RACCONTI |
In questa sezione potete consultare tutte le poesie pubblicate per argomento. In ogni caso se preferite è possibile visualizzare la lista delle poesie anche secondo scelte diverse, come per ordine di mese, per argomento , per autore o per gradimento. |
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Lista Racconti |
IL MIO ANGELO CUSTODE Finalmente un
po’ di relax, guardo di sottecchi i miei figli che gironzolano per casa, ormai sono degli uomini forti, vigorosi, belli e sani…. Sani, già questa parola la vedo proiettata nella mia mente a caratteri cubitali fino a trapassarmi l’anima e penetrare nella nebbia dei miei ricordi…… Un dolore lancinante e come in un film a rallentatore rivivo quei momenti. Sono passati quattordici anni ma, la ferita ancora non si rimargina, eccomi là con in mano l’esito della mia gravidanza tanto desiderata: “POSITIVO”. Salti di gioia e poi cercare febbrilmente mio marito per dagli la notizia. Sembriamo due adolescenti innamorati persi alla prima esperienza e invece era già la terza gravidanza!!!! I giorni si susseguono rapidamente in un’atmosfera ovattata quasi irreale, sono al settimo cielo, e tra un’ecografia e l’altra eccomi arrivata al quarto mese, ancora un’analisi importante l’amniocentesi e poi potrò godermi tranquillamente la gravidanza. Piccolo mio, sento i tuoi primi timidi e... (continua) ![]() ![]() ![]()
Il movente Lo stupore iniziale aveva lasciato il passo a un’ottenebrante angoscia. I volti delle guardie carcerarie seguivano l’espressione di Angelo, il cui solo dovere era quello di alzare le maniche della sua camicia, ogni volta che esse tendevano a ricadere sopra i polsi minuti.
«Non nascondo niente. Lasciatemi in pace!» gli venne da urlare, avanzando la sedia di qualche centimetro, rispetto alla posizione stabilita. «Tuo padre sta entrando: ti teniamo d’occhio.» L’uomo incarcerato non riconobbe il figlio che gli si era posto dinanzi: erano trascorsi quindici anni, nessun’altra visita, eccetto quella di un giornalista del Popolo Unito, interessato a ricostruire i fatti del duplice omicidio di Acquaviva. ![]() ![]() ![]()
Il palazzo della vergogna Ammanettarlo non aveva creato problemi. Anzi sorrideva mentre i carabinieri lo circondavano, armi in pugno, sui portici di Palazzo Uguccioni in piazza della Signoria.
Una schiera di Fiorentini osservava la scena a naso in su’ nella piazza affollata da turisti errabondi. Patergo guardava le manette ai polsi e rideva a crepapelle, continuava ad inciampare con gli stivali nei bordi del lungo mantello nero in cui era avvolto. Il maresciallo si fece largo fino a trovarselo di fronte. Lo guardò intensamente per cercar di comprendere dalle espressioni della faccia che persona fosse Patergo. -Perché hai gettato di sotto quella donna? Gli chiese. -Clementina era lo nome di costei. Quando le chiesi la mano lei si promise a me come donna di casa, e ciò fù per lungo tempo.Un dì cominciò a dipinger cose umane anziché d’agnello e pane, la tavola imbandir. Ordì, a mia insaputa un intrigo, del quale porto ancor vergogna. Ella ritrasse lo corpo nudo di un giovane a lei parente ed a tale offesa ... (continua) ![]() ![]() ![]()
Il pescatore Era notte fonda e l’ avevano svegliata di soprassalto, il cuore le martellava impazzito, qualcuno, senza tregua bussava insistentemente alla porta.
