il mio peso or leggero
ch'ormai il mio corpo, di vita stremato,
è soltanto un pensiero aggraziato
di intrecci di vento
che ogni tanto,
qua e là,
accarezzano un pianto,
un lamento,
un dolore già spento.
Dei fiori ch'io colsi
ricordo le forme,
i profumi,
i colori sgargianti
e mai la vita che tolsi.
Dei fiori ch'io colsi
rimembro gli sguardi,
i profumi,
i gesti eleganti
e mai il sorriso che tolsi.
La Rosa la uccisi per gli aculei pungenti.
La Viola in una tiepida notte d'estate.
Il Papavero stanco di tizzoni troppo ardenti
e notti passate
a digrignar denti.
I Tulipani per le lunghe rosate passeggiate,
le Margherite tra le grinfie delle boschive fate.
Alcune per anni.
Alcune per niente,
a volte per gioco.
Il tempo di scolpirmi un volto
e poi esiliate dalla mente
o in qualche suo oscuro risvolto.
Adagio sull’erba, di questo turchese prato,
le mani or d’esperienza e tocco lieve
che sanno ormai movere, come delicata brezza,
lo stelo più sottile assieme a quello più greve.
Le adagio ma non colgo.
Osservo per ore.
Ore ed ore.
Osservo e non colgo.
Esperto spettatore.
Vi esorto:
coglietemi voi!
Ch’io son Acqua e non Fiore.
mf
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L'hai letta più volte e credo proprio che tu abbia colto perfettamente.
Mi fa piacere, estremamente piacere.
Alla prossima.
Mf
La interpreto così e mi piace l'insegnamento che ne ricevo!