Nel silenzio luminoso della notte
nascono pensieri, muoiono speranze,
compendi di vita vissuta
tra poche gioie e tanta amarezza
nell’impervia lotta tra il bene e il male
tra la felicità e il dolore più grande
di aver perso – per sempre –
un piccolo gesto d’amore,
negato per anni a un povero padre....
(continua)
Sogni
Non mollare mai,
i sogni vivono dentro di noi,
non si spengono mai.
C’è sempre tempo per tornare,
basta ritrovare la chiave
che apre il cassetto dei desideri
e riaccende la mente a sognare.
Ricordalo sempre.... (continua)
C’è posta per te
Ti volevo dire… tutto quello che non ti ho mai detto.
Ti ricordi quando tu volevi andare…
e io pure volevo andare?
Tu mi hai detto: “Due minuti!”
Io… non te l’ho mai detto.
E quella volta che tu volevi andare al mare
e io in montagna…
poi siamo andati…
Tu mi hai detto: “Due minuti!”
Io… non te l’ho mai detto.
E quando volevi andare al cinema
e io a vedere la partita…
e poi siamo andati…
Tu mi hai detto: “Due minuti!”
Io… non te l’ho mai detto.
E quando mi hai chiesto se potevi restare,
andare, poi tornare…
e poi siamo andati…
Tu mi hai detto: “Due minuti!”
Io… non te l’ho mai detto.
Ma adesso te lo dico:
non ce la faccio più ad aspettare!!!... (continua)
Il clown stava lì dove era sempre, sull’odore di vecchia segatura e fili di zucchero fuso alla tomaia delle scarpe che aveva cucite la sua Mara.
Le luci intermittenti sospese rischiaravano il cuoio e la gomma; e sulla suola un pianto che era la sola cosa ancora sua.
Lui che aveva dispensato risa per tutta la vita dietro la lacrima sul cerone.
Col dito strisciava il caramello rappreso al telone lacero, lui che non sorrideva mai su tutto ma nonostante tutto.
La bocca del cannone non custodiva da anni la sua Mara e il sorriso del trucco non gli aveva mai levato il dolore.
Smise di tenere aperti gli occhi domandandosi se le funi dei trapezi potessero raggiungere il cielo.
(da Caldolana, Dominique Noir alias M.D.Mastro)... (continua)
La mia prima esperienza nel lavoro fu di peso; la bicicletta per il pane, almeno quaranta chili carica. O così mi sembrava a quel tempo.
Bianca con due ceste, e il faro. Martino, il fornaio, l'aveva presa già tanto usata sul finire del fascismo. Dovevano essere tutte così per disposizione del regime, ben visibili da dopo il tramonto al far dell'alba dalla ronda.
I più abbienti nemmeno interagivano, altri non rispondevano al campanello; lasciavo il sacchetto, e tornavo a pedalare.
Non dare risposta e sottrarsi a uno scambio di opinioni odora di scortesia a mio dire, allora come ora... (continua)