AGNESE VISCONTI
Ancor oggi, molti giurano che nel castello di San Giorgio, a Mantova, si aggiri un fantasma. Difficile credere sia vero, con ogni probabilità la suggestione è dovuta al fatto che l'animo umano non si rassegna al subitaneo spezzarsi di una vita, specie se giovane.
Barnabò, signore di Milano e di molte altre città, padre di Agnese Visconti, il 6 maggio 1385 era stato imprigionato a tradimento da suo nipote, Gian Galeazzo, che dopo averlo detenuto per sette mesi nel castello di Trezzo, lo avvelenò, e pochi mesi dopo riservò la stessa sorte ai due fratelli maggiori di Agnese: Ludovico e Rodolfo Visconti.
Ma la sorte peggiore era destinata proprio a lei.
Agnese, nel 1380, appena quattordicenne, era stata data in sposa dal padre a Francesco Gonzaga, figlio di Ludovico II, Capitano del popolo e vicario imperiale di Mantova.
I primi anni di matrimonio furono tranquilli, tranne che per l'improvvisa morte di Ludovico nel 1382, che costrinse il figlio sedicenne a succedergli nelle cariche politiche.
I guai cominciarono dopo la deposizione di Barnabò, quando Francesco, che voleva diventare amico di Gian Galeazzo, l'usurpatore del ducato di Milano, cominciò a trovare imbarazzante il suo matrimonio con Agnese, che invece non perdeva occasione per mostrare la sua fedeltà alla memoria del padre e appoggiava le manovre dei suoi due fratelli superstiti, Carlo e Mastino, e degli altri esuli milanesi, che avrebbero voluto scacciare con l'aiuto dei Della Scala, signori di Verona, e dei Carrara, signori di Padova, Gian Galeazzo da Milano.
I due coniugi finirono col ritrovarsi "separati in casa", ma se il Gonzaga trascurava la moglie, non erano pochi i cavalieri a essere sedotti dalle forme armoniose, dal bel volto e dalla grazia della giovane signora. Così, ciò che era inevitabile, accadde nel 1390. Un cavaliere più ardito degli altri, Antonio da Scandiano, un giovane bello e valoroso, instaurò quella che allora chiamavano: "corresponsione di amorosi sensi" con la ventiquattrenne moglie del signore di Mantova.
Secondo alcuni si trattò solo di una relazione platonica, secondo altri ci fu un vero tradimento.
Finché una dama di compagnia infedele e invidiosa, Elisabetta de Combognati, andò a spifferare tutto al marito.
Costui, stranamente, in un primo momento fece finta di non crederci. Ma Antonio da Scandiano non era tipo da aspettare passivamente che la situazione gli precipitasse addosso. Dopo aver inutilmente proposto all'amata di fuggire insieme, idea che Agnese rifiutò perché riteneva che sarebbe stata un’ammissione di colpa, si accordò con Carlo Carrara, in guerra contro Francesco e Gian Galeazzo: i due innamorati avrebbero raggiunto l'esercito dei Carrara, poi Antonio sarebbe tornato a Mantova con Carlo, il fratello di Agnese, e un gruppo di armati, per sollevare il popolo e restaurare la repubblica.
Ancora una volta i due furono vittime di un tradimento. Pierino da Bologna informò il Gonzaga della congiura.
Francesco, se forse era disposto a sopportare il peso delle corna, non lo era certo a permettere che tentassero di spodestarlo. Nel gennaio del 1391 Antonio e Agnese furono arrestati, venne imbastito un processo farsa, tutte le dame di compagnia e gli addetti alla servitù che in un primo momento avevano negato la relazione, minacciati di tortura finirono con l'ammetterla. il 5 febbraio furono interrogati Agnese e Antonio, che forse perché si erano resi conto che era ormai inutile negare, o forse per non rinnegare il loro sentimento, ammisero di amarsi.
I tre giudici si riunirono in camera di consiglio e il giorno dopo emisero la sentenza: impiccagione per Antonio da Scandiano, decapitazione per Agnese Visconti.
Tutti a Mantova si aspettavano un gesto di clemenza da parte di Francesco Gonzaga che invece, tra stupore e sdegno generali, confermò la sentenza che fu eseguita il 7 febbraio nell'orto vecchio di palazzo San Giorgio.
