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In compagnia di due francesi e mezzo a Firenze (I)

Aspettava nel corridoio da quasi tre quarti d’ora.
Lo aveva chiamato la sua amica redattrice -Pronto!?-. <Sono io, lo ha letto. Vieni nel pomeriggio>. Gli aveva detto poi di aspettare lì, l’editore sarebbe arrivato.
Iniziava a sentirsi ansioso nella camicia che pareva non avesse avuto il piacere di un incontro col ferro da stiro. Lo sguardo gli sfuggì da sotto gli occhiali nello spiraglio della porta semiaperta fin sulla scrivania: era lì anche il suo libro. O meglio, quei fogli tenuti assieme da quattro dorsini bianchi. Li riconosceva dall’immagine sfocata in copertina, colpa della vecchia stampante a un solo colore. Si fece coraggio, entrò. Da fuori non si poteva vedere la fascetta di carta che teneva uniti tutti e quattro i dattiloscritti. Sopra in inchiostro rosso RESPINTO.
Una parola tanto potente, persino cruda non poteva essere stata scritta da quella meraviglia che sembrava le riposasse accanto: cappuccio e corpo marrone laccato, capace di adattarsi ai mancini o ai destrimani. Eppure… il tratto sottile e netto, l’inchiostro che secca senza lasciare macchie. La conosceva bene: meccanismo a scatto retraibile, pennino medio. Era senza dubbio una Parker Sonnet. A sfera, assemblata a mano. Quasi senza pensare a quella parola così dura la prese con delicatezza, la sollevò piano adagiandola altrettanto piano su uno dei tanti fogli bianchi… scorreva senza alcun tipo d’attrito. Come iniziavano a scorrere i suoi pensieri. Ad un tratto la punta rientrò, riportando il suo sguardo sulla fascetta. Un riverbero dall’unica finestra gli fece appoggiare la mano aperta tra la fronte e gli occhi. Bastò uno sguardo, e si sentì avvincere dalla parete di fronte. Un David, La morte di Marat. Si sentiva confuso… il rigagnolo di sangue dal costato era così reale. Aveva le vertigini, come se fosse in piedi sul davanzale. Colpa del riverbero, pensò. Un capogiro lo costrinse ad appoggiarsi al muro. Fu allora che vide il foglio insanguinato che il rivoluzionario francese stringeva nella mano. Iniziava a mancargli l’aria, come se la stanza si stringesse attorno a lui. E gli batteva forte il cuore. Si accorse dei dattiloscritti appoggiati sul petto, non ricordava di averli presi dalla scrivania. Una mano sempre incollata al muro accanto al quadro, l’altra sulla nuca grondante di sudore. Una strana sensazione lo pervase, ma non era dolore: la penna aveva oltrepassato il libro ma non doveva aver toccato nessun organo vitale, non sentiva quasi niente.
Il libro sanguinava. Non era possibile, si disse, l’inchiostro della Parker non sbava. Mai. E’ progettata per questo.
Alle sue spalle le parole dell’editore lo scossero <<Non faccia caso a quel Respinto, è così impersonale… Ma è la prassi. Senta, alleggerisca alcuni passaggi e semplifichi qua e là il linguaggio. Ci rivediamo tra una settimana>>. Le stesse parole gliele aveva dette un’altra sua amica prima che prendesse il treno.
La penna ora scriveva con classe in un elegante tratto nero <<Ancora una cosa… si trovi un nome da scrittore. Mirko D. Mastro è da poeta di rime e stenti, insomma>>.
Mentre percorreva a piedi la strada per la stazione sentiva ancora sulla punta della lingua il profumo croccante dell’inchiostro. A distrarlo fu un passante che lo urtò accidentalmente, un impersonale Pardon e continuò in tutta fretta. L’uomo fece per chinarsi a raccogliere i dattiloscritti, e un volantino sospinto dal vento gli si impigliò alla scarpa: Mostra di Jacques-Louis David a Palazzo Strozzi.
“Una monetina pour Dominique Noir, pour moi…” un clown di strada.
Ci pensò un istante, forse poteva andare bene -Te ne darò due per il tuo nome-.
“Et moi!?”.
-…che ne dici di Jean-Paul?-.
“Merci”.
L’uomo si ricordò che aveva un treno da prendere.
“Mon amie… non esiste il fallimento, salvo quando smettiamo di provare. L’ha detto Marat”.



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Scrittura creativa scritta il 20/10/2020 - 18:17
Da Mirko D. Mastro
Letta n.676 volte.
Voto:
su 2 votanti


Commenti


Un testo preciso, scritto in modo eccellente.
Sempre più bravo a far passare l'emozione attraverso gesti ordinari, oggetti...
da essi passa anche il travaglio interiore, ma la vita si riprende il suo spazio... per crederci ancora...
Molto bello, da leggere

Grazia Giuliani 22/10/2020 - 17:24

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Un racconto che va centellinato nella lettura fino alla fine. Come sempre bisogna saper leggere tra le righe, è chiaro in questo racconto che c'è una grande paura di sbagliare, di non essere apprezzati ma si conclude poi in positivo con la frase "non esiste il fallimento salvo quando si smette di provare". Molto apprezzato!

Maria Luisa Bandiera 21/10/2020 - 14:04

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Non c'è migliore amica di una penna. Se poi è Parker,si è raggiunto l'apice. Una penna, dei fogli e tanta fantasia. Sempre bravo!

Teresa Peluso 21/10/2020 - 00:44

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Anche di fronte ad una “stroncatura” il poeta-scrittore è portato via dal suo fantasticare di fronte alla riproduzione di un celebre quadro. Il detto del protagonista del quadro gli darà la forza per continuare. Un’altra protagonista è una splendida penna, magica per chi scrive ancora a mano. Mirko, mi è piaciuto moltissimo il tuo racconto.

Anna Maria Foglia 20/10/2020 - 22:35

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