Questa storia comincia di domenica e non poteva cominciare in un altro giorno. Credo che i migliori propositi si facciano di domenica. Credo che le guerre finiscano di domenica. Credo che Ulisse sia tornato di domenica. Domenica per me è sempre stata una giornata particolare.
Ogni domenica si dischiude un cassetto del nostro animo, e fuoriesce una farfalla variopinta. La farfalla è il nostro piccolo desiderio: una gita fuori porta, una rispolverata al pianoforte, le pagine del libro che volevamo leggere. La domenica è fatta per questo, per dar sfogo ai nostri piccoli desideri, che altrimenti resterebbero lì, piccole crisalidi senza libertà. Sì, la domenica è un’ispirazione a tener accesi i colori dell’anima, inchiostro che scivola sulla carta, una moto in corsa sulla litoranea, una melodia, l’aroma dell’infanzia e il gusto del pane cotto a legna con la mortadella, che mia nonna teneva in serbo per me quando andavo a trovarla, di domenica. Così anche quella domenica una farfalla nel cassetto fremeva… per sfuggire alla monotonia soffocante della mia cittadina e andare alla ricerca di un’avventura. Eravamo in ottima compagnia: io, la mia testardaggine pazza e curiosa, l’estro capriccioso, la chitarra ben custodita, la bici e l’ombra sull’asfalto. Spensi il cellulare, inforcai la bici, e misi in moto la giornata, il battito accelerato, la voglia di vita. Destinazione ultima, il castello Angioino Aragonese. Desideravo solamente affacciarmi dal ponticello del castello, per godere una vista privilegiata sul mare non ancora agognato dai turisti. Mentre pedalavo, sulla mia Magnum fiammante, sentivo letteralmente il cuore pompare nuovo ossigeno, alla mente rigenerata, agli arti rinvigoriti. Il mio fisico allenato poteva procedere per chilometri e chilometri senza accusare stanchezza, senza bisogno d’altro se non il vento sulla pelle. Pedalavo felice, davanti agli occhi la vista del castello che avrei visitato a breve. Ma un viaggiatore saggio sa, che la destinazione è solo un pretesto per partire, e io con questa filosofia convivo alla lettera da tempo, tant’è che anche quella domenica feci la mia bella deviazione. Arrivato a un bivio, non resistetti al richiamo di un sentiero meno battuto, più stretto ma con una pineta più folta a costeggiarla. Quest’ultimo aspetto bastò a farmi girare il manubrio, seguendo il richiamo della natura. Di tanto in tanto si sentivano cani abbaiare, e alcune nuvole stavano prendendo ora d’assalto il sole. Io ero troppo presa dalla mia smania d’avventura per farmi intimidire. Continuai a pedalare senza sapere bene verso cosa, quando ecco notai quella che un tempo doveva essere stata una fattoria ma ora era un rudere piuttosto malandato. Davanti alla recinzione si leggeva – sbiadita – la scritta VENDESI. Mi avvicinai per dare un’occhiata di insieme e mi accorsi di quanto fosse ampia la proprietà, solo parzialmente visibile dalla curva a gomito. Scesi dalla bici e l’assicurai al cancello, poi scavalcai lo stesso con una destrezza acquisita da piccola e iniziai a perlustrare la zona. Era davvero abbandonata, al punto che le mele Capodiciuccio, una varietà molto gustosa delle nostre parti, erano lasciate marcire sul terreno. Mi misi a girovagare tra gli alberi, mentre gocce d’acqua grondavano ora dal cielo. A me sembrò volessero benedire il mio arrivo. Mi avvicinai allora al rudere, dove mi diedero il benvenuto un topolino, qualche mosca e una miriade di ragnatele. Forse fu una di queste a catturarmi, fatto sta che mi balenò un’idea, che avrebbe cambiato il corso della mia vita di annoiata quarantenne, impiegata in un ufficio postale. Io ho sempre avuto quest’impulsività di fondo, una tendenza ad agire di istinto che alle volte esplode, altre viene soffocata dalla razionalità che mi paralizza. Sì, in vita mia la ragione non mi ha mai condotta da nessuna parte, solo ad oscillare tra due poli, vantaggi e svantaggi, come una pallina che rimbalza e rimbalza e alla fine si impiglia in una rete. L’istinto, invece, sa sempre dove condurmi e non mi fa mai pentire di averlo seguito. Questa volta mi suggeriva senza tante riserve di mollare tende e lavoro, acquistare quel rudere e crearvi un accogliente agriturismo. Subito mi riempirono l’animo i ricordi d’infanzia, il bar dei miei genitori, il contatto con le persone, i rapporti coi fornitori, la stanchezza positiva dopo una giornata di lavoro. Avevo bisogno di investire in una scommessa che mi facesse sentire ancora viva, ero stufa di occupare un posto che poteva essere di chiunque altro, di essere una pedina in una partita di scacchi. Volevo dettare io le regole del gioco! Mi guardai intorno: alberi e ancora alberi, e da lontano proveniva una suggestione di mare. Non lo si vedeva, ma profumava l’aria che respiravo. Era un richiamo, un invito, una tentazione. Non ci fu bisogno d´altro, per vincere le mie esitazioni. La chiamata, la voce calda dall´altro capo, i conti e le discussioni, gli incoraggiamenti e le occhiate malevole, le trattative che seguirono, domenica dopo domenica. Questa storia comincia di domenica e non poteva cominciare in un altro giorno. Quattro anni sono trascorsi da quella fatidica domenica, in cui ho liberato la mia crisalide, che ora non ha più bisogno di ibernarsi, di settimana in settimana. No, la vedo svolazzare ogni singolo giorno, mentre crea fantasie per i clienti, volteggia tra i tavoli, ammicca a un affascinante habitué, cerca nell’aria il profumo del mare, confortevole presenza, giusto una volata da qui.