Il crudele signorotto si risposò due anni dopo con Margherita Malatesta che, oltre ad attirargli le ire di Gian Galeazzo, nemico dei Malatesta, che per vendicarsi cercò addirittura di farlo annegare assieme a tutti i mantovani allagando la città con le acque del Mincio, portò nella casata dei Gonzaga la malattia ereditaria del rachitismo.
Francesco morì pochi anni dopo senza gloria e fu presto dimenticato, mentre per secoli si tramandò la storia dei due infelici innamorati.
E non sono pochi quelli che a Mantova affermano di aver visto nel castello di San Giorgio aggirarsi il fantasma della sfortunata Agnese.
Nel luogo dell'esecuzione, a memoria del misfatto, nel milleottocento fu posta una targa che recita:
In questi pressi nel febbraio 1391 venne decapitata AGNESE VISCONTI sposa di Francesco Gonzaga, nell'età di anni 23.
Ancor oggi, molti giurano che nel castello di San Giorgio, a Mantova, si aggiri un fantasma. Difficile credere sia vero, con ogni probabilità la suggestione è dovuta al fatto che l'animo umano non si rassegna al subitaneo spezzarsi di una vita, specie se giovane.
Barnabò, signore di Milano e di molte altre città, padre di Agnese Visconti, il 6 maggio 1385 era stato imprigionato a tradimento da suo nipote, Gian Galeazzo, che dopo averlo detenuto per sette mesi nel castello di Trezzo, lo avvelenò, e pochi mesi dopo riservò la stessa sorte ai due fratelli maggiori di Agnese: Ludovico e Rodolfo Visconti.
Ma la sorte peggiore era destinata proprio a lei.
Agnese, nel 1380, appena quattordicenne, era stata data in sposa dal padre a Francesco Gonzaga, figlio di Ludovico II, Capitano del popolo e vicario imperiale di Mantova.
I primi anni di matrimonio furono tranquilli, tranne che per l'improvvisa morte di Ludovico nel 1382, che costrinse il figlio sedicenne a succedergli nelle cariche politiche.
I guai cominciarono dopo la deposizione di Barnabò, quando Francesco, che voleva diventare amico di Gian Galeazzo, l'usurpatore del ducato di Milano, cominciò a trovare imbarazzante il suo matrimonio con Agnese, che invece non perdeva occasione per mostrare la sua fedeltà alla memoria del padre e appoggiava le manovre dei suoi due fratelli superstiti, Carlo e Mastino, e degli altri esuli milanesi, che avrebbero voluto scacciare con l'aiuto dei Della Scala, signori di Verona, e dei Carrara, signori di Padova, Gian Galeazzo da Milano.
I due coniugi finirono col ritrovarsi "separati in casa", ma se il Gonzaga trascurava la moglie, non erano pochi i cavalieri a essere sedotti dalle forme armoniose, dal bel volto e dalla grazia della giovane signora. Così, ciò che era inevitabile, accadde nel 1390. Un cavaliere più ardito degli altri, Antonio da Scandiano, un giovane bello e valoroso, instaurò quella che allora chiamavano: "corresponsione di amorosi sensi" con la ventiquattrenne moglie del signore di Mantova.
Secondo alcuni si trattò solo di una relazione platonica, secondo altri ci fu un vero tradimento.
Finché una dama di compagnia infedele e invidiosa, Elisabetta de Combognati, andò a spifferare tutto al marito.
Costui, stranamente, in un primo momento fece finta di non crederci. Ma Antonio da Scandiano non era tipo da aspettare passivamente che la situazione gli precipitasse addosso. Dopo aver inutilmente proposto all'amata di fuggire insieme, idea che Agnese rifiutò perché riteneva che sarebbe stata un’ammissione di colpa, si accordò con Carlo Carrara, in guerra contro Francesco e Gian Galeazzo: i due innamorati avrebbero raggiunto l'esercito dei Carrara, poi Antonio sarebbe tornato a Mantova con Carlo, il fratello di Agnese, e un gruppo di armati, per sollevare il popolo e restaurare la repubblica.
Ancora una volta i due furono vittime di un tradimento. Pierino da Bologna informò il Gonzaga della congiura.
