Che ad inebriarmi
Furono le tue carezze
Ritenni non necessario
Averne conferma
Perscrutandole con gli occhi.
Riversavo in uno stato febbrile 
Già da qualche giorno 
E presumendo che fossi tu 
A farmi da veglia
Non capii
Nel mio delirio 
Del perché lo facessi.
Azzardai sovrapporre il tutto 
Al mio momentaneo 
Degrado mentale
Eppure il tuo tocco materno 
Alimentava se non pochi dubbi 
Sulla sua reale tangibilità.
Ristabilitomi 
Raggiunsi il sepolcro 
Sotto l’acero secolare
Sulla collina 
E a d’esso mi prostrai sconfitto.
Era palese 
Che ogni cosa dispiegasse 
In un’unica direzione:
Sapermi vivo e al contempo 
Distante dall’esserlo.
Nel tacito più assoluto
Reclinai la parte posteriore del capo 
Sull’erba 
E feci del celeste ammanto 
Il mio fulcro visivo 
Tu avvolta dalle turbini del sogno 
E dalle mie deleterie illusioni 
Concedesti la tua solitudine 
E la tua menzogna inestricabile 
( penso che questa poesia si evolva a pari passo della lenta presa di coscienza del protagonista, ma resta il dilemma su cosa possa essere davvero reale, a volte non si riesce dare un volto a ciò che ci circonda )
Poesia scritta il 26/03/2023 - 18:04Voto:  |  su 1 votanti  | 
	
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