Signore di deserti Reami.
Arroccato nella fortezza della solitudine,
a guardia dell'assedio del tempo,
tiranno del mio stesso destino.
Presiedo sul trono dell’agonia,
impugno la spada delle vittorie mutilate,
sulla fronte sfoggio una corona di rimpianti
e il mio stendardo al vento dei tradimenti.
Sono portavoce del dolore
ma come il vuoto, io taccio.
Scruto vallate di rovine
cieli cupi, di bitume.
Ho travolto gli eserciti da ogni versante,
gli amici lontani, i nemici vicini.
Specchi neri mi riflettono,
statue deturpate, arazzi severi,
torce esauste, finestre sbarrate.
Alla mia tavola, file di troni vuoti,
vassoi di fame, calici di sete.
Fiori appassiti, candele fioche,
liuti silenti, flauti spezzati;
Al nero banchetto divoro cenere di stenti,
nodi di corde, ferro di catene.
Da una coppa di rammarico
sorseggio vino di lacrime.
Sia di giorno o di notte.
Invano, nelle buie stanze, negli antri ciechi
inseguo il desiderio di una voce, una qualsiasi;
che non sia ancora una volta l’eco
del mio fragile sussurro a corrermi incontro.
Austero, vago negli antri ombrosi,
mi ergo a sentinella all'orizzonte grigio,
con sguardo truce, scruto,
dalle torri di basalto alle fondamenta di ossa.
Ho murato i confini; rafforzato le distanze.
Per un regno deserto, come grava questa corona!
Monarca e servitore delle cause perse,
difensore dei pentimenti e delle sopraffazioni.
Condottiero di legioni disperse,
custode della vergogna, fautore dell'ira.
Una maschera di occhi vacui per
celare il vuoto che c'è dietro; il corpo di rovi,
un cuore di spine. Nebbia fuori, tempesta dentro.
Io so che il nemico è qui...
Ad ogni svolta mi insegue, mi cammina di fianco,
mi spia nei riflessi, bisbiglia nel mio sonno.
E' sempre con me, non mi lascia mai.
Freme, scalpita, geme, piange.
Il nemico è qui, dentro di me.
Sono il Re del Silenzio, l'illusione più evanescente
in un mondo dimenticato dai fantasmi.

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