A te in setoso corteggiar stenderommi
diluvial fascio di note ch’i ritrovai e persi
e mai ‘n sovrana melodia di plasmarti pentirommi
in incandescenti dì eguali eppur diversi.
Chitarra e piano furtivi amanti del poetare
ch’il sentir profondo e talor ruvido levitar fa
fin a baciar del corporeo intreccio la scaturigine
e dell’uman peregrinar svelar la complice origine.
Microfono che basaltico dianzi al canto mio s’erge
da te ier come or avviluppar mi lascio, diletto germano
che vers’ogn’alma atavico e ribollente converge
e prender sa dell’interpretar il comporsi per mano.
Armenia, soave e mai obliata madre mia
ch’a’ genitor miei desti di crearmi demiurgica fantasia
fiera sii dell’istoria tua e de’ tuoi confini
che racchiusi dimoran nei virgin occhi de’ bambini.
E tu Parigi, di transalpin fulgor diadema
ch'in musica mi cullasti come sublime altalena
in strenna sempre donami t'en prego la Senna che riluce
e 'l suo placido scorrer come dita di vecchierella che cuce.
Forza di rimembrar amico mio te pervada e non magone
ch’i’per te e per tutti sempre sarò l’istrione.
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