di grandine e nebbia,
sulla metrò ascetica
fra termini e valle Aurelia.
Su due vagoni diversi
i nostri corpi vagando,
soliti deboli e intensi
mentre il fato
il nostro incontro
stava elaborando.
Scesi
vidi gli anfibi ,
delle cosce perfette
raccontavan magiche
storie mai lette;
lo sguardo si perse nella tua gonna
di nero lino fragile
ciò che indossa una vera donna,
nonostante un febbraio instabile .
Ebbrezza.
Verde inondava i miei occhi ,
mise fine ai miei giorni distorti
giunta al paese dei balocchi...
Notai del giubbotto verde (verde)
l'eccessiva lunghezza
come mura alte e erte
mi vietaron la coscienza.
Belezza.
Zaino blu paradiso
inondò il mio viso
e dei capelli rossi mogano...
fu come guardare un cielo
fatto d'intonaco ,
loro scendevano liberi
lungo le spalle
mentre stupidi striduli
inondavan la valle,
valle del sottoterra
dove le rotaie dichiran guerra
alle gallerie , alle mura morte...
alle cosce tue, all'infinito verde.
Di colpo uno scatto:
il tuo viso bianco.
Amore.
Nero, intorno a quei occhi,
nero a pastello...
su quel bianco d'inverno
ed i miei come specchi,
riflettevano lentiggini
ed un bianco ruggine
di nero fuliggine.
Dolore.
Cambiasti direzione,
sentivo il bisogno
di sapere il tuo nome,
fosti il mio nuovo sogno
per qualche minuto
o forse un vissuto
che non fui in grado
di contare,
in quell'attimo non sono stato
un mortale.
Prima di perderti nella folla,
vidi altro verde
erano i tuoi occhi e poi la svolta
pronta li a stendere
rimorsi nella mia anima sola.
Grandine e nebbia.
Sono ignorante
per averti abbandonato.
Perso,
rimorso
e adesso?
Il costo riscosso
è una ferita
di un amore
che avrebbe potuto
durare una vita.
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Ciao Luciano