su un altro giorno.
E il lampione coi suo fasci
illumina quegli istanti 
di genti 
che passano vacui, 
immersi in sorrisi, apatica stasi. 
Disperati pianti. 
Calata è la sera e 
fanno ritorno. 
È questo il momento dei pensieri più folti,
sereni e men sereni. 
Mi sembra quasi di sentirli. 
I miei o quell'altri, 
di ombre passanti. 
Si fanno solidi, 
potrei quasi afferrarli
E come fascio di luce 
a volte sono io. 
Immobile e silente. 
Come onda che si infrange 
ma senza rumore, 
senza sciacquio.
Si fonde. 
Si infrange e si inonda 
sull'altrui pensiero
e realmente ne diviene parte. 
Senza toccarlo e senza inquinarlo. 
Ne avverte lo sfumare del vero. 
Le gioie, i dolori e le piccolezze 
dell'uomo. 
I suoi affanni
e le lotte. 
Son piccoli inganni 
in minute scatole rotte. 
E quanto è diverso il mondo per chi si 
pone a guardarlo distante. 
Quanto senso disperde. 
E quanto altro ne prende vantaggio. 
Quanto più profondo diviene il viaggio
per chi si svuota e lo assorbe
in un angolo schivo.
Poiché mi è dato di osservare, 
non con gli occhi
ma con la mente, 
avverto calmo la sensazione
di non esserne parte. 
E sublimando. 
Vivo.
Mf
Poesia scritta il 01/11/2019 - 11:15Voto:  |  su 1 votanti  | 
	
Questo per dire che, secondo me, se si è pagato il biglietto, non si può non esserne parte, anche come osservatore mentale.
La rappresentazione ci coinvolge e il coinvolgimento risalta in questa tua composizione!
Leo Pardiss  
 07/11/2019 - 07:55 
                        