Francesco, se forse era disposto a sopportare il peso delle corna, non lo era certo a permettere che tentassero di spodestarlo. Nel gennaio del 1391 Antonio e Agnese furono arrestati, venne imbastito un processo farsa, tutte le dame di compagnia e gli addetti alla servitù che in un primo momento avevano negato la relazione, minacciati di tortura finirono con l'ammetterla. il 5 febbraio furono interrogati Agnese e Antonio, che forse perché si erano resi conto che era ormai inutile negare, o forse per non rinnegare il loro sentimento, ammisero di amarsi.
I tre giudici si riunirono in camera di consiglio e il giorno dopo emisero la sentenza: impiccagione per Antonio da Scandiano, decapitazione per Agnese Visconti.
Tutti a Mantova si aspettavano un gesto di clemenza da parte di Francesco Gonzaga che invece, tra stupore e sdegno generali, confermò la sentenza che fu eseguita il 7 febbraio nell'orto vecchio di palazzo San Giorgio.
Il crudele signorotto si risposò due anni dopo con Margherita Malatesta che, oltre ad attirargli le ire di Gian Galeazzo, nemico dei Malatesta, che per vendicarsi cercò addirittura di farlo annegare assieme a tutti i mantovani allagando la città con le acque del Mincio, portò nella casata dei Gonzaga la malattia ereditaria del rachitismo.
Francesco morì pochi anni dopo senza gloria e fu presto dimenticato, mentre per secoli si tramandò la storia dei due infelici innamorati.
E non sono pochi quelli che a Mantova affermano di aver visto nel castello di San Giorgio aggirarsi il fantasma della sfortunata Agnese.
Nel luogo dell'esecuzione, a memoria del misfatto, nel milleottocento fu posta una targa che recita:
In questi pressi nel febbraio 1391 venne decapitata AGNESE VISCONTI sposa di Francesco Gonzaga, nell'età di anni 23.
Opera scritta il 01/12/2022 - 19:17
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Commenti
Un grandissimo grazie per l'interesse, l'attenzione e le riflessioni su questo piccolo mio a Mary L. Anna Canni, Marina Assanti.
Ad Maiora!!))
Ad Maiora!!))
Aquila Della Notte 02/12/2022 - 11:44
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La storia sono i fatti, le azioni, la poesia sono sogni, sentimenti, ricordi, è anima... io dico quel che penso io, non deve avere un valore assoluto!
Ognuno ha il suo sentire, ci mancherebbe.
Ognuno ha il suo sentire, ci mancherebbe.
Marina Assanti 01/12/2022 - 23:52
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Ma Marina,la storia non è fatta di persone? Cmq non voglio tediare Aquila, dormite tutti bene!!
Anna Cenni 01/12/2022 - 23:46
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Certo, io intendo sogno... sentimento, emozione, anima... e nelle vite delle persone, non tutte, sogni e sentimenti ci sono, ma la storia riporta i fatti.
E nei fatti raramente c'è poesia.
Serena notte a tutti!
E nei fatti raramente c'è poesia.
Serena notte a tutti!
Marina Assanti 01/12/2022 - 23:41
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Dipende cosa si intende per poesia.
Anna Cenni 01/12/2022 - 23:36
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C'è molto poca poesia in questa storia, carissima Anna, purtroppo. C'è la sete di potere degli uomini, la vanagloria... la violenza (intrighi, torture e condanne a morte), sempre molto in voga.
C'è anche l'aspetto romantico nel sentimento dei due sfortunati innamorati che li porterà a una fine orrenda.
Interessante e molto ben scritta pagina di Storia, Aquila della Notte.
Sempre piacevole e istruttivo leggerti.
Complimenti!
C'è anche l'aspetto romantico nel sentimento dei due sfortunati innamorati che li porterà a una fine orrenda.
Interessante e molto ben scritta pagina di Storia, Aquila della Notte.
Sempre piacevole e istruttivo leggerti.
Complimenti!
Marina Assanti 01/12/2022 - 23:31
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Interessante racconto, anche qui in certi castelli raccontano di presenze..
Giovani rimaste sposate senza ricambiare e poi il loro vero amore partito in guerra senza più ritorno.
Bravo, ciao
Giovani rimaste sposate senza ricambiare e poi il loro vero amore partito in guerra senza più ritorno.
Bravo, ciao
Mary L 01/12/2022 - 22:28
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Molto interessante, spesso leggo libri di storia, romanzata a volte!! Trovo che la poesia le si addica, poiché credo la storia sia poesia della vita.
Anna Cenni 01/12/2022 - 22:21
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