La mia odissea in quella Cordigliera peruviana:
Attraversavo il centro delle Ande, quella incessante Cordigliera. Da due giorni senza cibo, ero ridotto alla fine delle mie forze. Intanto mi sorvolava intorno un condor. Pareva un elicottero. Non avevo paura di essere attaccato, ma pensavo che questo condor presto avrebbe incominciato il suo pasto e che io avrei cessato di penare. Dopo avermi perlustrato, udii un forte grido lanciato dal volatile che volò via. Ero quasi dispiaciuto che non aveva fatto di me il suo pasto. Ormai ero alla fine delle mie forze da non poter'proseguire più di un centimetro. Assente di tutto quello che stava per succedere, riuscii appena a sentire un lamento e poi a stento capii il fruscio delle ali: il condor era ritornato. Questo allargò le sue zampe che apparivano a me come una enorme forcina ed io di sotto, e allungando il suo collo, con un pezzo di carne al becco mi strofinava le labbra. Io annusavo senza gusto, tanto da non rendermi conto, se ero io a mangiare il volatile o viceversa. Il condor dopo essersi assicurato che consumavo il mio pasto, lanciò un grido e volò via. Pian piano riprendendo le mie forze, ripresi la mia marcia. Dopo circa quattro ore di cammino passai un varco nevoso e finalmente avvistai un paese. Su di me svolazzava il condor come volesse dire: Vaya con Dios.
Io portavo addosso abbastanza moneta americana e tutti i miei documenti. Arrivato in questo paesetto cercai un albergo, ma più di una locanda non trovai. Dopo aver pernottato un paio di giorni chiesi al locandiere per un mezzo di trasporto e lui mi fece conoscere una persona, padrone di un vecchio camion. A questo io chiesi se era disposto a portarmi in una città più vicina e cosi dopo tre giorni di viaggio arrivammo a Cuzco. Da lì una settimana dopo presi l'aereo prima per Roma e poi per Catania.
Attraversavo il centro delle Ande, quella incessante Cordigliera. Da due giorni senza cibo, ero ridotto alla fine delle mie forze. Intanto mi sorvolava intorno un condor. Pareva un elicottero. Non avevo paura di essere attaccato, ma pensavo che questo condor presto avrebbe incominciato il suo pasto e che io avrei cessato di penare. Dopo avermi perlustrato, udii un forte grido lanciato dal volatile che volò via. Ero quasi dispiaciuto che non aveva fatto di me il suo pasto. Ormai ero alla fine delle mie forze da non poter'proseguire più di un centimetro. Assente di tutto quello che stava per succedere, riuscii appena a sentire un lamento e poi a stento capii il fruscio delle ali: il condor era ritornato. Questo allargò le sue zampe che apparivano a me come una enorme forcina ed io di sotto, e allungando il suo collo, con un pezzo di carne al becco mi strofinava le labbra. Io annusavo senza gusto, tanto da non rendermi conto, se ero io a mangiare il volatile o viceversa. Il condor dopo essersi assicurato che consumavo il mio pasto, lanciò un grido e volò via. Pian piano riprendendo le mie forze, ripresi la mia marcia. Dopo circa quattro ore di cammino passai un varco nevoso e finalmente avvistai un paese. Su di me svolazzava il condor come volesse dire: Vaya con Dios.
Io portavo addosso abbastanza moneta americana e tutti i miei documenti. Arrivato in questo paesetto cercai un albergo, ma più di una locanda non trovai. Dopo aver pernottato un paio di giorni chiesi al locandiere per un mezzo di trasporto e lui mi fece conoscere una persona, padrone di un vecchio camion. A questo io chiesi se era disposto a portarmi in una città più vicina e cosi dopo tre giorni di viaggio arrivammo a Cuzco. Da lì una settimana dopo presi l'aereo prima per Roma e poi per Catania.
Racconto scritto il 30/05/2017 - 17:35
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Commenti
Un esaustivo seguitato magistralmente forgiato.
Lieta giornata, Salvatore.
*****
Lieta giornata, Salvatore.
*****
Rocco Michele LETTINI 31/05/2017 - 07:37
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