si potrà avere, magari con grande difficoltà. In effetti passiamo l’intera vita a desiderare, aspettare, ricordare; l’amore, come la felicità,è un lampo che illumina tutto a giorno, ma spesso non fai in tempo ad aprire gli occhi che già si è fatto buio. Ma in quel lampo quanta gioia, quanta emozione, quanta vita. Allora viva la felicità, viva l’amore. E che duri quanto deve durare. Se siamo fortunati potrebbe essere anche per una vita intera. Probabilmente ho tutto questo entusiasmo perché nel DNA me ne hanno iniettato una dose maggiore del consentito. Ho una profonda consapevolezza spirituale, che vi siano vite legate al di là del tempo, dello spazio, al di là della vita stessa, forgiate in un unico destino che le trasporta attraverso le epoche, per sempre insieme, indissolubilmente, nel Noi indistinto. I partner felici sono fin dall’inizio anime gemelle che si sono riconosciute al momento del loro incontro; è questo il segreto della coppia felice che poi ne è scaturita. Le cose stanno esattamente in questo modo. E’ sotto gli occhi di tutti come l’effetto omologante del matrimonio sia ampiamente sopravvalutato, l’affinità di coppia non è creata dal tempo, esiste fin dall’inizio, i più romantici direbbero addirittura che “era scritta”. “L’amore da una parte sola non basta. Non si regala l’anima a chi non è disposto a regalare la sua. Tu cerchi Dio in Terra e sei disposto a qualsiasi menzogna pur di inventarlo. Ma Dio non s’inventa e neppure l’amore. L’amore è un dialogo, non un monologo” scrive la Fallaci. Allora scegliamo di fare dei cambiamenti anziché cercare delle scuse. Scegliamo di essere motivati, non manipolati. Scegliamo l’autostima, non l’autocommiserazione. Scegliamo di eccellere, non di competere. Scegliamo di ascoltare la voce interiore e non l’opinione della gente. Molte persone hanno bisogno di qualcuno che riempia la propria solitudine e i più lo chiamano amore: in realtà è solo bisogno dell’altro per colmare il proprio vuoto interiore. Quando sei emotivamente autosufficiente e riesci a essere sereno da solo, quando sei davvero estatico dentro e fuori di te, non vuoi usare nessuno, desideri solo condividere. E proverai gratitudine perché qualcuno è stato pronto a ricevere. Il gesto dell’amore vero è quello del tirarsi indietro per far spazio alla libertà dell’altro ed essere felici mentre lo si fa. L’amore è quella stessa esperienza di accoglienza totale e incondizionata che da piccoli ci auguriamo tutti di aver fatto fra le braccia dei nostri genitori. L’amore è accoglienza pura, gratuita, una gioia sconfinata, una benedizione, un miracolo. L’amore è così, traboccante su tutto. Se avessi il dono della profezia e conoscessi tutti i misteri e tutta la scienza, e possedessi la pienezza della fede così da trasportare le montagne, ma non avessi l’amore, non sarei nulla. E se anche distribuissi tutte le mie sostanze, ma non avessi l’amore non mi gioverebbe. Il vero amore è paziente, è benigno, non è invidioso, non si vanta, non si gonfia, non manca di rispetto, non cerca il suo interesse, non si adira, non tiene conto del male ricevuto, non gode l’ingiustizia ma si compiace della verità. Tutto copre, tutto crede, tutto spera, tutto sopporta. Un amore così non avrà mai fine. Vivere con leggerezza. Per chi vola sospeso nell’aria, è sfruttare le correnti come i gabbiani, senza battere le ali, senza sprecare energie. Nell’essere leggeri, ogni piccola cosa, ogni gratificazione ci sostiene, ci mantiene sereni. Per restare leggeri occorre non prendersi troppo sul serio. Significa prendere la vita donandosi, offrendosi agli altri con generosità, tolleranza, sapendo ridere e perdonare, accogliendo l’altro e noi stessi opponendosi al peso del giudizio, della paura, delle colpe. Leggerezza è vivere nell’amore in tutte le sue forme; non parlo del sesso, per il quale felicemente, o a volte stancamente