Un’ora prima era seduto tranquillamente sulla poltrona a guardare il telegiornale fumandosi l’eterna ultima sigaretta quando la telefonata l’aveva raggiunto.
“Sono alla stazione …e volevo solo salutarti, sto partendo” aveva quasi sussurrato Deborah.
“Ho deciso così, è stato bello averti conosciuto” aveva poi aggiunto prima che lui riuscisse a rispondere.
“Ma perché te ne vai?” le aveva chiesto allora. Ma avrebbe voluto confessarle e chiederle tante cose ma non riuscì a dirle niente di più.
“Stammi bene” augurò Deborah con la voce angosciata. Poi il silenzio.
Silenzio dall’altra parte, silenzio dentro di se, un silenzio doloroso, impietoso.
Era rimasto con il ricevitore in mano, per qualche secondo, prima di agire.
Improvvisamente aveva capito che solo lei gli interessava e che non doveva, non poteva lasciarla andar via.
Si disse che probabilmente stava partendo per Parigi, per tornare dai suoi, come gli aveva preannunciato qualche giorno prima. Lui l’aveva intesa come una provocazione per saggiare i suoi sentimenti e non l’aveva presa sul serio.
Certo, era ancora un bell’uomo, interessante, perlomeno, ma aveva più di 60 anni e lei ne aveva 25 di meno. E quanto avrebbe potuto durare la loro storia, che, oltre tutto, non era ancora cominciata.?
Così ora correva tra la folla, sperando di farcela, di raggiungerla, prima che fosse troppo tardi.
A dire il vero aveva preso il taxi ma aveva dovuto abbandonarlo per i manifestanti contro la finanziaria che avevano paralizzato la circolazione.
“Maledetto governo” aveva proferito rivolto verso l’autista del taxi che aveva sorriso condiscendente. Ed ora arrancava verso la stazione facendosi largo tra la folla. Ma il caos era indescrivibile e la stazione sembrava sempre lontana. Si sentiva male, era sudato. Si sbottonò il colletto della camicia per respirare meglio ed accelerò l’andatura.
Arrivò in stazione proprio quando sentì la voce che annunciava la partenza del treno per Parigi delle ore 14 al binario 4.
Deprima della partenza.
Infine la vide, in lontananza, che stava per salire. “Deborah…Deborah” urlò disperato.
A quel punto vide come un bagliore improvviso e sentì forte lo schiaffo sulla guancia. Si ritrovò seduto nel letto abbagliato dalla luce. Sua moglie gli stava a fianco.
“Ora devi spiegarmi chi è questa Deborah, schifoso vecchiaccio” si sentì dire.
“Mi sei sembrato Stallone quando gridava Adriana … Adriana nel film di Rocky.
Si riparò dalla luce e si girò dall’altra parte….forse se avesse potuto riprendere sonno l’avrebbe potuta raggiungere, la sua Deborah.
“Sono alla stazione …e volevo solo salutarti, sto partendo” aveva quasi sussurrato Deborah.
“Ho deciso così, è stato bello averti conosciuto” aveva poi aggiunto prima che lui riuscisse a rispondere.
“Ma perché te ne vai?” le aveva chiesto allora. Ma avrebbe voluto confessarle e chiederle tante cose ma non riuscì a dirle niente di più.
“Stammi bene” augurò Deborah con la voce angosciata. Poi il silenzio.
Silenzio dall’altra parte, silenzio dentro di se, un silenzio doloroso, impietoso.
Era rimasto con il ricevitore in mano, per qualche secondo, prima di agire.
Improvvisamente aveva capito che solo lei gli interessava e che non doveva, non poteva lasciarla andar via.
Si disse che probabilmente stava partendo per Parigi, per tornare dai suoi, come gli aveva preannunciato qualche giorno prima. Lui l’aveva intesa come una provocazione per saggiare i suoi sentimenti e non l’aveva presa sul serio.
Certo, era ancora un bell’uomo, interessante, perlomeno, ma aveva più di 60 anni e lei ne aveva 25 di meno. E quanto avrebbe potuto durare la loro storia, che, oltre tutto, non era ancora cominciata.?
Così ora correva tra la folla, sperando di farcela, di raggiungerla, prima che fosse troppo tardi.
A dire il vero aveva preso il taxi ma aveva dovuto abbandonarlo per i manifestanti contro la finanziaria che avevano paralizzato la circolazione.
“Maledetto governo” aveva proferito rivolto verso l’autista del taxi che aveva sorriso condiscendente. Ed ora arrancava verso la stazione facendosi largo tra la folla. Ma il caos era indescrivibile e la stazione sembrava sempre lontana. Si sentiva male, era sudato. Si sbottonò il colletto della camicia per respirare meglio ed accelerò l’andatura.
Arrivò in stazione proprio quando sentì la voce che annunciava la partenza del treno per Parigi delle ore 14 al binario 4.
Deprima della partenza.
Infine la vide, in lontananza, che stava per salire. “Deborah…Deborah” urlò disperato.
A quel punto vide come un bagliore improvviso e sentì forte lo schiaffo sulla guancia. Si ritrovò seduto nel letto abbagliato dalla luce. Sua moglie gli stava a fianco.
“Ora devi spiegarmi chi è questa Deborah, schifoso vecchiaccio” si sentì dire.
“Mi sei sembrato Stallone quando gridava Adriana … Adriana nel film di Rocky.
Si riparò dalla luce e si girò dall’altra parte….forse se avesse potuto riprendere sonno l’avrebbe potuta raggiungere, la sua Deborah.
Racconto scritto il 07/09/2023 - 21:06
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Commenti
Simpaticissimo racconto!! Anche questo, la fine non me l'aspettavo!! Bravissimo e complimentissimi!!
Anna Cenni 07/09/2023 - 21:35
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