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Alla ricerca del tempo perduto

Basta che un rumore, un odore, già uditi o respirati un tempo, lo siano di nuovo, nel passato e insieme nel presente, reali senza essere attuali, ideali senza essere astratti, perché subito l'essenza permanente, e solitamente nascosta, delle cose sia liberata, e il nostro vero io che, talvolta da molto tempo, sembrava morto, anche se non lo era ancora del tutto, si svegli, si animi ricevendo il celeste nutrimento che gli è così recato. Un istante affrancato dall'ordine del tempo ha ricreato in noi, perché lo si avverta, l'uomo affrancato dall'ordine del tempo. Si ama per un sorriso, per uno sguardo, per una spalla. Tanto basta. Allora, nelle lunghe ore di speranza o di tristezza, ci si fabbrica una persona, si compone un carattere. E quando, più tardi, si frequenta la persona amata, è impossibile ormai (per quanto crudele sia la realtà che ci vien messa innanzi) togliere quel carattere buono, quella natura di donna amorevole all'essere che ha quello sguardo o quella spalla, proprio come non possiamo, quando invecchia, togliere il suo primo volto a una persona che conosciamo fin dalla sua giovinezza. Desideriamo essere capiti, perché desideriamo essere amati, e desideriamo essere amati perché amiamo. La comprensione degli altri è indifferente, e il loro amore è importuno. Possiamo conversare tutta una vita senza fare altro che ripetere indefinitamente il vuoto di un minuto, mentre il cammino del pensiero nel lavoro solitario della creazione artistica avviene nel senso della profondità, la sola direzione che non ci sia preclusa, in cui possiamo progredire, con più fatica, è vero, verso un risultato di verità. Troviamo di tutto nella nostra memoria: è una specie di farmacia, di laboratorio chimico, dove si mettono le mani a caso, ora su una droga calmante, ora su un veleno pericoloso. Quante gioie possibili si sacrificano così all'impazienza di un piacere immediato. Era cominciata per lei, solo un po' prima di quanto avvenga di solito, quella piena rinuncia della vecchiaia, che si prepara alla morte, si chiude nella propria crisalide, e che è possibile osservare, al termine delle esistenze di lunga durata, anche fra vecchi innamorati che si sono amati molto, fra amici uniti dai vincoli più puri e che, a partire da un certo anno, smettono di affrontare il viaggio o l'uscita necessaria per incontrarsi, smettono di scriversi, e sanno che in questo mondo non comunicheranno più. La lettura ci insegna ad accrescere il valore della vita, valore che non abbiamo saputo apprezzare e della cui grandezza solo grazie al libro ci rendiamo conto. Quel che rimprovero ai giornali è di farci prestare attenzione ogni giorno a cose insignificanti, mentre leggiamo tre o quattro volte nella vita i libri dove ci sono le cose essenziali. Quanto era stato serrato l'intreccio, quanto era stata rapida l'evoluzione del nostro amore; e, nonostante qualche ritardo, qualche interruzione ed esitazione, quanto ne era stato precipitoso lo scioglimento. I legami fra una persona e noi esistono solamente nel pensiero. La memoria, nell'affievolirsi, li allenta; e, nonostante l'illusione di cui vorremmo essere le vittime, e con la quale, per amore, per amicizia, per cortesia, per rispetto umano, per dovere, inganniamo gli altri, noi viviamo soli. L'uomo è l'essere che non può uscire da sé, che non conosce gli altri se non in se medesimo, e che, se dice il contrario, mente. Crediamo che secondo il nostro desiderio cambieremo le cose intorno a noi, lo crediamo perché, al di fuori di questa, non vediamo nessun'altra soluzione favorevole. Non pensiamo a quella che il più delle volte si verifica e che è, anch'essa, favorevole: non riusciamo a cambiare le cose secondo il nostro desiderio, ma a poco a poco il nostro desiderio cambia. La situazione che speravamo di cambiare perché ci era insopportabile, ci diventa indifferente. Non abbiamo potuto superare l'ostacolo, come volevamo assolutamente, ma la vita ce lo ha fatto aggirare, oltrepassare e a stento, allora, volgendoci verso il passato in lontananza, riusciamo a scorgerlo, tanto è diventato impercettibile. Trovavo più bello che la realtà concordasse con quanto il mio istinto aveva, fin dal principio, presentito, piuttosto che con il miserabile ottimismo cui vilmente avevo ceduto in seguito. Ogni sera, forse, mettendoci a dormire, accettiamo