S’ alzò da quello che poteva sembrare tutto tranne che un letto, un pagliericcio con le molle rotte, i cui spuntoni le si conficcavano nelle carne facendole un male cane. Già, i cani sentono dolore e lei era diventata quasi un animale per come viveva. Intanto sembrava che volessero buttarle giù la porta. Sentiva una voce: ” Comare Rosina, comare Rosina…” Lei s’ alzò e scalza, camminando a fatica, gridò: ” Ma chi è? Un attimo!” Scese le scale di legno ed aprì la porta trovandosi così davanti a zia Peppa, l’ anziana donna che viveva vicino al piccolo molo. Tutta agitata le disse: ” Hanno trovato la barca.” Rosina si mise la mano sulla bocca per trattenere l’ urlo che le risaliva dal petto e con un filo di voce, chiese: ” Dov’è? Ditemi, ditemi dove l’ hanno trovata.” Peppa rispose: ” Lo conoscete, Salvatore, il figlio del pesc... (continua) ![]() ![]() ![]()
Il Pescatore di Rose In questa notte che mi parla da lontano sogno il mio capitano e lo vedo tornare a bordo di quella donna che sfida la mia gelosia. Il risveglio mi lascia il sapore di una speranza viva che io ingoio, conservando la perla di una promessa. Della mia vanità ho fatto una collana che nascondo sotto la divisa dell'ingenuità e che io porto, obbligata dalla mia età.
Nel tempio abbandonato da un culto superato, io facevo voti per il mio amato e mi promettevo ad un dio perché lo facesse mio. Pregavo per farmi amare, come lo vedevo fare la notte, quando la sua forza mi portava a scappare e l'innocenza la potevo toccare con carezze rubate a donne fortunate, che la mia fantasia sostituiva a quelle mancate. ![]() ![]() ![]()
Opera non ancora approvata!
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Opera non ancora approvata!
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IL PRESAGIO IL PRESAGIO
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Il prestito Quando i Cimbri, sconfitti da Roma agli albori della sua grandezza, si ritirarono sull’altopiano per fondarvi una piccola federazione, mai avrebbero potuto immaginare il remoto destino dei loro sette insediamenti.
“Sette Comuni” divenne il nome col quale, ancor’oggi, è conosciuto l’altopiano. Se pochi ricordano l’origine del nome, la sua notorietà è invece legata a un tragico primato: l’altopiano detto “dei sette comuni”, è il luogo dove più a lungo di ogni altro, in Italia, infierì la Grande Guerra. Tutto ebbe inizio il 24 maggio 1915. Forse il Piave mormorava calmo e placido, come ricorda la famosa canzone, di sicuro alle 4,00 di quel mattino, tuonava una batteria di mortai da 280, piazzati nel forte Verena, a nord-ovest di Asiago. Furono i primi colpi d’artiglieria italiani diretti verso il territorio austriaco. A quei tiri ne seguirono troppi altri, dall’una e dall’altra parte, portando alla devastazione gli sventurati borghi dell’altopiano, che ne fu crivellato, sfigurato... (continua) ![]() ![]() ![]()
Il protettore d'uomini -No, no, no, Dio mio...-
Filtrava una luce debole e polverosa dalle tapparelle. -Cosa faccio? Dove vado? Dove?- Dalla porta della sua camera si sentì bussare. Non poteva più aspettare, doveva agire subito. Non poteva uscire semplicemente dalla porta, no: lo aspettavano proprio lì. Dalla finestra? No, neanche. Potevano essere anche là. Doveva nascondersi, ma nessun posto era adatto. -Il muro!- Prese a scavare il muro con la forza che aveva nelle mani. Vedeva le unghia scoticarsi, il sangue fluiva dalle sue mani, ma era come se non sentisse il dolore. Che importava del dolore! Quel muro lo avrebbe salvato! Così solido e resistente, un riparo più che valido in cui sparire. -Non va, non funziona!- Ben presto ogni sforzo si rivelò inutile. Sembrava non ci fosse via d'uscita. Un lampo, però, squarciò il buio della sua mente annebbiata: aveva la pistola. -Ma certo! Certo, certo...- Rise freneticamente. Dietro la porta bussarono con più insistenza. ![]() ![]() ![]()
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