Ogni domenica si dischiude un cassetto del nostro animo, e fuoriesce una farfalla variopinta. La farfalla è il nostro piccolo desiderio: una gita fuori porta, una rispolverata al pianoforte, le pagine del libro che volevamo leggere. La domenica è fatta per questo, per dar sfogo ai nostri piccoli desideri, che altrimenti resterebbero lì, piccole crisalidi senza libertà. Sì, la domenica è un’ispirazione a tener accesi i colori dell’anima, inchiostro che scivola sulla carta, una moto in corsa sulla litoranea, una melodia, l’aroma dell’infanzia e il gusto del pane cotto a legna con la mortadella, che mia nonna teneva in serbo per me quando andavo a trovarla, di domenica. Così anche quella domenica una farfalla nel cassetto fremeva… per sfuggire alla monotonia soffocante della mia cittadina e andare alla ricerca di un’avventura. Eravamo in ottima compagnia: io, la mia testardaggine pazza e curiosa, l’estro capriccioso, la chitarra ben custodita, la bici e l’ombra sull’asfalto. Spensi il cellulare, inforcai la bici, e misi in moto la giornata, il battito accelerato, la voglia di vita. Destinazione ultima, il castello Angioino Aragonese. Desideravo solamente affacciarmi dal ponticello del castello, per godere una vista privilegiata sul mare non ancora agognato dai turisti. Mentre pedalavo, sulla mia Magnum fiammante, sentivo letteralmente il cuore pompare nuovo ossigeno, alla mente rigenerata, agli arti rinvigoriti. Il mio fisico allenato poteva procedere per chilometri e chilometri senza accusare stanchezza, senza bisogno d’altro se non il vento sulla pelle. Pedalavo felice, davanti agli occhi la vista del castello che avrei visitato a breve. Ma un viaggiatore saggio sa, che la destinazione è solo un pretesto per partire, e io con questa filosofia convivo alla lettera da tempo, tant’è che anche quella domenica feci la mia bella deviazione. Arrivato a un bivio, non resistetti al richiamo di un sentiero meno battuto, più stretto ma con una pineta più folta a costeggiarla. Quest’ultimo aspetto bastò a farmi girare il manubrio, seguendo il richiamo della natura. Di tanto in tanto si sentivano cani abbaiare, e alcune nuvole stavano prendendo ora d’assalto il sole. Io ero troppo presa dalla mia smania d’avventura per farmi intimidire. Continuai a pedalare senza sapere bene verso cosa, quando ecco notai quella che un tempo doveva essere stata una fattoria ma ora era un rudere piuttosto malandato. Davanti alla recinzione si leggeva – sbiadita – la scritta VENDESI. Mi avvicinai per dare un’occhiata di insieme e mi accorsi di quanto fosse ampia la proprietà, solo parzialmente visibile dalla curva a gomito. Scesi dalla bici e l’assicurai al cancello, poi scavalcai lo stesso con una destrezza acquisita da piccola e iniziai a perlustrare la zona. Era davvero abbandonata, al punto che le mele Capodiciuccio, una varietà molto gustosa delle nostre parti, erano lasciate marcire sul terreno. Mi misi a girovagare tra gli alberi, mentre gocce d’acqua grondavano ora dal cielo. A me sembrò volessero benedire il mio arrivo. Mi avvicinai allora al rudere, dove mi diedero il benvenuto un topolino, qualche mosca e una miriade di ragnatele. Forse fu una di queste a catturarmi, fatto sta che mi balenò un’idea, che avrebbe cambiato il corso della mia vita di annoiata quarantenne, impiegata in un ufficio postale. Io ho sempre avuto quest’impulsività di fondo, una tendenza ad agire di istinto che alle volte esplode, altre viene soffocata dalla razionalità che mi paralizza. Sì, in vita mia la ragione non mi ha mai condotta da nessuna parte, solo ad oscillare tra due poli, vantaggi e svantaggi, come una pallina che rimbalza e rimbalza e alla fine si impiglia in una rete. L’istinto, invece, sa sempre dove condurmi e non mi fa mai pentire di averlo seguito. Questa volta mi suggeriva senza tante riserve di mollare tende e lavoro, acquistare quel rudere e crearvi un accogliente agriturismo. Subito mi riempirono l’animo i ricordi d’infanzia, il bar dei miei genitori, il contatto con le persone, i rapporti coi fornitori, la stanchezza positiva dopo una giornata di lavoro. Avevo