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Un incontro inaspettato

Non sapeva nemmeno perché aveva avuto la stravagante idea di apparecchiare la tavola come se stesse aspettando qualcuno. I piatti del servizio buono, le posate d’argento, i bicchieri di cristallo. Doveva essere proprio ammattita, nel candelabro le candele si stavano consumando. Anna guardava la cera che scivolava lentamente a goccia, appiccicandosi alla scultura di bronzo. Stava lì ad osservare il tempo che inesorabile passava, senza curarsi di chi stava aspettando qualcuno, che forse non sarebbe mai arrivato.
All’indomani… era domenica, ma per lei non era un giorno di festa, al contrario era un giorno in cui avvertiva di più la solitudine. Già, perché nel resto della settimana lavorava, cosicché riempiva quel grande vuoto, che come un macigno le pesava sul cuore.
Era già passata la mezzanotte e quindi si era già a domenica. Anna, con una punta d’invidia pensava agli altri che andavano con la famiglia in gita, approfittando del bel tempo. Spense l’ultimo barlume di luce e si diresse in camera da letto. Indossò il solito pigiama a scacchi colorato, che strideva con il suo umore nero. Uno sguardo allo specchio e si vide improvvisamente vecchia, anche se aveva appena quarant’anni, troppo pochi per smettere di sognare.
Si raccolse i lunghi capelli neri in una treccia, formando uno chignon sulla nuca e si stese un velo di crema sul viso intristito, poi si infilò nel letto accendendosi l’ultima sigaretta della giornata ed aprì quel libro mai letto, comprato un mese prima, dal titolo: ”L’unghia spezzata.”
Non sapeva perché l’avesse comprato, non conosceva la scrittrice, ma l’aveva incuriosita il titolo. L’unghia spezzata, come la vita spezzata, come un sogno spezzato…
Iniziò a leggere, la protagonista era una bambina ed in quel frangente, delusa pensò che il seguito non le avrebbe interessata, ma poi, scorrendo le prime pagine qualcosa attirò la sua attenzione, Bianca la piccola del romanzo somigliava incredibilmente a lei, timida, impacciata, sensibile e soprattutto desiderosa d’affetto. Quell’affetto che nel corso degli anni, aveva cercato inutilmente e non l’aveva mai trovato. Lesse avidamente le pagine a seguire e più s’addentrava nella storia più si rivedeva nella protagonista.
La mente cominciò a vagare a ritroso, si rivide bambina accanto all’uomo che a lei sembrava un gigante, ma in realtà era piccolo di statura, l’uomo più importante della sua vita: suo padre. Gli stava accanto, ascoltando ogni sua parola facendone tesoro. La voce del padre s’era fatta più dura, le stava dicendo: ”Anna…andiamo s’è fatto tardi ed a quest’ora la mamma ci starà aspettando…dobbiamo preparare il pranzo, gli altri non tarderanno ad arrivare.”
Anna, seppure contrariata seguì il padre, ubbidendo senza parlare.
Quello era un giorno speciale, era domenica e come tutte le domeniche, alfine di trascorrere una giornata insieme, la famiglia si riuniva nella grande casa di campagna con i nonni, gli zii ed i cugini, era quella anche l’occasione per ritrovarsi e raccontare ciò che era avvenuto durante la settimana. Ognuno preparava qualcosa di speciale e l’odore del pane appena sfornato, rendeva quel momento unico.
Gli altri erano già arrivati e le grida dei cugini che si rincorrevano fra i campi risuonavano nell’aia. Anna felice si riunì a loro, mentre i grandi apparecchiavano la lunga tavola. Il nonno si accese il sigaro sedendosi sotto la grande quercia e quasi per incanto, Anna insieme ai cugini lo raggiunsero abbandonando i giochi ed in coro gridarono: ”Nonno, nonno, raccontaci quella storia di quando eri prigioniero di guerra…”
Così lui iniziò a raccontare e man mano che la storia si snodava nei minimi particolari, i bambini iniziarono a tempestarlo di domande sempre più incuriositi…
