C'ERA UNA VOLTA LA FAVOLA DI UNA BAMBINA
In una notte piena di stelle e senza nuvole, due occhi si schiusero alla vita, dopo aver fluttuato per mesi nel buio e nel silenzio di un mare misterioso ed insondabile; erano gli occhi di una bambina, dolce principessa appena venuta al mondo, accolta dal canto melodioso di fate leggiadre che, volteggiando attorno la nuova arrivata, da madrine previdenti le portarono in dono forza, coraggio e sensibilità.
La regina l’accolse impaziente tra le braccia, ancora confusa dai dolori del parto sopportati con gioia, mentre il re osservava emozionato ed incredulo il miracolo che aveva visto compiersi sotto i suoi occhi. Il buon Dio disegnò all'istante sul viso della bambina un incantevole sorriso, ad attenuarne il pianto disperato.
La principessa iniziò il suo viaggio avvolta da coccole ed amorevoli cure, imparando che il mondo era un posto meraviglioso, un giardino profumato pieno di fiori e colori; si sentiva speciale e davvero fortunata! Così l’infanzia trascorse felice e spensierata.
Passarono gli anni e la piccola andava incontro al suo destino fiduciosa, inventando nuovi giochi ed immaginando, tra sogni e speranze, la sua vita futura. Ma presto capì di non poter fare e dire sempre ciò che sentiva nel profondo del cuore, infatti la madre le insegnò che spesso occorreva mettere da parte i propri desideri per non recar dispiacere agli altri.
Come quando le ordinava di fare la brava se il re, tornando a casa la sera stanco e nervoso, facilmente poteva arrabbiarsi. Apprese sin da subito cosa significasse vedere il papà furibondo scagliarsi incomprensibilmente sulla regina e trasformarsi in un drago sputafuoco, da cui sarebbe stato prudente allontanarsi per non essere bruciati e calpestati.
Iniziò a pensare che la madre avesse ragione: era meglio non rischiare lasciando stare i capricci, in fondo qualche coccola in meno non avrebbe fatto male a nessuno. Che stupida però a credere di essere così speciale, rifletté la principessa, forse quelli erano stati solo i pensieri di una bambina…
Continuò a sognare e fantasticare, ma chissà per quale motivo, la principessa adesso avvertiva un enorme peso sulle spalle, una zavorra che rallentava il suo passo, impedendole di sentire ciò che le procurava gioia. Affinò l’arte del compiacere, pur di accontentare chi aveva vicino; andava bene così, pensò, in fondo li amava. Diventata una giovane donna proseguì il viaggio, ma un giorno lungo la strada si imbatté in elfi maligni, ometti piccoli piccoli e maghi falliti, che non amavano le principesse dotate di bellezza ed intelligenza, per cui la indussero in inganno.
Elargendo belle parole a profusione, da abili pifferai trascinarono l’ingenua principessa in un abisso cavernoso; lei si disperò, poiché era molto difficile uscirne. D’improvviso apparve una delle fate madrine. “Cara, non disperarti”, le sussurrò in un orecchio. “Ricordati che quando sei nata, hai ricevuto in dono la forza…usala. E sia quel che sia!”
Tra le lacrime, la principessa pensò che la sua buona madrina avesse ragione e, armandosi della forza, pian piano riuscì a risalire dal precipizio. Sicura e decisa, riprese la strada, imparando ad essere meno ingenua di prima.
Camminando, camminando le ritornò il buonumore, però dopo poche miglia ecco comparire dinanzi ai suoi occhi altri strani personaggi: le streghe arcigne. In origine anch'esse principesse, per pigrizia non avevano fatto uso dei doni ricevuti alla nascita e così, invidiose e rabbiose, tentarono di rallentare il viaggio della giovane. Le fecero credere infatti che il mondo fosse una giungla piena di draghi sputafuoco o elfi maligni, come del resto lei stessa aveva sperimentato, per cui la incitarono a munirsi di una buona corazza, per essere sempre pronta a difendersi.
