sempre la stessa e la solita gente,
il campanile e la chiesa di fronte,
la piazza e il comune
il sindaco operaio.
La' in quel bar 
si parla di carte e di Cristo,
nell'altro bar 
si gioca a bocce e si finge di credere in Marx.
Molte le parole versate,
molta la fiducia 
anche se occultata 
dietro i soliti lamenti per la vita.
La messa è finita da poco,
la gente è vestita a festa 
e il sole dell'estate 
cuoce l'ombra di quel campanile di cemento armato
Se le campane non suonassero così forte 
forse si parlerebbe meglio 
e la gente si capirebbe di più.
Neanche quella persona che si avvicina all'edicola,
coglie il giornale e accarezza quel piccolo cane 
neanche quella persona deve difendersi 
dalle loro ingiurie.
Mi avvicino,
due passi insieme su quell'unica via,
una stretta di mano 
per scambiarci le nostre identiche sofferenze.
Ora la gente si è voltata,
crede che la giustizia si sia tradita 
ma io continuo il cammino 
e mi fermo di fronte al bar,
un cenno di capo 
un saluto per tutti.
Grazie gente di quel paese,
vorrei riascoltare le dolci e perfette parole 
di quella persona 
che accarezzava il piccolo cane,
quel melodioso idioma 
che vorrei sgorgasse dalle mie labbra.
Poesia scritta il 29/01/2020 - 00:42Voto:  |  su 1 votanti  | 
	

giuseppe trucchia  
 19/02/2020 - 12:47 
Atrebor Atrebor  
 29/01/2020 - 17:28 coplimenti..
Salvatore Rastelli  
 29/01/2020 - 16:28 
                        


