Lui lei e l\'altro
«Allora, non mi fai entrare?» esordì Barbara.
Roberto era impietrito, mai si sarebbe aspettato, aprendo la porta, di trovarsela di fronte. Avrebbe voluto dirle, in tono sarcastico, qual buon vento la portasse a quelle latitudini, per lei ormai desuete; ma non riuscì a proferire verbo.
«Sbrigati! Non posso stare qua fuori, mi potrebbero vedere!» insistette in tono risoluto Barbara.
«Chi… chi ti potrebbe vedere?» riuscì a chiederle il balbettante Roberto.
«Adolfo, e chi se no!» rispose, e spingendolo di lato entrò velocemente in casa.
Roberto gettò un’occhiata prima a destra e poi a sinistra: la via era deserta. Chiuse la porta e andò da Barbara: che nel frattempo si era accomodata in salotto.
«Avanti, vieni a sederti accanto a me», lo invitò con voce suadente Barbara, battendo il palmo della mano sul cuscino alla sua destra.
Roberto, appoggiato allo stipite della porta, la osservava con fare meditabondo.
«Allora?» fece lei, tirando la gonna fino a metà coscia.
Roberto sbuffò. Staccò la spalla dallo stipite e si portò davanti a Barbara. «Cosa vuoi da me?» domandò, guardandola dall’alto in basso.
Barbara alzò lo sguardo, con un gesto repentino scostò dietro le spalle i capelli. «Non è poi così difficile da capire», rispose, accarezzandosi il collo da cigno.
«Difficile, no! Complicato, sì!» ribatté seccamente.
Barbara balzò in piedi. «Insomma! Io sono qui con tutte le buone intenzioni, e tu… e tu te ne stai lì come uno stoccafisso! Ma che razza di uomo sei!»
«Che razza d’uomo sono io?!» proruppe Roberto. «Ma che razza di donna sei tu, piuttosto!»
Barbara s’incendiò in volto. «Non ti premettere!» urlò stridula, assestandogli un sonoro schiaffone. Poi si gettò in lacrime sul divano, lanciando, tra un singhiozzo e l’altro, rapide occhiate di sbieco per testare la reazione di Roberto.
Lui si limitava a guardava stranito, toccandosi la guancia arrossata, chiedendosi cosa diavolo stesse succedendo. Da quel che gli era giunto a orecchio da persone terze (visto che i contatti con lei e Adolfo si erano interrotti da ormai due anni, vale a dire da quando lei lo aveva lasciato per fidanzarsi con il suo miglior amico) fra tre giorni Barbara doveva andare in sposa al suo ex migliore amico, Adolfo; ma allora, cosa ci faceva lì?
«Hai rotto con Adolfo?» provò a chiederle timidamente.
«No… cosa te lo fa pensare?» rispose, singhiozzando.
«Il fatto che invece dei confetti mi stai offrendo qualcos’altro.»
«E questo cosa c’entra? Non sarebbe la prima volta, no?» replicò candidamente.
Roberto, notando che aveva smesso di singhiozzare un po’ troppo in fretta, la mise sull’ironico. «Ho capito: questo sarebbe il tuo addio al nubilato.»
Barbara abbassò lo sguardo. «Non infierire, ti prego.»
«Non infierirò!» esclamò in tono freddo lui. «Dimmi solo cosa cavolo sta succedendo… e poi vattene fuori dalla mia vita, una volta per tutte!»
«Non lo posso fare… non posso stare senza di te… Ti desidero, Roberto.»
«E ci hai messo due anni per capirlo!»
«Ho provato a resistere…»
«A quanto pare, il buon Adolfo non ti è stato di grande aiuto», la interruppe con sarcasmo.
«Adolfo è un caro ragazzo… ma non potrà mai possedere il tuo fuoco.»
«Però hai deciso di sposartelo ugualmente, il ghiacciolo, eh?»
«Sì!»
«Sì?!» proruppe incredulo Roberto. «E me lo dici così?!»
«Sono sincera, lo sono sempre stata, lo sai.»
«Tranne quando stavamo insieme e te la intendevi con Adolfo», precisò Roberto.