La voce della mamma li distolse dal racconto: ”Bambini, venite è pronto…”
Correndo e spingendosi raggiunsero gli altri che erano già seduti.
Anna risentiva l’eco delle risate, i discorsi, i battibecchi, i rimproveri che riempivano quel giorno così speciale ed atteso da una settimana. Fu così per moltissimo tempo, poi quella maledetta domenica che decisero che sarebbero andati sul lago, il tempo era meraviglioso ed era ideale anche per pescare. Mentre le donne iniziarono a preparare il pranzo, gli uomini s’erano allontanati per poter restare tranquilli, purtroppo non si accorsero che i piccoli Angelica e Mario, i miei fratellini gemelli, li avevano seguiti e giocavano pericolosamente sulla sponda del lago. La tragedia si consumò in un attimo, Angelica cadde in acqua e si tirò dietro anche Mario e quando gli altri se ne accorsero era già troppo tardi.
Annegarono tutti e due e da quell’istante cambiò tutto nella mia vita, mamma non perdonò mai più mio padre, che a suo dire aveva la colpa di non essersi accorto di avere i bambini dietro e fu così che improvvisamente, un bel giorno mia madre sparì e di lei non si seppe più nulla.
Una folata di vento aprì bruscamente il balcone, facendola ritornare al presente, si alzò e lo richiuse ed il suo sguardo fu catturato da una donna, forse una barbona, che sulla strada deserta camminava a stento…poggiandosi di qua e di là.
Anna restò per un attimo ad osservarla, provando una gran pena, pensava chi o che cosa avesse spinto quella donna a scegliere una vita piena di miseria e di sofferenze. Ritornò a letto ed a stento riuscì a dormire per qualche ora.
Improvvisamente il suono incessante della sveglia la fece sussultare facendola destare di scatto, guardò l’ora e si accorse che era molto presto, aveva dimenticato di cambiare l’orario.
Restò ancora per un po’ a letto, poi decise di alzarsi, tanto non si sarebbe riaddormentata. La giornata si prospettava lunga e noiosa. La solita domenica, da sola e con tante cose da pensare. Decise che avrebbe fatto una passeggiata fino al campetto di bocce e poi avrebbe consumato la colazione nel piccolo chiosco lì vicino.
Era una tiepida giornata primaverile ed i tigli del viale, ricoperti da candidi fiori bianchi, mandavano un profumo intenso, Anna lo ricordava perfettamente, quando sotto il portico della casa in campagna, sentiva la stessa fragranza, un velo di tristezza e nostalgia scurì i suoi bei occhi verdi. Poi ritrovando la forza di sempre, scacciò i ricordi incamminandosi lungo la stradina.
Delle voci alterate catturarono la sua attenzione, un uomo urlava: ”Se ti vedo ancora qui vicino al mio bar ti caccio via a pedate, mi fai scappare i clienti…vattene stracciona…”
La donna gli gridava contro: ”Che tu sia maledetto! Voglia il cielo che non arrivi a vedere la luce del sole domattina …”
Detto questo si allontanò, Anna riconobbe la barbona della notte precedente, d’impulso la seguì chiamandola: ”Ehi fermati, posso aiutarti…hai fame? Ti compro qualcosa…”
La donna si voltò verso quella sconosciuta e per un attimo i loro sguardi s’incrociarono, Anna fissò quegli occhi e ne restò turbata, erano dello stesso colore dei suoi.
Per tutta risposta la donna fuggì. Anna provò a richiamarla ma lei sembrava non la sentisse. La vide scomparire con la sua camminata claudicante, portando con sé una grande sacca, dove probabilmente teneva dentro i suoi effetti personali.
Anna entrò nel bar e chiese al proprietario se conoscesse quella donna, lui ancora adirato le disse: ”E’ una miserabile che vive vicino al fiume, poi ogni domenica gira qua intorno, il suo cattivo odore mi fa scappare i clienti che si sono già lamentati della sua presenza.”
