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L'ultimo giorno di lavoro

La spengo immediatamente per non svegliarle. Il braccio pesa sempre più e la mano, disegnando riccioli nel buio, schiaccia quel pulsante ignorante. Mi giro sul fianco per annusare i suoi capelli che profumano di vento e ricordi, ascoltando il suo respiro profondo e sereno. Mentre biascica qualcosa che sembra un saluto, sfioro quel suo pancione che custodisce Samantha e con un rantolo il mio corpo esce dal letto. Lo sento imprecare fino in cucina. Al buio ciabatto come un automa, apro il frigo, prendo il caffè, colpisco lo spigolo del tavolo, impreco, preparo la moka, non trovo l'accendino e poi aspetto. In piedi davanti al fornello, chiudendo gli occhi e assaporando brandelli di un sogno non ancora svanito.
Il caffè sbuffa.
È un lavoro di cui ho bisogno. Me lo dico spesso, ma non mi convince né mi consola, mai.
La battaglia che faccio ogni mattina è davanti allo specchio mentre mi faccio la barba o mi lavo i denti, quando mi guardo e vedo come sono. Tiro su quel catarro e lo sputo nel lavandino.
Mi vesto in fretta nell'oscurità, prestando attenzione a quali scarpe metto ai piedi, come quella volta quando uscii con la destra nero-gialla e la sinistra giallo-verde…
La brezza pizzica, chiudo la lampo del piumino fino al mento. M’infilo in macchina e mi avvio verso il cantiere. È un buio incerto. Una pioggia fitta e insistente mi accompagna, le scie sul parabrezza trascinano le luci disegnando saette colorate. La città si sta risvegliando mentre percorro quelle strade e riesco a non pensare a niente. Dicono non sia possibile, invece non è così difficile e scivolo in uno stato distrattamente sospeso, riuscendo a isolarmi da tutto. Sono momenti che adoro.
Sono arrivato. Abbandono la macchina ed entro spedito in cantiere. È giorno. Quello ingenuo, non ancora travolto dal caos. Incrocio Igor, il guardiano notturno, Mangiafuoco è il suo soprannome, un rumeno di quasi due metri dal cuore tenero. Mi saluta con un sorriso pieno di denti, un'energica stretta di mano e una generosa pacca sulla spalla. Poi inforca la bicicletta e ritorna a casa. Dove e da chi, non ne ho la più pallida idea.
Avevo deciso in quell’istante, d’impulso: fanculo! Me ne sarei andato a fine giornata. Così sarebbe diventato il mio ultimo giorno di lavoro. Mi sentivo soffocare e avevo bisogno d'aria. Come al mare, quando t’immergi trattenendo il fiato, ma non puoi resistere a lungo e allora risali in superficie affamato di vita e poi guardi l'azzurro sopra di te.
Un ultimo giro di perlustrazione sul tetto di quel capannone oramai ultimato, poi avrei raccolto le mie cose in quel container puzzolente e me ne sarei andato.
Quando mi accorsi che stavo precipitando da quell'apertura per la ventilazione non ebbi molto tempo per pensare. In quei secondi niente fotogrammi della tua vita, niente su ciò che lasci, niente speranze, rimorsi o rivincite sospese, solo una paura fottuta, una paura bestia che ti prende la gola e ti strozza dentro. Le braccia come mulinelli. La vita diventa aria che sfila tra le mani.
Avrei potuto pensare a quanto idiota fossi stato. A quel buco cancellato da pensieri lontani.
Niente sul destino.
Niente su dio.
Riuscii a distrarmi solo un attimo dal panico, un ultimo sguardo alle mie scarpe.
Una giallo-nera, l'altra giallo-verde.
Il cemento era duro. Duro da morire.



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Racconto scritto il 09/11/2021 - 08:22
Da Moreno Maurutto
Letta n.503 volte.
Voto:
su 2 votanti


Commenti


Grazie Maria Luisa. Già, non lo sapevo,
ma provo affetto per "Oggi scrivo".

Moreno Maurutto 10/11/2021 - 18:02

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Grazie tante Paolo. Morire sul lavoro è inaccettabile...avevo paura di essere retorico o di scadere nel cattivo gusto dell'eccesso.

Moreno Maurutto 10/11/2021 - 17:58

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Ben ritrovato Moreno con questo bel racconto di vita quotidiana.

Maria Luisa Bandiera 10/11/2021 - 15:56

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Un racconto che si legge con le immagini più che con le parole. Parolew che, comunque, sono sempre pesate e mai fuori posto. Il tema trattato è, purtroppo, di attualità e il racconto che ne esce è lungo al punto giusto e di grande effetto. In poche parole: bravo!

Paolo Guastone 10/11/2021 - 15:02

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Grazie tante Mirko,
su "Oggi scrivo" mi sono trovato bene, ho fatto delle cose e poi ho sentito il bisogno di tornare a casa.

Moreno Maurutto 09/11/2021 - 19:25

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Fantastico!!! Il tema trattato e come l'hai trattato, le immagini che hai saputo creare e la terminologia usata che ha reso questo racconto verosimile. Moreno, tempo fa ti dissi che eri tra i miei autori di prosa preferiti...lo confermo, e sono felice del tuo ritorno

Mirko D. Mastro(Poeta) 09/11/2021 - 18:19

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