Confusa ed impaurita, la ragazza si fece convincere ed indossò un’armatura di ferro, inespugnabile, assumendo un aspetto duro, proprio come quello delle streghe. Allora mise da parte i propri sogni e riprese il viaggio guardinga. Divenne una guerriera, anche perché non voleva seguire lo stesso destino della regina madre, costretta a subire gli attacchi del terribile drago sputafuoco.
Ma tutto ciò non la rendeva felice, spesso infatti era stanca ed afflitta. “E se le streghe si fossero sbagliate?”, cominciò a riflettere, mentre perle di rugiada dal sapore amaro le solcavano il viso.
Inaspettatamente le venne in sogno un’altra fata madrina. “Cosa fai, bambina, ti arrendi? Hai ricevuto il coraggio…usalo. E sia quel che sia!”, la incitò dolcemente. La principessa si armò di coraggio ed esclamò: “Questa non è la mia strada!”. Si tolse da dosso l’odiosa armatura e riprese con fiducia il viaggio, riacquistando i modi aggraziati e quel meraviglioso sorriso, regalo del buon Dio.
Fu a quel punto che successe qualcosa di prodigioso: in una giornata, in cui il sole caldo splendeva alto nel cielo, s’imbatté in un elegante principe, il quale le chiese dove stesse andando. “Sto seguendo la mia strada!”, rispose la ragazza. Lui fu colpito da questa affermazione e lesse nei suoi occhi una profonda sensibilità; in quel momento una delle leggiadre fatine si palesò dinanzi ai due giovani, volteggiando e cantando dolci melodie.
Timido ed imbarazzato il principe propose alla ragazza di fare un pezzo di strada insieme; lei acconsentì, essendo rimasta impressionata dai modi gentili e dalla dolcezza del suo sguardo, in cui vide riflessa se stessa. Aveva conosciuto l’Amore.
Oramai divenuta una donna, la principessa proseguì il cammino felice e contenta, per sempre con il principe o forse solo per un tratto, nessuno può saperlo. Di sicuro non permise mai più ad alcun drago sputafuoco, elfo maligno o strega arcigna di portarle via l’amore per se stessa.
E sia quel che sia…ebbe a ripetersi spesso”.
Terminato il racconto la piccola Siria, adagiata sul lettino, stirò le braccia in un lungo sbadiglio, le palpebre socchiuse per il sonno imminente. “Bella questa storia, mamma…Però è diversa dalle altre: sei sicura che è una favola?”, osservò con un filo di voce.
“Certo che lo è, amore mio. E’ la favola di ogni bambina, che nasce principessa e può esserlo per sempre”
“Per sempre…?”, chiese ancora la bimba, perplessa.
“Sì, l’importante è che lei ci creda e soprattutto che lo voglia”, rispose la madre in tono rassicurante.
A quelle parole Siria diventò pensierosa, mentre con le manine attorcigliava alcune ciocche dei capelli sparsi sul cuscino, rese lucenti dal riverbero dei raggi lunari che filtravano dalla finestra.
“Da brava, adesso è ora di dormire”.
“Buonanotte, mamma!”, bisbigliò la piccola quasi assopita, stringendo forte il suo coniglietto di peluche, in quella notte piena di stelle e senza nuvole.
Dopo averle rimboccato la trapunta in cotone, la donna diede un bacio alla figlioletta sulla fronte e si avviò verso l’uscio. Guardandola un’ultima volta, si fermò.
“L’importante è che tu lo voglia, bambina mia…”, pensò ad alta voce, chiudendosi la porta alle spalle, mentre Siria era oramai crollata nel sonno profondo dell’infanzia.
Paola Salzano
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Ricambio l'abbraccio
Ogni tanto provo a cimentarmi in racconti fantasy con protagonisti i bambini...
Lieta vi sia piaciuto
Dolcissima
Molto bella dolcissima regina Paola
Mi ha emozionato e le parole della mamma nella parte finale, mi hanno dato un brivido.
Brava e sempre con un significato profondo.
Ti abbraccio cara Paola!