Qualcuno di recente mi ha fatto notare che nelle mie poesie, più che nei racconti, parlo spesso dei miei affetti, dei miei ricordi.
Ché dovrei essere meno diretto e più universale, più distaccato.
Un automa, un bamboccio da post, un idiota da trofeo.
Bene sentite qui: la prima volta che ho avuto un incubo dormivo tra mia mamma e il mio fratellone e per proteggermi giocherellavo con l'elastico della camicia da notte di mia mamma. Ora mio nipote fa lo stesso con il cordoncino del ciucciotto ed è un bimbo d'oro e io lo adoro come non avrei mai immaginato possibile.
Sono le 4:50 del mattino e mentre scrivo mi accorgo di avere la mente tra i capelli di Chiara come la prima volta al mare, come gli smeraldi di sapone a Marsiglia, come il verde degli alberi sotto casa, come il vento tra le dita vissute di mia nonna che mi saluta a un passo dalla fine del vicolo.
Eccomi a tre o quattro anni seduto in cucina su un tavolo di legno scuro, mia zia appena arrivata da Madrid spalma sul mio viso una crema balsamica e nutriente come l'abbraccio di una certezza senza abbandono, il sospiro prima del salto nel vuoto degli affetti più profondi.
Da un cassetto impolverato della memoria tiro fuori una foto che corre come un levriero tra i capelli ricci di quei due che sorridono in motorino: mio zio Easy Rider, io docile bimbo felice.
Improvvisamente un flashback che sa di salsedine e acqua ossigenata affiora da un'estate di t-shirt e super santos. Su, oltre gli scogli e gli sbuffi crespi ci sono una dozzina di ragazzetti che sorridono in una camera amatoriale mentre le ore passano e gli anni ristagnano.
Parlatemi del mondo e delle sue regole vacue, io sono qui e voi vi affannate a fare becera scrittura mentre ciò che voglio non è altro che liberarmi del peso dei miei ego trascorsi a cercare una realizzazione che di fatto ho sempre avuto a portata di penna.
"Perché con questa spada vi uccido quando voglio".
Ultimamente, vivo gran parte della mia esistenza come un regista che collega le bobine alla cieca sperando in un finale hollywoodiano che non sia solo effetti speciali e dialoghi appesi a un filo spinato.
Ché dovrei essere meno diretto e più universale, più distaccato.
Un automa, un bamboccio da post, un idiota da trofeo.
Bene sentite qui: la prima volta che ho avuto un incubo dormivo tra mia mamma e il mio fratellone e per proteggermi giocherellavo con l'elastico della camicia da notte di mia mamma. Ora mio nipote fa lo stesso con il cordoncino del ciucciotto ed è un bimbo d'oro e io lo adoro come non avrei mai immaginato possibile.
Sono le 4:50 del mattino e mentre scrivo mi accorgo di avere la mente tra i capelli di Chiara come la prima volta al mare, come gli smeraldi di sapone a Marsiglia, come il verde degli alberi sotto casa, come il vento tra le dita vissute di mia nonna che mi saluta a un passo dalla fine del vicolo.
Eccomi a tre o quattro anni seduto in cucina su un tavolo di legno scuro, mia zia appena arrivata da Madrid spalma sul mio viso una crema balsamica e nutriente come l'abbraccio di una certezza senza abbandono, il sospiro prima del salto nel vuoto degli affetti più profondi.
Da un cassetto impolverato della memoria tiro fuori una foto che corre come un levriero tra i capelli ricci di quei due che sorridono in motorino: mio zio Easy Rider, io docile bimbo felice.
Improvvisamente un flashback che sa di salsedine e acqua ossigenata affiora da un'estate di t-shirt e super santos. Su, oltre gli scogli e gli sbuffi crespi ci sono una dozzina di ragazzetti che sorridono in una camera amatoriale mentre le ore passano e gli anni ristagnano.
Parlatemi del mondo e delle sue regole vacue, io sono qui e voi vi affannate a fare becera scrittura mentre ciò che voglio non è altro che liberarmi del peso dei miei ego trascorsi a cercare una realizzazione che di fatto ho sempre avuto a portata di penna.
"Perché con questa spada vi uccido quando voglio".
Ultimamente, vivo gran parte della mia esistenza come un regista che collega le bobine alla cieca sperando in un finale hollywoodiano che non sia solo effetti speciali e dialoghi appesi a un filo spinato.
Racconto scritto il 21/11/2022 - 19:14
Letta n.677 volte.
Voto: | su 2 votanti |
Commenti
Mille grazie Mirella!
Marco Mitidieri 23/11/2022 - 17:00
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MARCO...Il tuo è uno scrivere originale non badare a chi mette freni alla fantasia. Uno scrittore ha bisogno dei ricordi, degli affetti, delle emozioni continua cosi che vai alla grande. ciao
mirella narducci 23/11/2022 - 16:38
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