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L'ombra di un gigante

Jacopo è fermo davanti a un negozio e non si decide a entrare. Persone ce ne sono, che camminano avanti e indietro, alle sue spalle. Lo sfiorano. E Jacopo sta fermo, tormentandosi le mani, le dita delle mani. Le dita dei piedi. Ciondola. Cosa deve comprare? Quasi non se ne ricorda.


Guardava nervoso la vetrina come per cercare qualcosa che catturasse il suo sguardo, il suo desiderio. Gli occhi si muovevano rapidi da un oggetto all’altro come picchi impazziti, poi spazientito e arreso decise di spingere la porta del negozio e di sparirvi dietro.
<<Buongiorno signore.>> Salutò educatamente.
<<Buongiorno a te giovanotto, come posso esserti utile?>> Rispose l’altro.
<<Non lo so con esattezza, poco fa un’anziana signora mi ha dato queste monete come ricompensa per averla aiutata con le buste della spesa, non che le volessi sia chiaro, l’ho fatto solo perché quella poveretta stava barcollando sotto il peso delle borse, alla fine ha insistito così tanto che per non offenderla ho preferito accettare.>>
<<Ma non dirmi, un piccoletto come te che si da già da fare sollevando pesi>> Ridacchiò l’uomo da dietro il bancone.
<<Non mi sottovaluti, anche se sono ancora solo un bambino ho forza da vendere. Allora mi aiuta con queste monete?>> Una vena di stizza era chiaramente distinguibile nella voce fresca di Jacopo.
<<Oh certo, allora dimmi ci sarà pure qualcosa nel negozio di cui hai bisogno, devi solo…>>
<<In realtà non sono sicuro di poter trovare qualcosa di cui ho bisogno, non mi serve molto>> Lo interruppe il ragazzino.
<<Come puoi non avere bisogno di nulla, tutti abbiamo bisogno di cose, è umano>> Ribatté l’uomo con un’espressione perplessa sul volto.
<<Vero, ma di meno cose hai bisogno e meno cose ti possono levare, sa ogni tanto funziona così, davvero.>> Jacopo aveva lo sguardo di chi nona aveva detto che tutta la verità.
<<Io… io.. io non lo so. Chi ti ha detto queste cose?>> Balbettò il venditore.
<<Siamo simili io e lei, entrambi non sappiamo delle cose, ad esempio io non riesco ancora a capire cosa farmene di questa ferraglia.>> Il sorriso sul volto del ragazzino fece sgranare gli occhi all’uomo. Non aveva mai sentito nulla di più strano.
<<Senti io non so come aiutarti se non mi dai neanche un punto da cui partire, fatti un giro nel negozio e dimmi se trovi qualcosa, se così non fosse spenderai i tuoi soli altrove.>> Tuonò l’uomo spaventando il giovane con il suo brusco cambiamento di tono.
<<Perché dice così, sembra arrabbiato, ho detto qualcosa che non avrei dovuto?>>
<<Ho solo troppo da fare per perdere il mio tempo con te. Ora va a trovare qualcosa o ti caccio via. Te lo prometto.>>
<< Non prometta. Le promesse sono le cosa migliore che abbiamo. E poi non si può perdere il tempo, mia madre dice che possiamo spendere il nostro tempo in diverse maniere ma non ci è concesso di perderlo o altrimenti qualcuno potrebbe trovarlo e prenderselo, magari venderlo. Ha mai sentito di qualcuno che ha trovato del tempo in più?>> Lo punzecchiò Jacopo senza aspettare una risposta.
<< Mi dica ha per caso delle promesse in vendita? Perché se così fosse vorrei acquistarne un paio.>> Continuò.
<<Basta adesso, ne ho avuto abbastanza ragazzino, compra qualcosa o vattene. Non so che farmene delle tue storielle. Ti giuro hai un minuto da ora per trovare qualcosa oppure la porta è quella.>> Sentenziò il venditore tra gli affanni mentre lentamente di appoggiava con la schiena contro la parete alle sue spalle. Il tono usato questa volta era molto meno duro di prima addirittura tintinnante in alcuni punti.
