Chi sono io?
Una roccia conficcata maldestramente nel terreno.
S’incastra male; sofferente respira polline di allegria tutt'intorno.
Sono i fiori della primavera, danzano spensierati sotto i miei occhi.
Chi sono io?
Una roccia disturbata da radici piene di denti che reclamano sempre più spazio,
a discapito dei miei vuoti.
Mordicchiano la mia schiena.
Lo schermo nero congela immagini così lontane dalla mia idea di felicità.
Come una roccia che mal rappresenta un paesaggio rurale sono io,
Seduto sul divano,
la televisione è uno schermo nero pieno di demoni e buon vino,
all'apparenza.
Appare, d’un tratto, una fila ordinata di raggi solari che illumina la mia mano pallida,
Vorrei del sale, un po’ di sapore, prendere a calci questa televisione.
Sono una roccia con la vestaglia, un amore malato,
l’amore annacquato.
Una strada di paglia, se la calpesti, non hai più una destinazione.
Questa società ama la paglia perché ha il colore dell'oro, ma soprattutto poco sapore.
Resta questo tragitto: una strada a nord di Granada
A sud di Siviglia.
Vorrei un anello pieno di risposte, per puntare il dito nella direzione sbagliata.
Vorrei avere sempre fame e mangiare quella parte della morale che non sente dolore.
Vorrei mangiare tante cose,
e forse per primo l’essere umano,
un frutto così dolce,
dal sapore delle perversioni.
Vorrei piantare colori e veder crescere arcobaleni.
Il destino,
il destino è una suonata di mandolini con centinaia di assoli malinconici,
e tutti a ballare il flamenco per finta.
Ciò che voglio non è,
non è mai,
e questo costringe l’ingegno a rispettare il concetto di ricerca,
la ricerca della felicità, ma soprattutto:
Chi sono io?
I serpenti amano le maratone, ma soprattutto stringere forte,
stringere il mondo e sottometterlo, ma ciò che voglio non è un serpente.
Lungo questa strada a Nord di Granada, a sud di Siviglia viaggio in silenzio,
fugace è la nebbia dentro, fuori la primavera.
Dentro questo autobus tante etnie così diverse
A pochi centimetri da me:
L’oriente e il Nord Europa, La Spagna e L’America.
Tutti dormono tranquilli.
Ciò che voglio è racchiuso nel calore di pochi metri.
Chi sono io?
Non importa, tanto nessuno sa nuotare
Quando la tempesta diventa mare.
Una roccia conficcata maldestramente nel terreno.
S’incastra male; sofferente respira polline di allegria tutt'intorno.
Sono i fiori della primavera, danzano spensierati sotto i miei occhi.
Chi sono io?
Una roccia disturbata da radici piene di denti che reclamano sempre più spazio,
a discapito dei miei vuoti.
Mordicchiano la mia schiena.
Lo schermo nero congela immagini così lontane dalla mia idea di felicità.
Come una roccia che mal rappresenta un paesaggio rurale sono io,
Seduto sul divano,
la televisione è uno schermo nero pieno di demoni e buon vino,
all'apparenza.
Appare, d’un tratto, una fila ordinata di raggi solari che illumina la mia mano pallida,
Vorrei del sale, un po’ di sapore, prendere a calci questa televisione.
Sono una roccia con la vestaglia, un amore malato,
l’amore annacquato.
Una strada di paglia, se la calpesti, non hai più una destinazione.
Questa società ama la paglia perché ha il colore dell'oro, ma soprattutto poco sapore.
Resta questo tragitto: una strada a nord di Granada
A sud di Siviglia.
Vorrei un anello pieno di risposte, per puntare il dito nella direzione sbagliata.
Vorrei avere sempre fame e mangiare quella parte della morale che non sente dolore.
Vorrei mangiare tante cose,
e forse per primo l’essere umano,
un frutto così dolce,
dal sapore delle perversioni.
Vorrei piantare colori e veder crescere arcobaleni.
Il destino,
il destino è una suonata di mandolini con centinaia di assoli malinconici,
e tutti a ballare il flamenco per finta.
Ciò che voglio non è,
non è mai,
e questo costringe l’ingegno a rispettare il concetto di ricerca,
la ricerca della felicità, ma soprattutto:
Chi sono io?
I serpenti amano le maratone, ma soprattutto stringere forte,
stringere il mondo e sottometterlo, ma ciò che voglio non è un serpente.
Lungo questa strada a Nord di Granada, a sud di Siviglia viaggio in silenzio,
fugace è la nebbia dentro, fuori la primavera.
Dentro questo autobus tante etnie così diverse
A pochi centimetri da me:
L’oriente e il Nord Europa, La Spagna e L’America.
Tutti dormono tranquilli.
Ciò che voglio è racchiuso nel calore di pochi metri.
Chi sono io?
Non importa, tanto nessuno sa nuotare
Quando la tempesta diventa mare.
Racconto scritto il 23/04/2019 - 14:19
Da Bruno Gais
Letta n.873 volte.
Voto: | su 2 votanti |
Commenti
...quando la tempesta diventa mare
...beh, innanzi ai tuoi scritti, non posso fare altro che riflettere
sono talmente profondi...
...beh, innanzi ai tuoi scritti, non posso fare altro che riflettere
sono talmente profondi...
laisa azzurra 25/04/2019 - 15:09
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