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CONFESSIONI

Le istruzioni sono:

Ripensa ad un episodio un po' 'oscuro' della tua infanzia e connettilo con il tuo carattere attuale, adulto, o con qualche tua abitudine o tendenza. Meno significativo (in apparenza) è questo episodio e meglio è. Non ti chiediamo di farti da psicoanalista di te stesso: niente ti impedisce di inventare o di usare ricordi altrui.
Ad esempio Rousseau nella sua autobiografia "Le confessioni" dopo aver parlato di un castigo avuto nell'infanzia dice: "Chi crederebbe mai che quel castigo infantile, ricevuto a otto anni da una donna di trenta, ha deciso dei miei gusti, dei miei desideri, delle mie passioni, di me stesso per il resto della vita e precisamente nel senso contrario a quello che ......"


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Solo una sognatrice.

Da piccolina ero allegra e spensierata, alquanto giocherellona. Nel periodo della pubertà intorno ai dodici anni con il corpo cominciò a cambiare anche il carattere. Divenni timida, riservata, malinconica. Spesso mi ritrovavo a fissare un punto senza realmente vederlo, mentre la mia mente vagava assorta in splendidi sentieri. Per questo mio assentarmi, venivo rimproverata dai miei genitori e il ritorno alla realtà era quasi sempre brusco. La timidezza acuiva la sensazione di sentirmi fuori posto. Con il tempo imparai a nascondere questa tendenza alla contemplazione; quasi fosse una vergogna; una cosa che non si doveva fare. Allora per non essere ripresa cercavo un luogo appartato che mi liberasse dagli occhi indiscreti e accusatori e mi permettesse di immergermi in quel mondo tutto mio, di pace, e di parole. Parole che galleggiavano sospese nell’aria, e che trovavo divertente afferrare e ricomporre in incantevoli mosaici dove tutto aveva un senso. Con il tempo imparai a trascrivere questi pensieri su carta, ma sempre in modo riservato. Mi vergognavo. Non volevo essere colta sul fatto. Il mio era un bisogno urgente dovevo scrivere. Solo dopo averlo fatto mi sentivo in pace con me stessa e con il mondo. La mente e il cuore avevano necessità di scaricare le tempeste emozionali che si agitavano dentro, e io li assecondavo. A nessuno era dato leggere i miei scritti: troppo intimi, privati; per anni li tenni segreti. Molti li bruciai per pudore; quasi avessi paura di mostrarmi nuda agli occhi altrui. Amavo leggere. Come tutti i bambini avevo imparato a farlo nelle elementari. A scuola si facevano gare di lettura, e in questo primeggiavo. Fu quando conobbi il vocabolario che si aprì un mondo a me nuovo. Aver a disposizione tutti quei vocaboli mi permetteva di fare nuovi giochi con le parole. Era divertente impararne di nuovi che potessero in modo più ricco descrivere le mie sensazioni. Così lo leggevo e rileggevo. Sempre a scuola imparai ad amare la poesia: a recitarla, a farne la versione in prosa. Mi entusiasmava scoprirne il significato carpirne l’essenza per poterla poi apprezzare in pieno. Provai anche a cimentarmi con essa trovando un modo tutto mio di acchiappare le parole ballerine che mi danzavano nella testa. Volevo dar loro un anima arricchendole con sensazioni personali, o con quelle che riuscivo a catturare dagli altri, o da ciò che mi circondava. Tutto divenne magico: un alito di vento, un battere di ciglia, un’onda che s’infrangeva su uno scoglio, il profumo di un fiore, il sapore di un frutto, l’amore, la rabbia, i patemi d’animo, i fallimenti, le conquiste, le ingiustizie. Tutto era una nuova scoperta. Un quadro di percezioni visive e sensoriali che come un’affamata volevo catturare, e poi trasferire su un foglio, per ricordare. Perché ogni attimo era una sensazione a sé che volevo poi con calma tornare ad assaporare. Con gli anni della maturazione divenni più forte, non mi nascondevo più, mi prendevo un po’ in giro ma mantenni sempre il piacere della scoperta delle parole. Non scrissi mai con l’intento di divenire una poetessa, sapevo bene quali fossero i miei limiti. Scrivevo semplicemente per l’antico bisogno di farlo. Conobbi altre persone con la mia stessa passione, così provai a svelarmi a rendere partecipi gli altri delle mie creazioni per confrontarmi; per arricchire ulteriormente e condividere quella montagna di sensazioni che ancora si agitano dentro e sentirmi meno strana.
Capii così di non esserlo affatto, e di non essere sola.
Ero e sono semplicemente una gran sognatrice, una donna sensibile e dolce che ancora mantiene intatto dentro di sé; il meraviglioso stupore che ha un bimbo quando vede qualcosa per la prima volta.



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Scrittura creativa scritta il 22/10/2013 - 18:30
Da Claretta Frau
Letta n.1506 volte.
Voto:
su 14 votanti


Commenti


"Un poeta è un uomo nudo, qualcuno dice che sono un poeta" B. Dylan
Hai fatto amle a bruciare quei tuoi componimenti del cuore, non farlo mai più: il tuo mondo è vasto e meraviglioso!

Giuseppe Vecchi 03/02/2014 - 17:39

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Onore al “nudo” di questa tua confessione, e complimenti per aver centrato in pieno il tema di psicoanalisi.

Siller Varolo 06/11/2013 - 18:24

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complimenti.... bellissima....baci

Rosaria Bottigliero 05/11/2013 - 19:47

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Quando lessi,per la prima volta questo racconto, mi resi conto del suo valore. Nella semplicità delle parole,la bellezza che lo rende scorrevole e dolce come una carezza lasciata nel cuore. Questa la sensazione che ne ho avuta.Ancora una volta,brava ...

Carla Davì 05/11/2013 - 19:42

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Grazie di renderci partecipi delle tue emozionanti creazioni.

Sherazade 1001 23/10/2013 - 09:00

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Scrittura dolce e scorrevole.Un piccolo e piacevolissimo viaggio nel tuo cuore ... un percorso in cui ho rivisto molto me stessa. Pagine bianche vergate di vive e spontanee emozioni che ci hanno viste crescere e ci accompagnano ancora. Bel racconto,come sempre,sai donare emozioni e riflessioni a chi legge ...un abbraccio

Carla Davì 23/10/2013 - 08:55

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