In verità, non te ne sei mai andata.
Eri li, acquattata. Ogni tanto davi segnali
della tua presenza: io lo sapevo, perché davo
segnali della mia assenza.
Non ti ho mai invitata per dirla tutta.
Non sei una vera amica e non mi piace il tuo nome:
depressione.
Ti sei imbucata prepotentemente grazie alla
mia mente, al mio passato e al mio presente.
Ho dovuto farlo sapere a sconosciuti competenti.
Ci ho lasciato diversi liquidi ma con risultati
poco soddisfacenti.
Ce la siamo raccontata un po’ ma poi non ci ho
creduto più.
Ogni sera mi costringo a indorare la pillola:
la chimica non mi è mai piaciuta a scuola
e nemmeno ora.
Forse sei utile. Devo pensarla in questo modo,
diciamo duttile.
Sei utile, si. Comprendo di più la fragilità, la
sensibilità, la difficoltà.
Tutta roba un po’ messa in un angolo di questo
mondo che corre troppo e va allo sbando.
Però, ti prego, non esagerare.
Se ti accorgi che non c’è il buio nei miei occhi,
lascia perdere: ho il diritto di guardare oltre
il solito torpore.
Vorrei tanto esserci con tutto me stesso nell’adesso.
Quindi, se vedi che non ti do ascolto, non ti arrabbiare:
non deprimerti … oh, scusa, che te lo dico a fare;
prenditi una vacanza, che so … vai al mare.
Io, qui, ho da fare e di tempo cosciente ne ho
già perso troppo … e irrimediabilmente.

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E grazie a tutti quelli che mi leggono!