Lei non rispose, bevve il suo caffè, poi senza riflettere si diresse lungo il greto del fiume, non sapeva perché, ma voleva parlare con quella donna.
Fra rifiuti di ogni genere, vecchie lavatrici, frigoriferi e quant’altro, esisteva un altro mondo, quello emarginato fatto di miseria, emarginazione e povertà. Anna si guardò intorno per cercare fra quelle persone che la fissavano come se avessero visto un fantasma, la donna che aveva incontrato prima. Qualcuno cercò di rubarle il cellulare, quando una voce gridò: ”Lasciala stare se no ti stacco un orecchio con un morso.”
Anna incredula si ritrovò davanti la donna che cercava e questa le disse: ”Ma si può sapere chi sei e che cavolo vuoi? Vattene questo non è posto per una persona come te.”
Anna le rispose: ”Non voglio niente, non ti preoccupare, volevo solo darti una mano…”
La donna di rimando le disse: ”E chi ti ha chiesto niente? Sei per caso la buon samaritana… Non ho bisogno di niente e di nessuno, vattene.”
Mentre la donna le parlava, Anna le si avvicinò e con grande sorpresa riconobbe la catenina con il medaglione che aveva al collo. Lei a casa aveva una foto della mamma attaccata sulla parete ed in quella foto era visibile proprio quella catenina con il medaglione ed all’interno di questo c’erano le foto di Angelica e Mario.
A quel punto turbata le chiese dove l’avesse trovata e di poter vedere il contenuto del medaglione.
Lei urlò: ”Me lo vuoi rubare vero? E’ mio…”
Così dicendo la spinse per terra, poi le si scagliò contro prendendola a calci. Anna sorpresa per la violenza della sua reazione gridò: ”Fermati non ho intenzione di prendertelo ma quello è di mia madre…”
Un silenzio tombale attraversò quel luogo d’anime perse, tutti le fissarono poi la donna esclamò: ”Io non ho figli, non ho nessuno.” A quel punto un uomo intervenne dicendo: ”Rita, fermati non vedi che ha gli stessi occhi tuoi?”
Anna solo in quel momento riconobbe sua madre, nonostante fosse una bambina quando l’aveva abbandonata, la casa era rimasta tappezzata dai suoi ritratti e l’aveva riconosciuta. Ed anche se invecchiata e trasfigurata dalla vita che aveva condotto fino a quel momento, lo sguardo era rimasto lo stesso.
“Sono Anna…” Balbettò con un soffio di voce.
Rita rispose: ”Tu non sei nessuno, hai capito? Nessuno…”
Si voltò dall’altra parte e poi fece per allontanarsi quando Anna le urlò: ”Mamma, fermati tu non hai avevi solo loro, c’ero anch’io, ricordi?”
Rita le urlò: ”Smettila, non so di cosa stai parlando…”
Anna vedendo sua madre che dopo tanti anni non la voleva, scoppiò a piangere.
Rita prese la sua sacca di stracci e si avviò lungo la strada, ma prima di sparire, la guardò nuovamente per l’ultima volta…
L’uomo di prima l’aiutò a rialzarsi dicendole: ”Mi dispiace ma Rita non cambierà idea, ha cancellato tutta la sua vita precedente e non tornerà mai indietro.”
Anna annuì e si allontanò da quel posto e da quella madre che l’aveva abbandonata per la seconda volta.
Rita intanto sorrideva fra sé, quella era stata la più bella domenica della sua vita aveva rivisto la sua Anna, e sì… pensava che era diventata proprio una bella donna. Disse a voce alta: ”Perdonami, ma non si torna indietro.”



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Opera scritta il 13/05/2018 - 04:22
Da Anna Rossi
Letta n.1099 volte.
Voto:
su 2 votanti


Commenti


Un grazie di cuore ad Antonio e Rocco...ciaoo

Anna Rossi 14/05/2018 - 10:28

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Uno scorrevole quanto eccezionale esercizio di scrittura creativa...
*****

Rocco Michele LETTINI 14/05/2018 - 10:05

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Bellissimo ed emozionante racconto.

Antonio Girardi 13/05/2018 - 11:35

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