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Dall'ultima fila in alto.

Calata è la sera
su un altro giorno.


E il lampione coi suo fasci
illumina quegli istanti
di genti
che passano vacui,
immersi in sorrisi, apatica stasi.
Disperati pianti.


Calata è la sera e
fanno ritorno.


È questo il momento dei pensieri più folti,
sereni e men sereni.
Mi sembra quasi di sentirli.
I miei o quell'altri,
di ombre passanti.
Si fanno solidi,
potrei quasi afferrarli


E come fascio di luce
a volte sono io.
Immobile e silente.
Come onda che si infrange
ma senza rumore,
senza sciacquio.
Si fonde.


Si infrange e si inonda
sull'altrui pensiero
e realmente ne diviene parte.
Senza toccarlo e senza inquinarlo.
Ne avverte lo sfumare del vero.


Le gioie, i dolori e le piccolezze
dell'uomo.
I suoi affanni
e le lotte.


Son piccoli inganni
in minute scatole rotte.


E quanto è diverso il mondo per chi si
pone a guardarlo distante.
Quanto senso disperde.
E quanto altro ne prende vantaggio.
Quanto più profondo diviene il viaggio
per chi si svuota e lo assorbe
in un angolo schivo.


Poiché mi è dato di osservare,
non con gli occhi
ma con la mente,
avverto calmo la sensazione
di non esserne parte.


E sublimando.
Vivo.


Mf




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Poesia scritta il 01/11/2019 - 11:15
Da Michele Facchini
Letta n.864 volte.
Voto:
su 1 votanti


Commenti


Come in un teatro, dall'ultima fila della galleria si vede il palco intero con gli attori ma anche tutta la platea e il resto della galleria, si fa parte della totalità del pubblico.
Questo per dire che, secondo me, se si è pagato il biglietto, non si può non esserne parte, anche come osservatore mentale.
La rappresentazione ci coinvolge e il coinvolgimento risalta in questa tua composizione!

Leo Pardiss 07/11/2019 - 07:55

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