vivida fuor or sbalzi madre
nell'algido meriggio
che mi trova triste e solo.
Fluttuante tra il tutto e il nulla
si riaprono al cuore itinerari
di giorni remoti e rammento
quando fanciullo al tuo braccio
aggrappato mi facevo sicuro
tra le vie ancora sconosciute
di una città troppo grande
per noi venuti da un borgo
che poche anime assommava.
Tuona e dardeggia il cielo
in questo meriggio ottobrino
fine e intensa cade la pioggia
e dilava in me polvere di anni
anni difficili, duri, insicuri 
colmi di stenti e patimenti
difettivi per te di avvenire e sogni.
Si viveva allora alla giornata
fluttuando tra flutti e maree di precario:
oh come rammento quante volte
per stanchezza reclinavi il capo
sulla sedia dopo un pasto frugale 
per poi alle prime luci dell'alba 
già essere pronta a fronteggiare 
un divenire avaro di prospettive
ma senza abdicare del tutto
per noi a una labile speranza 
che mutasse un prescritto destino.
Da quanto da me ti sei separata
non so più dire, il conto torna
solo se sosto davanti alla tua tomba
e mi costringo a contare gli anni 
non ammetto, e ostinato respingo, 
che tu da tanto mi abbia lasciato
solo, in balia di un mondo balordo 
in cui pur vivo o sopravvivo
che invecchiato  schivo e quasi ignoro.
Che sommo bene più mi resta 
oltre il tuo irriducibile ricordo
e le avvisaglie della morte 
che a piè lento si avvicina
dal confine di una luce oscura
che abbuia e emana terrore.
Nella rappresentazione reciterò 
ancora con zelo fino all'ultimo  
la farsa di essere, remissivo 
interpreterò fedele la parte 
che non scelsi ma mi fu assegnata.
Fiducioso auspico di ricongiungermi
a te quanto prima e darti un bacio.
Riabbracciarti attendo e sogno!
Poesia scritta il 23/03/2019 - 19:15Voto:  |  su 1 votanti  | 
	
Sorry
laisa azzurra  
 23/03/2019 - 21:05 Una poesia perfetta, d'altri tempi
Complimenti
laisa azzurra  
 23/03/2019 - 21:04 
Maria Isabel Mendez  
 23/03/2019 - 20:57 
                        