il rischio di vivere dolori che consideriamo come inesistenti e non avvenuti perché saranno sofferti nel corso di un sonno che crediamo senza coscienza. A poco a poco, caso per caso, è la vita a consentirci di osservare che quel che è più importante per il nostro cuore, o per la nostra mente, non ci viene insegnato dal ragionamento, ma da forze diverse. L'infinito dell'amore, o il suo egoismo, fa sì che gli esseri che amiamo siano quelli la cui fisionomia intellettuale e morale sia per noi la meno oggettivamente definita. Riempiamo l'apparenza fisica dell'essere che vediamo con tutte le nozioni che possediamo sul suo conto, e nell'immagine totale che ci rappresentiamo, queste nozioni hanno certamente la parte più considerevole. Finiscono per riempire così perfettamente le gote, per seguire con un'aderenza così esatta la linea del naso, si incaricano così bene di sfumare la sonorità della voce, come se questa fosse solo un involucro trasparente, che ogni volta che vediamo quel viso e sentiamo quella voce, sono proprio quelle nozioni che ritroviamo e che ascoltiamo. La costanza di un'abitudine è di solito in rapporto con la sua assurdità. Le cose clamorose si fanno generalmente solo a sbalzi. Ma le vite insensate, in cui il maniaco si priva lui stesso di tutti i piaceri e si infligge i più grandi mali, sono quelle che cambiano di meno. Ogni dieci anni, chi ne avesse la curiosità, ritroverebbe l'infelice che dorme nelle ore in cui potrebbe vivere, che esce nelle ore in cui non c'è altro da fare se non lasciarsi assassinare nelle strade, che beve bevande ghiacciate quando ha caldo, sempre intento a curarsi un raffreddore. Basterebbe un piccolo gesto di energia, un giorno solo, per cambiare una volta per tutte un simile stato di cose. Ma queste vite sono precisamente appannaggio abituale di esseri privi di energia. I vizi sono un altro aspetto di quelle esistenze monotone che la volontà basterebbe a rendere meno atroci. Una buona parte di quel che crediamo, ed è così anche nel trarre le conclusioni ultime, con un'ostinazione pari alla buona fede, proviene da un primo equivoco sulle premesse. La felicità, la felicità grazie a Gilberte, era una cosa a cui avevo costantemente pensato, una cosa tutta fatta di pensieri, era, come diceva Leonardo della pittura, cosa mentale. Un foglio di carta coperto di caratteri, il pensiero non lo assimila subito. Ma, appena ebbi terminato la lettera, la pensai, ed essa divenne un oggetto del mio fantasticare, divenne anch'essa cosa mentale; e l'amavo già tanto che ogni cinque minuti dovevo rileggerla, baciarla. Allora, conobbi la mia felicità. La vita è disseminata di questi miracoli, in cui le persone che amano possono sempre sperare. Quello che ci lega agli esseri, sono le mille radici, gli innumerevoli fili rappresentati dai ricordi della serata di ieri, dalle speranze della mattinata dell'indomani; è quella trama continua di abitudini da cui non riusciamo a svincolarci. Considerando le cose più insignificanti della vita, noi non siamo un insieme materialmente costituito, identico per tutti, e di cui ciascuno non ha che da prendere visione come di un capitolato d'appalto o di un testamento; la nostra personalità sociale è una creazione del pensiero altrui. Anche l'atto così elementare che chiamiamo «vedere una persona che conosciamo» è, in parte, un atto intellettuale. La saggezza non si riceve, bisogna scoprirla da sé dopo un percorso che nessuno può fare per noi, né può risparmiarci, perché è un modo di vedere le cose. Noi invecchiamo, noi uccidiamo tutti coloro che ci amano con le inquietudini che procuriamo loro, con la stessa tormentosa tenerezza che ispiriamo e che mettiamo di continuo in allarme. Il profumo dei tigli mi pareva come una ricompensa che si poteva ottenere solo a prezzo di grandi fatiche e di cui non valeva la pena. Era l'immagine di una morta, ma poiché quella morta viveva, mi fu facile fare immediatamente quel che di certo avrei fatto, se mi fosse stata accanto da viva (e quel che farei se mai dovessi ritrovarla in un'altra vita): le perdonai. Già uomo per viltà, facevo ciò che facciamo tutti una volta divenuti adulti, quando ci si presentano innanzi delle sofferenze e delle ingiustizie: non volevo vederle.



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Racconto scritto il 23/06/2016 - 11:29
Da Savino Spina
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