<<Lei non capisce nulla, le avevo chiesto di non promettere. Lei lo fa apposta. Ad ogni modo se non ha promesse da vendermi mi può dare quella racchetta alla sua destra. Magari anche una busta.>> Concluse Jacopo rassegnato.
<<Finalmente hai visto qualcosa che ti serve, non era poi così difficile in un negozio pieno di ogni sorta di aggeggio.>>
<<Ma a me quella racchetta non serve, tuttavia è pur sempre meglio di questa ferraglia. Poi, ad essere sincero, lei mi ha innervosito, voglio solo andarmene da qui.>> Il ragazzino assunse un espressione che non aveva ancora mai mostrato. Il dispiacere rese i suoi lineamenti delicati più duri e scavati, è come se fosse invecchiato di trent’anni in un secondo, come se gli fosse stata tolta tutta la giovinezza.
Il silenzio cadde tra i due, la piccola manina di Jacopo tendeva verso l’uomo una manciata di spicci che, non appena ebbe imbustato la racchetta li prese porgendo a sua volta la racchetta al ragazzino al di là del bancone.
I due si guardarono per una frazione di secondo come nell’attesa che qualcosa accadesse poi, quando cosi non fu, il giovane salutò il venditore e girò sui tacchi avviandosi verso la porta.
<<Aspetta!>> Lo fermò l’uomo.
<<Tieni anche questa, è un omaggio, almeno potrai farci una partita con un tuo amico.>> Stretta nel pugno teso del venditore c’era un’altra racchetta identica a quella che il giovane aveva appena comprato. Gli occhi del piccolo brillarono come retroilluminati, il suo viso riassunse i dolci e rotondi lineamenti originari.
<<Non posso crederci, era esattamente quello di cui avevo bisogno. Una racchetta arancione.>>
L’uomo sgranò gli occhi come per capire meglio.
<<Ma anche la racchetta che hai comprato è arancione, sono praticamente identiche e tu hai appena detto di non averne affatto bisogno, non capisco…>>
<<Mi prende in giro? Queste racchette non sono affatto identiche, come può non vederlo, davvero non potrebbero essere più diverse. Una è qualcosa che ho comprato, l’altra è qualcosa di cui avevo bisogno. La ringrazio davvero, le confesso che ad un certo punto ho temuto che non ne avremmo tratto nulla di buono dall’intera faccenda. Ma invece…>>
Il signore fissava Jaopo come se i ruoli fossero capovolti come se lui, l’uomo, non potesse che imparare da quelle parole provenienti da qualcuno sessanta centimetri più basso di lui.
<<E ora non stia lì a ribattere su quello che le ho detto, le ho già confessato che entrambi non capiamo molte cose ma le posso garantire che prima poi accadrà, appena avrà davvero bisogno di qualcosa capirà. All’improvviso la differenza tra le due racchette le sembrerà ovvia, del tutto banale e capirà.>> Jacopo apri la porta del negozio davanti a se, il sole era calato di parecchio nel tempo in cui era rimasto nel negozio, ora proiettava ombre lunghe e scure sul lucente pavimento della piazza.
<<E cosa faremo nel frattempo che entrambi non sapremo un po’ meno cose?>> Chiese rapido il venditore al ragazzino per paura che questo potesse lasciare il negozio prima di avergli dato una risposta.
<<Beh nel frattempo cresceremo, è ovvio.>> Il giovane si girò nuovamente e sorrise al signore che per la prima volta ricambiò il suo sorriso. Un gesto rapido della mano e Jacopo fu nella piazza, il sole che tramontava lo avvolse in un tepido abbraccio. La busta con le due racchette gli pendeva lungo il fianco destro. Era piccolo a vederlo, forse più anche più basso degli altri bambini della sua età, ma al tramonto non importava e le ombre non conoscevano ragioni. Era davvero piccolo ma dietro di lui la sua ombra era quella di un gigante.




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Opera scritta il 12/11/2013 - 18:08
Da Simone Coriandoli
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