Ebbene sì! Io, qui. Il sottoscritto Rubenzo: nome d’arte di uno che per vivere fa tutt’altro ma che per mantenersi vivo ruba cianfrusaglie, bagatelle, ciarpami, oggetti così poco utili per quanto necessari al sostentamento mentale e che, in poche parole, non hanno nessunissimo valore economico ma, in altrettante poche parole, un altissimo valore sentimentale per chi, la mattina appena alzato, scoprirà che dovrà farne a meno per tutto il resto della sua vita.
Dicevo io! Ora e adesso! In questo preciso istante vi sfido! Qualsiasi cosa stiate facendo, qualsiasi cosa stiate pensando, a farmi desistere ora e qui al furto che sto per commettere.
Provateci, suvvia! Decantatemi le mille buone ragioni per cui non dovrei farlo, i mille buoni motivi per cui non potrei farlo, stilatemi una serie di implicazioni talmente gravose offerte sì da tal furto e le conseguenze a cui potrebbero portarmi, offritemi una parcella ben più remunerata e una villa in un paradisiaco eden terrestre, usate pure la violenza fisica strattonandomi, picchiandomi, massacrandomi, torturandomi, o quella verbale chiamandomi con appellativi talmente ingiuriosi da far rizzare i capelli perfino al più vile dei cafoni, oppure semplicemente ditemi che non è eticamente corretto, che per una giusta integrità morale, per un elevato senso civico o per quel cazzo che volete non si deve fare…
Ebbene io, non vi ascolterò! Diffiderò di voi e di tutta la schiera di scarafaggi messasi in fila, da buon cristiano immacolato, a tracciarmi quella linea sottile che divide il bene dal male, ambigua e ipocrita che io definirei buonista ma che poi chiamerei, senza fronzoli, stronza.
Sappiate che questo colpo lo sto preparando da giorni, da settimane, da mesi, da… non ricordo. Ma comunque dev’essere fatto! Per il bene di non so cosa, per il male di non so chi. Qui e ora: in una ventilata notte di luglio, in una normale cameretta, a scapito di… lei, genere: donna pantera.
Io, davanti a questo letto, con sopra sdraiata una donna pantera che dorme sommessamente nella posa tipica della vittima circostanziale di un omicidio premeditato e che rimarrà tale fin quando un getto d’acqua non lavi via il segno del gesso lasciato dallo sbirro di turno… lei, donna pantera assopita nei sui mondi onirici ma pronta ad esplodere come una bomba ad orologeria senza far alcun minimo rumore perché, si badi bene, il sonno può mascherare quell’indole vorace sì, ma non quella felina, tropicale, che la rende tanto fiabesca…
Come gli occhi. Ora non posso vederli e voi neanche immaginarli perché, sotto quelle palpebre, nel profondo della notte, giacciono due gemme naturali di colore indefinito: vedo il marrone della terra depredato dei suoi sali minerali dal verde di una pianta che punta arcuata verso l’azzurro del cielo. Oh sì, c’è un mondo dietro quelle palpebre… e un universo dentro quegli occhi. Con il buco nero delle pupille che completa l’opera quadri cromatica della vita.
Quindi io. Ora. Come posso resistere a tanto? In piedi davanti alla donna pantera, coi suoi capelli scuri che sferzano e scendono a cascata su di una guancia. Ditemi quindi, voi? Posso resistere? Io?
Neanche per sogno.
Mi avvicino al suo viso, ne guardo un attimo i lineamenti: rosei, morbidi, docili onde che s’incurvano e s’infrangono altrettanto dolcemente su quelle purpuree labbra sottili e…
SMACK!
L’ho rubato…
Dicevo io! Ora e adesso! In questo preciso istante vi sfido! Qualsiasi cosa stiate facendo, qualsiasi cosa stiate pensando, a farmi desistere ora e qui al furto che sto per commettere.