bisogno di investire in una scommessa che mi facesse sentire ancora viva, ero stufa di occupare un posto che poteva essere di chiunque altro, di essere una pedina in una partita di scacchi. Volevo dettare io le regole del gioco! Mi guardai intorno: alberi e ancora alberi, e da lontano proveniva una suggestione di mare. Non lo si vedeva, ma profumava l’aria che respiravo. Era un richiamo, un invito, una tentazione. Non ci fu bisogno d´altro, per vincere le mie esitazioni. La chiamata, la voce calda dall´altro capo, i conti e le discussioni, gli incoraggiamenti e le occhiate malevole, le trattative che seguirono, domenica dopo domenica. Questa storia comincia di domenica e non poteva cominciare in un altro giorno. Quattro anni sono trascorsi da quella fatidica domenica, in cui ho liberato la mia crisalide, che ora non ha più bisogno di ibernarsi, di settimana in settimana. No, la vedo svolazzare ogni singolo giorno, mentre crea fantasie per i clienti, volteggia tra i tavoli, ammicca a un affascinante habitué, cerca nell’aria il profumo del mare, confortevole presenza, giusto una volata da qui.
Opera scritta il 16/05/2018 - 11:50
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Commenti
Ancora grazie Franca, anche per aver condiviso le tue osservazioni.. forse l'istinto è anche una forma di libertà da ciò che è convenzionalmente ragionevole, e che gioia poterlo seguire! :) :)
Atrebor Atrebor 15/06/2018 - 22:39
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famiglia, figli, marito o uomo al quale siamo legate...ma anche la politica, la religione, la società nella quale viviamo...insomma, l'istinto spesso vuole solo il nostro bene, magari sbagliando, ma quella è l'ottica. Brava Roberta...5 stelle meritate, peccato che arrivo tardi.
Franca M. 14/06/2018 - 20:27
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Bellooooo...non saprei se premiare più il contenuto o lo stile narrativo, la fluidità e la precisione nel fraseggio.
Sull'istinto e la ragione, tema dibattuto da che mondo è mondo, la penso come te. Io vedo l'istinto come una risultante di forze interiori, esistenziali, insomma forze che hanno a che vedere con noi stessi, e quindi tutto sommato anch'esse razionali, ma interne, ed invece la ragione è una forma di logica che deve tener conto anche di tutte le variabili esterne, come lavoro
Sull'istinto e la ragione, tema dibattuto da che mondo è mondo, la penso come te. Io vedo l'istinto come una risultante di forze interiori, esistenziali, insomma forze che hanno a che vedere con noi stessi, e quindi tutto sommato anch'esse razionali, ma interne, ed invece la ragione è una forma di logica che deve tener conto anche di tutte le variabili esterne, come lavoro
Franca M. 14/06/2018 - 20:25
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Bellooooo...non saprei se premiare più il contenuto o lo stile narrativo, la fluidità e la precisione nel fraseggio.
Sull'istinto e la ragione, tema dibattuto da che mondo è mondo, la penso come te. Io vedo l'istinto come una risultante di forze interiori, esistenziali, insomma forze che hanno a che vedere con noi stessi, e quindi tutto sommato anch'esse razionali, ma interne, ed invece la ragione è una forma di logica che deve tener conto anche di tutte le variabili esterne, come lavoro
Sull'istinto e la ragione, tema dibattuto da che mondo è mondo, la penso come te. Io vedo l'istinto come una risultante di forze interiori, esistenziali, insomma forze che hanno a che vedere con noi stessi, e quindi tutto sommato anch'esse razionali, ma interne, ed invece la ragione è una forma di logica che deve tener conto anche di tutte le variabili esterne, come lavoro
Franca M. 14/06/2018 - 20:25
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Grazie Paola. Contenta che fi sia piaciuto!
Atrebor Atrebor 18/05/2018 - 20:00
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Un bel racconto suggestivo, molto positivo, con uno stile di scrittura accattivante.
Piaciuto molto, complimenti!
Piaciuto molto, complimenti!
PAOLA SALZANO 16/05/2018 - 18:10
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