sarei ancora pronto a scusarmi con te, dolcezza.
Urlo alla luna come un licantropo,
cosa abbiamo preparato per i nostri figli?
Frusciano nell’erba alta serpenti scarlatti,
sei ancora in comando di questa nave che sbanda.
In derelitti campi di grano i miei auguri si perdono:
stai davanti alla porta di uscita con le braccia larghe e i fianchi stretti.
Ero solo un ragazzino quando tu hai fatto abiura senza contegno,
senza pudore, senza pensarci un attimo su.
Sei stata frettolosa mentre sul mio volto spuntava ancora l’ombra di un acne adolescenziale.
Più forti di noi si sono rivelate le nostre paure.
Ora che sei lontana da me, l’incallito spuntare di pretendenti non mi tocca più.
Rendili tristi, rendili osceni, rendili folli, rendili partecipi, falli piangere.
Che cosa possiamo dire di quello che sta capitando?
Dietro il tuo sarcasmo quiete ombre di luce giacciono.
Come il giorno si spegne così la torturata consapevolezza del nulla è per nulla.
Cadendo giù, cascando dalle spante disillusioni di avere ragione
mentre l’argento nei tuoi capelli brillava nel piatto sole di novembre.
Parlando ad alta voce delle tue paure, hai fatto ricorso alla legge.
Notte dopo notte, si gira e si rigira nella mia testa,
nell’angolo di qualche mondo perduto,
dobbiamo disegnare la parte ultima,
prendendoci cura di un sogno.
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il cuore, mi dispiace.
Quel nulla ti ha lasciato addosso
profonde ferite.
Ciao caro