Barbara allargò le braccia. «L’amore è così, ti prende e ti porta dove non avresti mai creduto di andare.»
«Allora lo ammetti, lo ami!»
«Se lo sposo, un buon motivo ci dovrà pur essere, no?»
Roberto si mise le mani nei capelli. «Io non ci capisco più niente! Dici di amarlo, e sei qui davanti a me, tre giorni prima del matrimonio, a implorarmi di fare l’amore… ma io, in mezzo a tutto ‘sto casino, dato per scontato che ami Adolfo, cosa rappresento?»
«La passione… tu sei la passione, Roberto. La passione che verrò a cercare ogni qual volta ne sentirò il bisogno… La passione che salverà il mio matrimonio nei momenti di difficoltà…»
«Tu sei pazza! Pazza!» la interruppe Roberto. «Non sarò io la toppa da mettere su un matrimonio nato sul presupposto del tradimento. Toglitelo dalla testa.»
Barbara si avvicinò. «Guardami, Roberto!» esclamò in tono imperativo.
«Ti sto guardando!»
Barbara annuì, infilando le mani nei capelli li spostò dietro le spalle e, tenendoli uniti dietro la nuca, domandò con voce flautata: «Dicevi che il mio collo ti faceva impazzire… ricordi? Io le sento ancora le tue dita attorno alla gola… che si stringono…»
«Smettila! Non sarò mai più l’oggetto del tuo perverso erotismo!» proruppe Roberto.
«Eppure le mie perversioni, erano anche le tue.»
«Può darsi. Ma non lo saranno più, fattene una ragione. E se proprio ci tieni a farti trastullare, insegna ad Adolfo la scopata dell’impiccata!»
«Stupido, arrogante pervertito! Ma chi ti credi di essere?»
«L’uomo che vorresti per amante», rispose serafico.
«No, ti sbagli… tu eri solo un oggetto, lo hai detto tu stesso, un oggetto erotico con cui condividere un po’ di sesso… Sesso, e basta! La parola “amante”, presuppone di avere a che fare con un uomo, non con un oggetto… ma tu, per me, sei stato solo e sempre un oggetto, da usare e poi gettare in un cassetto in attesa di riprenderlo alla bisogna», avvicinò il volto a un alito dal suo sguardo. «Un oggetto, null’altro che un oggetto nelle mie mani, sei stato.»
Si volse e, mentre si allontanava, sibilò astiosa: «Vai al diavolo, Roberto. Non so che farmene di un oggetto che non serve a nulla!»
Improvvisamente si sentì strattonare con forza. «Sei impazzito!» ebbe il tempo di gridare terrorizzata, prima che la sbattesse con le spalle sul tappeto.
I due si fissarono negli occhi. Attimi interminabili. Barbara, dimentica dello spavento provato poc’anzi, iniziò a slacciarsi la camicetta. «Prendimi, ora», sussurrava vogliosa nel mentre.
Questa volta Roberto non si sottrasse.
Un ghigno soddisfatto attraversò lo sguardo di Barbara mentre lo vedeva spogliarsi in fretta e furia.
«Sì, così… stringi… di più… di più…» ansimava, mentre lui le stringeva le dita intorno al collo.
L’avevano fatto molte altre volte quel pericoloso giochetto, Roberto sapeva bene quando lasciare la presa: al culmine dell’orgasmo, quando i gridolini di piacere si facevano rantoli, non un attimo prima.
Ma quell’ultima volta… l’imponderabile. «Sì… così… Adolfo…»
Non sapremo mai se in quel momento immaginava di stare con il futuro marito, o se nella confusione mentale, provocata forse dalla scarsità di ossigenazione dovuta al senso di soffocamento, abbia confuso i nomi dei due uomini che, per motivi opposti, avevano preso possesso dei suoi pensieri. Fatto sta che, Roberto, udendo il nome del rivale s’innervosì e strinse un attimo più a lungo del necessario, ponendo tragicamente fine a quel rapporto malato.
FINE
Voto: | su 2 votanti |
Ciao Ernesto.
Giancarlo
Giancarlo
...io ci sto provando, ma le idee sono troppo diabetiche...
Ciao!