Come…
Come mi chiamo,
davvero non lo so.
Forse domani,
o tra un mese,
me lo ricorderò.
Come mi chiamo,
davvero non lo so.
Forse domani,
o tra un mese,
me lo ricorderò.
A che serve che tattenga
il nome mio nella mente?
Proprio a niente,
perché mi basta
che lo tenga bene impresso
soltanto la mia gente.
Quella semplice, che conta poco,
che sorride
senza senso
e con pietà,
quando riceve una carezza
e dimentica
il tempo e la mia età.
Se l’è portato il vento
il nome mio,
perché io lì l’ho ben nascosto!
Dentro le sue pieghe immacolate,
per condurlo tra le nuvole,
il sole
e le fantasiose nevicate.
Volto le spalle sempre a chi mi chiama,
perché al nome mio
ho completamente rinunziato.
Neanche lo pronunzio più,
per timore
che il tempo lo cancelli
inesorabilmente, spietatamente,
come fossi stato
“Colui che fu”.
Poesia scritta il 04/12/2017 - 07:48
Letta n.945 volte.
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Commenti
Solo chi vive questo disagio ne comprende il significato di questa tua poesia....so benissimo di cosa parli Vincenzo Complimenti per la tua sensibilità.
Ciao caro.
Maria Cimino 04/12/2017 - 22:27
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Poesia che indica nel pronunciare il proprio nome una sorta di disagio o forse solo una forma di liberazione dai canoni e dagli stilemi, come se non fosse importante il nostro nome ma altre cose. Bella poesia. Giulio Soro.
Giulio Soro 04/12/2017 - 12:58
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Molto sentita questa poesia. Un saluto caro
MARIA ANGELA CAROSIA 04/12/2017 - 09:27
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