di grandine e nebbia,
sulla metrò ascetica
fra termini e valle Aurelia.
Su due vagoni diversi 
i nostri corpi vagando,
soliti deboli e intensi
mentre il fato 
il nostro incontro 
stava elaborando.
Scesi 
vidi gli anfibi ,
delle cosce perfette
raccontavan magiche
storie mai lette;
lo sguardo si perse nella tua gonna
di nero lino fragile
ciò che indossa una vera donna,
nonostante un febbraio instabile .
Ebbrezza.
Verde inondava i miei occhi ,
mise fine ai miei giorni distorti 
giunta al paese dei balocchi...
Notai del giubbotto verde (verde)
l'eccessiva lunghezza 
come mura alte e erte 
mi vietaron la coscienza.
Belezza.
Zaino blu paradiso 
inondò il mio viso 
e dei capelli rossi mogano...
fu come guardare un cielo
fatto d'intonaco ,
loro scendevano liberi 
lungo le spalle
mentre stupidi striduli 
inondavan la valle,
valle  del sottoterra
dove le rotaie dichiran guerra 
alle gallerie , alle mura morte...
alle cosce tue, all'infinito verde.
Di colpo uno scatto:
il tuo viso bianco.
Amore.
Nero, intorno a quei occhi,
nero a pastello...
su quel bianco d'inverno
ed i miei come specchi,
riflettevano lentiggini
ed un bianco ruggine
di nero fuliggine.
Dolore.
Cambiasti direzione,
sentivo il bisogno 
di sapere il tuo nome,
fosti il mio nuovo sogno
per qualche minuto
o forse un vissuto 
che non fui in grado
di contare,
in quell'attimo non sono stato
un mortale.
Prima di perderti nella folla,
vidi altro verde 
erano i tuoi occhi e poi la svolta
pronta li a stendere 
rimorsi nella mia anima sola.
Grandine e nebbia.
Sono ignorante 
per averti abbandonato.
Perso,
rimorso 
e adesso?
Il costo riscosso 
è una ferita 
di un amore 
che avrebbe potuto 
durare una vita.
Poesia scritta il 20/02/2015 - 22:33Voto:  |  su 4 votanti  | 
	
Francesco Mereu  
 22/02/2015 - 00:44 Ciao Luciano
  
  
luciano rosario capaldo  
 21/02/2015 - 13:37 
I. Aedo  
 21/02/2015 - 12:51 
Fabio Garbellini  
 21/02/2015 - 10:50 
                        


