Sedeva a tavola da solo. Come sempre. Giornata pesante al lavoro. Come lui, del resto. Per i chili di troppo , non per il carattere. Quello avrebbe dovuto essere un pò più…solido. Era richiesto.
Ma tant’è. Non ci sono delle istruzioni precise su come dovrebbe essere la propria attitudine. Su come formarti e, possibilmente, conformarti alle pareti del tuo vivere e vissuto. Dell’altrui vivere e vissuto.
L’aria in ufficio era da mesi irrespirabile. Non per odori molesti… o forse un pò anche per quelli.
Al nostro Marco tutto sembrava fuori da se e lui, a volte, fuori di se. Un fuori silenzioso. Tutto dentro e niente fuori. Urla nel silenzio. Silenziose urla. Ecco, si, silenziose urla!
Tutto fuori da se. Fuori dal mondo. Semprechè, Marco, a un mondo abbia mai appartenuto. Ci abbia mai vissuto. Respirato. Amato. Si sia mai entusiasmato. Insomma, consapevole della luce del giorno o il buio della notte e non solo di una stanza buia come il profondo della sua anima. Spenta.
Una favola? No. Neanche da bambino. No, molto più somigliante ad una palude puzzolente con rare parentesi profumate da deodorante per cessi. Neanche di marca. Ma si sa, la merda non puoi profumarla.
All’interno dei suoi scarsi trenta metri quadrati, era meno a disagio che nelle migliaia di chilometri quadrati calpestati e mal vissuti. Il mondo, appunto. O una parte di esso.
All’improvviso un lampo. Accecante. Poi un tuono. Violento. Come un forte pugno sul naso che ti costringe a ripiegare su te stesso e contenere il sangue che fuoriesce copioso. E dire che Marco non ha mai fatto a botte…
Un dolore dentro indicibile. Una scossa di terremoto infinita.
Marco rialza la testa. Fuori, ora, il cielo è azzurro e il sole comanda.
Si alza dalla sedia e cerca di riprendersi dal tumulto che lo ha scosso.
Dalla inconsapevolezza del suo vivere a senso unico.
Il giorno dopo saluta tutti con malcelata soddisfazione.
Parte.
Per dove? Perchè?
Verso tutti quei luoghi per i quali sentirà il richiamo. Dove potrà perdersi ma non si sentirà mai perduto.
Per scrivere l’unico vero capitolo della sua vita.
Auguri Marco.
Ma tant’è. Non ci sono delle istruzioni precise su come dovrebbe essere la propria attitudine. Su come formarti e, possibilmente, conformarti alle pareti del tuo vivere e vissuto. Dell’altrui vivere e vissuto.
L’aria in ufficio era da mesi irrespirabile. Non per odori molesti… o forse un pò anche per quelli.
Al nostro Marco tutto sembrava fuori da se e lui, a volte, fuori di se. Un fuori silenzioso. Tutto dentro e niente fuori. Urla nel silenzio. Silenziose urla. Ecco, si, silenziose urla!
Tutto fuori da se. Fuori dal mondo. Semprechè, Marco, a un mondo abbia mai appartenuto. Ci abbia mai vissuto. Respirato. Amato. Si sia mai entusiasmato. Insomma, consapevole della luce del giorno o il buio della notte e non solo di una stanza buia come il profondo della sua anima. Spenta.
Una favola? No. Neanche da bambino. No, molto più somigliante ad una palude puzzolente con rare parentesi profumate da deodorante per cessi. Neanche di marca. Ma si sa, la merda non puoi profumarla.
All’interno dei suoi scarsi trenta metri quadrati, era meno a disagio che nelle migliaia di chilometri quadrati calpestati e mal vissuti. Il mondo, appunto. O una parte di esso.
All’improvviso un lampo. Accecante. Poi un tuono. Violento. Come un forte pugno sul naso che ti costringe a ripiegare su te stesso e contenere il sangue che fuoriesce copioso. E dire che Marco non ha mai fatto a botte…
Un dolore dentro indicibile. Una scossa di terremoto infinita.
Marco rialza la testa. Fuori, ora, il cielo è azzurro e il sole comanda.
Si alza dalla sedia e cerca di riprendersi dal tumulto che lo ha scosso.
Dalla inconsapevolezza del suo vivere a senso unico.
Il giorno dopo saluta tutti con malcelata soddisfazione.
Parte.
Per dove? Perchè?
Verso tutti quei luoghi per i quali sentirà il richiamo. Dove potrà perdersi ma non si sentirà mai perduto.
Per scrivere l’unico vero capitolo della sua vita.
Auguri Marco.
Racconto scritto il 26/06/2016 - 20:22
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Commenti
Non sono in grado di giudicare la forma, ma il contenuto crea interesse, anche se avrei sviluppato di più il "passaggio" di Marco.
ele leo 28/06/2016 - 23:40
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