il tempo, volendo, si trova. E nemmeno penso a chi vive il momento inebriante dell’innamoramento, o quello lacerante dell’addio. No, penso alle fasi “normali” della vita “normale” di persone “normali”. E mi chiedo, se è solo una mia sensazione che in un mondo dove tutto sembra creato per gratificare, il piacere del sentimento arrivi un po’ troppo in basso nella nostra lista delle priorità? Insomma, nel nostro correre troviamo il tempo di fermarci per goderci la più antica delle felicità? Non sarà che tra le incombenze “serie” che occupano la nostra giornata, il lavoro, la gestione familiare, l’educazione dei figli, l’assistenza dei genitori anziani e quelle più “leggere” e altrettanto legittime come la cura del proprio aspetto, l’attività sportiva, il divertimento e il piacere, ci resta poco tempo per parlare, sognare, immaginare, far fiorire, rinverdire, tenere vivo, godere dell’amore? Perché è soprattutto l’amore che ci permette di volare, di superare o tollerare ogni ostacolo. Leggerezza è saper accettare le avversità senza precipitare nel dramma. La leggerezza nasce dall’incoraggiamento a non smarrirsi dietro l’impotenza di un momento, ma scoprire che abbiamo ali capaci anche quando non sono spiegate quanto vorremmo. Un bambino che cresce in una famiglia dove ogni problema diventa una tragedia, e dove si ambisce sempre più di ciò che si ha o si raggiunge, è inevitabile che diverrà un adulto cupo, triste, insoddisfatto. Sarà un adulto spezzato, spaventato, rigido e schiacciato dal peso del vivere. Mio padre non mi ha mai fatto discorsi roboanti, non mi ha mai raccontato aneddoti fantasiosi, non mi ha mai fatto troppi complimenti, ma nonostante tutto questo nella sua disarmante semplicità e leggerezza, è stato un uomo concreto, un padre efficace; è stato un uomo di fatto o di fatti, nel senso e ogni qual volta si presentava un problema, lui non ne discuteva ma cercava direttamente la soluzione. E da allora, nella consapevolezza dello scorrere della vita, mi ritrovo nei suoi gesti, nei suoi pensieri, nelle sue emozioni, nella sua gioia di vivere e mi viene naturale sussurrare: “Io sono come mio padre”. Un uomo che ha fatto della leggerezza la sua vita. Nel mio piccolo, ho vissuto con gioia tutte le miei vicissitudini e adesso che sono giunto a tali conclusioni, posso affermare che mi sono incamminato su un percorso di consapevolezza, anche se la strada della comprensione e ancora molto lunga.



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Scrittura creativa scritta il 06/11/2016 - 16:45
Da Savino Spina
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Commenti


Nei tempi di forte cambiamento è urgente recuperare la nostra personale genialità. E' possibile estendere la propria capacità creativa e di risoluzione dei problemi tramite una immersione alla riscoperta dei tesori custoditi nella nostra coscienza. Inoltrarsi nel cosmo interiore, però, può portare a confrontarsi con aspetti non chiari che possono ostacolare il raggiungimento del proprio intento di crescita e benessere, imbattendosi in quelle zone in ombra dove risiedono ed operano le programmazioni che abbiamo subito, ereditato, appreso, scelto ed i modelli obsoleti che non sono più adatti.

Savino Spina 07/11/2016 - 16:58

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Volevo aggiungere molto bello.

antonio girardi 06/11/2016 - 20:28

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Molto lunga e molto lungo.

antonio girardi 06/11/2016 - 20:21

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Si cambia giorno per giorno, anche se impercettibili i mutamenti avvengono e ci influenzano incosciamente nelle nostre scelte. Solo un cambiamento dell'atteggiamento individuale potrà portare con sé un rinnovamento dello spirito sociale.

Savino Spina 06/11/2016 - 18:24

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