E m’accingevo a provare un’emozione che avevo sepolto
sotto alcuni metri di terra, in una olla,
dopo aver rassodato la terra
sentendo l’arsura divorarmi la pelle.
sotto alcuni metri di terra, in una olla,
dopo aver rassodato la terra
sentendo l’arsura divorarmi la pelle.
Come il volo di un gabbiano gira e rigira circospetto,
così ti ho conosciuta, traendo intorno a te le granaglie
e il frumento di un raccolto nuovo.
Ed eri nervosa, lo sentii accostando la mia faccia al tuo petto.
Ieri abbiamo fatto il presentat’arm con i nostri lacci
e i nostri lustrini,
abbiamo marciato per ore, raccogliendo un saluto
e ci siamo inginocchiati a comando.
La città è lontana e fredda, vive di vita propria,
nei grossi viali e negli archi
che assomigliano a un cenotafio
ormai mangiato dal tempo.
E m’accingevo a togliere il terreno di troppo,
scavando con le mani per cercarti,
con le mani imploranti, sanguinanti, graffiate
che sentivano la consistenza della tua pelle.
Poesia scritta il 19/01/2017 - 14:43
Da Giulio Soro
Letta n.1097 volte.
Voto: | su 2 votanti |
Commenti
cruda, come tutte le tue
ma bellissima
ma bellissima
laisa azzurra 20/01/2017 - 11:58
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Immagini suggestive molto ben curate con grande stile poetico ci raccontano di un cuore che non riesce a darsi pace per un amore che avrebbe ancora molto da dire. Complimenti.
Francesco Scolaro 19/01/2017 - 18:35
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