Provateci, suvvia! Decantatemi le mille buone ragioni per cui non dovrei farlo, i mille buoni motivi per cui non potrei farlo, stilatemi una serie di implicazioni talmente gravose offerte sì da tal furto e le conseguenze a cui potrebbero portarmi, offritemi una parcella ben più remunerata e una villa in un paradisiaco eden terrestre, usate pure la violenza fisica strattonandomi, picchiandomi, massacrandomi, torturandomi, o quella verbale chiamandomi con appellativi talmente ingiuriosi da far rizzare i capelli perfino al più vile dei cafoni, oppure semplicemente ditemi che non è eticamente corretto, che per una giusta integrità morale, per un elevato senso civico o per quel cazzo che volete non si deve fare…
Ebbene io, non vi ascolterò! Diffiderò di voi e di tutta la schiera di scarafaggi messasi in fila, da buon cristiano immacolato, a tracciarmi quella linea sottile che divide il bene dal male, ambigua e ipocrita che io definirei buonista ma che poi chiamerei, senza fronzoli, stronza.
Sappiate che questo colpo lo sto preparando da giorni, da settimane, da mesi, da… non ricordo. Ma comunque dev’essere fatto! Per il bene di non so cosa, per il male di non so chi. Qui e ora: in una ventilata notte di luglio, in una normale cameretta, a scapito di… lei, genere: donna pantera.
Io, davanti a questo letto, con sopra sdraiata una donna pantera che dorme sommessamente nella posa tipica della vittima circostanziale di un omicidio premeditato e che rimarrà tale fin quando un getto d’acqua non lavi via il segno del gesso lasciato dallo sbirro di turno… lei, donna pantera assopita nei sui mondi onirici ma pronta ad esplodere come una bomba ad orologeria senza far alcun minimo rumore perché, si badi bene, il sonno può mascherare quell’indole vorace sì, ma non quella felina, tropicale, che la rende tanto fiabesca…
Come gli occhi. Ora non posso vederli e voi neanche immaginarli perché, sotto quelle palpebre, nel profondo della notte, giacciono due gemme naturali di colore indefinito: vedo il marrone della terra depredato dei suoi sali minerali dal verde di una pianta che punta arcuata verso l’azzurro del cielo. Oh sì, c’è un mondo dietro quelle palpebre… e un universo dentro quegli occhi. Con il buco nero delle pupille che completa l’opera quadri cromatica della vita.
Quindi io. Ora. Come posso resistere a tanto? In piedi davanti alla donna pantera, coi suoi capelli scuri che sferzano e scendono a cascata su di una guancia. Ditemi quindi, voi? Posso resistere? Io?
Neanche per sogno.
Mi avvicino al suo viso, ne guardo un attimo i lineamenti: rosei, morbidi, docili onde che s’incurvano e s’infrangono altrettanto dolcemente su quelle purpuree labbra sottili e…
SMACK!
L’ho rubato…
Racconto scritto il 05/03/2019 - 07:41
Da Boris Gant
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Voto: | su 2 votanti |
Commenti
BORIS GANT...Bè io non ti esorterò a rubare ma ti obbligherò a farlo per dimostrare che sei un uomo per giunta domatore. A te le pantere non resistono.....Attento però non cavalcare la tigre o pantera che poi non puoi scendere, ne va della tua vita ah ah ah Ciao, simpatico e bel racconto ce ne fossero di ladri cosi!
mirella narducci 05/03/2019 - 16:59
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Sai,
Mi raccontava mia madre che un giorno, mentre passeggiava con la amiche per le vie del centro di Foligno, un ragazzo la bacio', subito dopo scusandosi e dicendo che nn aveva mai visto una creatura più bella. Beh, lei nn fu tenera.
Ma il racconto è davvero grazioso
Mi raccontava mia madre che un giorno, mentre passeggiava con la amiche per le vie del centro di Foligno, un ragazzo la bacio', subito dopo scusandosi e dicendo che nn aveva mai visto una creatura più bella. Beh, lei nn fu tenera.
Ma il racconto è davvero grazioso
laisa azzurra 05/03/2019 - 13:00
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