L'Eco di Villa Necchi Campiglio
Michele durante il suo viaggio d’affari a Milano, non poté fare a meno di visitare Villa Necchi Campiglio, che è uno splendido tesoro di arte e architettura nel cuore della città. La Villa fu realizzata da Piero Portaluppi tra il 1932 e il 1935 per il nucleo familiare composto da Angelo Campiglio, sua moglie Gigina Necchi e sua cognata Nedda. Appartenenti all’alta borghesia industriale lombarda, classe agiata, ma anche tenace lavoratrice e al passo coi tempi. A loro si deve l’invenzione della celebre macchina da cucire. Una raffinata casa degli Anni Trenta, un delizioso giardino sempre aperto dove sostare all'ombra delle grandi magnolie, un viaggio tra arredi preziosi che restituiscono fedelmente l'atmosfera di vivace mondanità dell'alta borghesia milanese; in un'armoniosa fusione di arte e tranquillità si consolida la storia d’amore tra Angelo e Gigina, incontrandosi anni prima a Pavia. Fu il suocero a convincerlo di mettere da parte la laurea in medicina. C’era da produrre, da fare nuovi affari. Voleva una persona fidata, voleva lui. Fondarono assieme la NECA, acronimo dei loro cognomi. Producevano motori per frigoriferi, caldaie, sanitari, la modernità. Avevano in esclusiva un brevetto per la smaltatura della ghisa così segreto che persino in fabbrica nascondevano la lavorazione dietro un sistema di paraventi di cartone. Avevano fabbriche in tutta Italia, fornivano pure la Fiat, l’ufficio era a Milano, vicino San Babila, ma abitavano ancora a Pavia. Fino a quella sera d’inverno, in mezzo alla nebbia, la sera che decisero di diventare milanesi per davvero. Persero la strada, girarono a vuoto, entrarono in una via minore, si ritrovarono in realtà a pochi metri da corso Venezia, attorno videro i cantieri di nuovi edifici, alcuni appena terminati e poi quel cartello, VENDESI, fra gli alberi di un giardino. Prendeste nota del numero di telefono, fu proprio Angelo, Nené per gli amici, da tutti considerato uomo di buon senso, misurato, saggio , il giorno successivo, senza indugio, quasi d’impeto, comprasti dal conte Cicogna l’intera area. Amavi la pesca, amavi la caccia, avevi conosciuto l’enormità del nuovo mondo, l’orizzonte pacato della pianura. Eppure, la sera prima, con tua moglie, avevate deciso di diventare milanesi, a qualunque costo. Ora ci voleva solo una casa, adeguata al vostro rango, per voi due sposi e per Nedda, sorella amatissima. Avevano solo un anno di differenza e si sentivano legate a doppio filo, quasi in simbiosi, una più timida, l’altra più riservata. Si racconta che Nedda ebbe un grande amore, uno di quelli senza scampo, insostituibili, mentre qualcuno, negli anni iniziò a far girare la voce che fosse stata corteggiata addirittura da Manfred von Richthofen, il famoso Barone Rosso dell’aviazione tedesca. Ma, ovviamente, le date non collimano, in fondo le leggende nascono non per essere vere, ma per essere verosimili; non s’è mai saputo, chi e cosa fosse questo uomo, per certe donne l’amore è come la fortuna degli antichi, cieca, con i capelli sul volto e la nuca rasata. Coglierla al volo, o perderla per sempre ( Tertium non datur). Ci voleva una casa e doveva essere quella giusta. Fu persino inevitabile, “naturale”, affidare l’incarico del progetto a Piero Portaluppi. Voi che volevate essere milanesi in ogni vostra fibra, non chiamare l’architetto che stava ridisegnando proprio quella parte di città? Dalla casa Crespi al sagrato del Duomo, dalla Banca Commerciale al Planetario, dalle Case Radici-Di Stefano al monumentale Palazzo della società Buonarroti-Carpaccio-Giotto, in quegli anni ovunque ci si girasse si incrociava Portaluppi che lasciava senza sosta segni indelebili nella città e nel gusto dei suoi abitanti. All’architetto Portaluppi subentrerà Tomaso Buzzi, che, nel secondo dopoguerra, conferirà alle sale un aspetto più classico e tradizionale. La Villa ospita la Collezione Alighiero ed Emilietta de’ Micheli e, al piano terra, la Collezione Claudia Gian Ferrari di opere italiane del XX secolo. La distribuzione funzionale degli ambienti della Villa rispecchia le scelte progettuali di proprietari e architetto: il piano terra destinato a prestigiosa sede di rappresentanza, quello superiore adibito a zona notte e l’ampio sottotetto riservato alle camere per la servitù. Il seminterrato ospitava, infine, i locali di servizio e deposito nonché quelli dedicati alle attività ricreative dei padroni di casa (palestra, sale per proiezioni, spogliatoio e docce per la piscina). Come gli impianti esterni, anche i locali interni erano dotati dei più innovativi sistemi messi a disposizione dalla scienza dell'epoca. La modernità aveva investito ogni funzione della Villa e della vita domestica, offrendo ai suoi abitanti quanto di più aggiornato in termini di comfort (si pensi alla presenza di ascensore, montavivande, citofoni interni ecc.) e di sicurezza (la grata automatica di protezione dell'ingresso, le casseforti e i caveau murati). L’interesse per i valori di praticità e agiatezza era sempre stato accostato a un ricercato utilizzo di materiali di alta qualità e a una sapiente cura per l’apparato decorativo. Villa Necchi Campiglio rappresenta infatti una fase-chiave nel percorso stilistico di Portaluppi, segnandone il graduale passaggio da una già sperimentata adesione alle linee déco a una nuova attenzione per le recenti tendenze del razionalismo. Sarà solo dopo la fine della guerra che lo stile della Villa muterà orientamento con l’arrivo dell’architetto Tomaso Buzzi e la conseguente opera di limatura delle rigidezze anni Trenta, grazie alla profusione di drappi e tendaggi e a un generale intervento di ammorbidimento delle superfici. Nello stesso tempo, un più classico repertorio di arredi antiquariali prenderà il posto dei mobili moderni originari, rispondendo così all’esigenza di adeguare lo stile degli interni al tradizionale gusto per l’antico diffuso nelle dimore milanesi. Alcune generose donazioni di opere abbelliscono oggi la Villa, come il Vaso di Fausto Melotti o il grande dipinto Monumento ai caduti in corsa di Felice Casorati. La residenza, donata al FAI (Fondo Ambiente Italiano) dal testamento delle due sorelle, alla morte di Gigina nel 2001, è divenuta dopo i lavori di restauro e l’apertura al pubblico nel 2008, una casa museo in grado di restituire al pubblico l'opera di Piero Portaluppi che l’ha progettata. Michele uscì dalla villa estasiato, non solo per le bellezze osservate all’interno e fuori, ma per le storie che si respirano attraverso le sue pareti, che echeggiavano di grandi amori! Aveva fretta di tornare a casa e raccontare in famiglia, la forte emozione vissuta a Villa Necchi Campiglio.
Racconto scritto il 28/07/2016 - 11:30
Da Savino Spina
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Commenti
Splendido tuffo nel secolo scorso grazie al genio di Portaluppi. Interni della villa da ammirare e piacevole giardino con la prima piscina privata a Milano. Atmosfera retrò da respirare, a parte gli anni brutti del fascismo, notiamo solo gli aspetti positivi e innovativo degl’anni trenta a seguire.
Savino Spina 28/07/2016 - 13:44
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