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Il ritorno di Elisa

Fu proprio a Settembre che mi parlarono di te... Era stato Giorgio, amico fotografo, che mi aveva detto:
« Preparati GianMaria, hanno visto Elisa in paese ».
Questa frase, improvvisa come una stella cadente, mi ha obbligato a ricordare un amore che a fatica ero riuscito a dimenticare. Era Venerdì sera e mi stavo preparando al Sabato imminente, il mio giorno preferito della settimana, per diversi motivi oltre quello che precede la giornata più bella, vale a dire Domenica. Il fatto è che di Sabato c'è il mercato contadino a Castiglione delle Stiviere, proprio in centro.
Le foto che realizzo lì in mezzo a quella gente di campagna, genuina, schietta, vestita come si usa nelle cascine mantovane, ma non mancano belle figliole e mamme di bell'aspetto, che qui abbondano come le fabbriche di calze da donna, quelle foto, dicevo, non riesco a farle in nessun'altra occasione sociale.
Il mattino dopo, pur turbato dai ricordi, puntualmente mi presentai alla piazzetta del mercato. Avevo la mia fidata Nikon Digitale Reflex calda di belle immagini, scattate anche di nascosto, per evitare che i soggetti si imbarazzino o si mettano eccessivamente e innaturalmente in posa, quando nel mirino mi si presentò il dolce viso di quella che qui veniva chiamata “La Madonna del Santuario”.
Non era cambiata no, era sempre uno splendore, anche dopo che era diventata mamma, e con quei due bimbi dai riccioli d'oro che teneva per mano pareva, ai miei occhi che tendevano a diventare umidi per l'emozione, ancor più bella di quando mi aveva giurato eterno amore.
Ne era passato del tempo, forse più di dieci anni, ma il ricordo balzò troppo nitido e crudele per essere tranquillamente sopportato. Avrei voluto immortalarla, lei e quelle due splendide creature, ma il pensiero che da anni avevo distrutto ogni cosa che potesse ricondurmi a lei, fotografie comprese, anche alcuni nudi d'autore, forse i miei più belli, mi impedì di cliccare sullo scatto.
Abbassai la macchina e la guardai. Lei mi guardò e capii che mi aveva riconosciuto per prima, forse perché conosceva bene le mie abitudini di fare fotografie nei mercati rionali e sapeva che sarei stato lì a caccia di immagini. Quindi mi cercava, pensai
Rimasi immobile; ero paralizzato e il cuore iniziava a perdere qualche battito, come se una bolla d'aria impedisse al muscolo cardiaco di portarmi in circolo l'ossigeno necessario a rimanere freddo e lucido. Ecco, lo sentivo: mentre lei si avvicinava, e mi parve pure che ostentasse un sorriso parlando con quei bambini, indicandomi, iniziavo ad essere colto da una tristezza che non saprei definire in altro modo che soffocante. Sentii un rossore in viso, quasi mi mancasse l'aria, ed un disagio generale che investiva anche la mia persona, oltre i pensieri, i quali pian piano diventavano cupi come un cielo prima del temporale.
Avrei voluto fuggire, o scomparire, ma non potevo. Cercai di respirare a fondo e sorridere, ma non mi riuscì.
« GianMaria, non mi riconosci più... sono così cambiata? » disse mentre lasciava per un attimo i bambini e mi abbracciava.
Riconobbi il suo profumo, quello naturale della pelle e dei capelli, e mentre rispondevo all'abbraccio, dissi, in fil di voce:
« Certo che ti ho riconosciuta, Elisa... »
Avrei voluto dirle: non potevo dimenticarti, dopo gli anni felici passati con te e anche se ho cercato di cancellarti non ci sono riuscito; ho buttato gli oggetti, ho strappato le fotografie, ho perfino frantumato quel vaso col tuo nome inciso, ma dal mio cuore non sei più uscita, sei rimasta, mescolata col sangue in una miscela di odio ed amore che certe notti mi ha impedito di prender sonno. Ma non le dissi niente di tutto ciò, rimasi come una statua di sale che ha visto il fantasma di una sirena, stupito, spaventato dalla inaspettata visione. Lei continuò:
« Ragazzi, questo è GianMaria, un mio caro amico... ricordate che ve ne parlavo quando vi raccontavo del mio paese? »
Dopo i convenevoli ci lasciammo come due vecchi amici, bravi belli e pure buoni, ma io ero sconvolto. Diamine, l'avevo quasi dimenticata, ed ora me la ritrovavo più presente che mai ad occupare i miei tristi pensieri.
Tornai a casa come in trance, e non ci misi molto a decidere che era giunto il momento di affogare i miei ricordi nel Po, con un sano safari fotografico liberatorio.
La sera avevo già tutto pronto, e faticai a dormire, ansioso com'ero di andarmene via per un paio di giorni, resettando la routine della mia triste vita. Di notte non facevo altro che pensare a Elisa e ai giorni passati con lei, giorni che definire belli sarebbe come voler dare un'etichetta ad un dipinto di Caravaggio.
Dovevo assolutamente andar via, farmi inghiottire dalla natura, diventare un tutt'uno con la mia macchina fotografica, gli animali, la vegetazione e gli uccelli del Po, che a settembre si preparano per la migrazione.
Avevo un solo modo per chiudere la porta del passato, carico di troppi ricordi: aprire quella della fotografia insieme alla mia amata Nikon Digitale Reflex.
Un amore che cercava di sostituirsi ad un altro, un difficile compito che alla fine si rivelerà impossibile.



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Opera scritta il 19/09/2024 - 18:08
Da Mino Colosio
Letta n.170 volte.
Voto:
su 3 votanti


Commenti


Grazie Margherita, Maria Luisa, e Mirko, i 3 grandi M di oggiscrivo.

Mino Colosio 24/09/2024 - 17:50

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Molto bello, uno di quei racconti che lasciano il segno, come certi ricordi.
Complimenti Giacomo ciao

Margherita Pisano 20/09/2024 - 17:11

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Struggente questo racconto di un amore mai dimenticato e rimasto nascosto profondamente in mezzo ai ricordi.
Complimenti!

Maria Luisa Bandiera 20/09/2024 - 07:17

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Potrei riconoscere lo stile anche se in fondo al testo non ci fosse la tua firma...
davvero complimenti

Mirko D. Mastro 19/09/2024 - 21:04

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