ci sono io seduto su una vetusta moto,
uno strano paio di occhiali da sole,
da non far vedere assolutamente alla prole.
Un inconsueto indumento in pelle,
al ricordo del profumo volo tra le stelle,
dalla sua tasca si intravede un accendino,
già fumavo allora come un cretino.
Un paio di jeans molto attillati,
negli anni saranno stati di sicuro buttati,
sopra i folti capelli un bel basco,
per me era un'eresia portare il casco.
Sotto la sella il mio indimenticato carburatore,
per lui mille imprecazioni e in officina tante ore.
Il giorno che quella moto mi fu regalata,
la notte in garage ebbi passata.
Ora non vivo più in quella abitazione,
negli anni il mio domicilio ha avuto più di una variazione,
ma quella moto è ancora lì sotto una coperta,
ora nel guidarla la mia mano non sarebbe più esperta.
Qualche volta le passo vicino e non penso più al carburatore,
ma alla ferma voce di quel premuroso genitore,
che mi invitava a stare sempre attento,
occhio alla strada senza superare i cento.
Ogni tanto quelle voci riecheggiano ancora come per magia,
e io cerco di registrarle in una semplice poesia.
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