UN NARRATORE INATTENDIBILE
Le istruzioni sono:
Scrivete una storia in cui il narratore è inattendibile (può essere un folle, un bambino appena nato, un animale che racconta delle sue tribolazioni per vivere, un adolescente che critica i genitori, una persona morta in un incidente che spiega le cause e via dicendo). Scatenate la vostra fantasia.
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Una folle immaginazione.
Avevo la strana abitudine di starmene alla finestra della mia camera per la maggior parte del giorno. Un’ abitudine davvero insolita, penserete ma smentirò le vostre deboli menti dicendovi che, nonostante tutto quel bel giardino e le grazie divine che l’ospedale offriva, c’era molto poco da fare.
Perché sono finita qui dentro? Non lo so nemmeno io. I medici avevano avvertito i miei genitori di una certa malattia mentale dedita ad immaginare ogni cosa mi capitasse nell’arco della giornata. Non ero sicura nemmeno io di cosa dicevo, facevo o addirittura mangiavo. Tutto per me era un’ avventurosa immaginazione. La vita stessa era una bugia, l’insieme degli affanni e della gioie … tutto una dannatissima bugia.
La verità, però, era un’altra. A me piaceva stare in quel posto decorato in modo angosciante e squallido. Le pareti verdi e le porte delle varie stanze bianche non davano di certo un aspetto gradevole alla struttura, eppure a me piaceva.
Tutto oscillava fra la noia e il dolore. Non parlavo mai con nessuno se non con la donna delle pulizie. Era simpatica ma spesso mi capitava di prenderla in giro per il suo aspetto grassottello e il suo modo imbranato di muoversi. << Oh Elise! Sei una bugiarda, mi rincuora sapere che quello che pensi siano solo attributi inventati dalla tua mente >> mi diceva sempre per scappare dalla realtà, io le sorridevo e tornavo a guardare fuori dalla finestra.
Sì, ero una bugiarda cronica e alla mia vita bastava sapere questo.
Sono sincera nel dirvi che spesso mi sentivo confusa su tutto. Ripetevo continuamente il mio nome nella mente sperando che, anche quello, non fosse solo frutto della mia malattia mentale.
Ero giunta alla conclusione che questo disturbo, diagnosticato all’età di diciassette anni, fosse nato da un constante abbandono dalle persone a me care. Forse mi ero immaginata tutto. Forse era convinta di aver fatto ogni cosa in mio possesso per farle rimanere al mio fianco o forse, più semplicemente, non avevo fatto niente. La mia testa si arrovellava costantemente, tutti i giorni, tutte le ore per cercar di ricordare un dettaglio in più che, anche se poco, mi avrebbe aiutato a sapere la verità su di me. Eppure tutta quella fatica, tutti quei sacrifici e tutte quelle risate condivise … non erano un sogno. Era stata la mia vita, Dio!
Chi siete voi, medici, per poter distruggere così velocemente il mio album fotografico?!
Un attimo dopo mi sentivo persa di nuovo pensando fosse tutta una mia immaginazione! Magari quelle persone non erano nemmeno esistite ed io invece, a distanza di anni, ero ancora lì, sul davanzale di quella finestra, a disegnare i loro volti.
Un giorno venni a sapere della morte della mia anziana infermiera, sapevo che prima o poi sarebbe successo. Era troppo vecchia e vederla lavorare così duramente mi intristiva. Non che desiderassi la sua morte, ovvio.
Al suo posto fu assunta una ragazza, più o meno mia coetanea. Da quel giorno la noia e il dolore scomparvero, per me. Più la guardavo e più mi innamoravo. Lei non era una mia immaginazione. Lei era vera. Tutto quello che faceva era maledettamente vero.
<< Come ci sei finita in questo posto? >> le chiesi stringendole la mano, mi rispose << Non lo so ma spero di rendermi utile >> sorrise delicatamente.
Il tempo passava ed io la amavo sempre di più. Mi sembrava, quasi, di essere guarita ma la paura che tutto fosse folle fantasia continuava a perseguitare i miei sogni.
La guardavo, la ammiravo … ne feci la mia vita.
Sapevo di essere diventata pazza. Pazza nel momento in cui sapevo che, una volta uscita, quello che avrei raccontato non sarebbe stata una storia irreale. È come essere stati travolti da qualcosa di pesante ma allo stesso tempo piacevole. Volevo raccontare di lei a tutto il mondo. Scriverci libri … << ma cosa sto dicendo? >> pensai improvvisamente, chi mi avrebbe mai creduto?
Eppure voi mi state ad ascoltare. Voi sapete di lei. Non abbiate timore, lei esiste davvero … dentro ognuno di noi, esiste davvero.
In tutta questa oscurità che il mondo ci offre, lei è l’immaginazione più audace e giusta che un uomo, ancora sognatore, può permettersi.
Perché sono finita qui dentro? Non lo so nemmeno io. I medici avevano avvertito i miei genitori di una certa malattia mentale dedita ad immaginare ogni cosa mi capitasse nell’arco della giornata. Non ero sicura nemmeno io di cosa dicevo, facevo o addirittura mangiavo. Tutto per me era un’ avventurosa immaginazione. La vita stessa era una bugia, l’insieme degli affanni e della gioie … tutto una dannatissima bugia.
La verità, però, era un’altra. A me piaceva stare in quel posto decorato in modo angosciante e squallido. Le pareti verdi e le porte delle varie stanze bianche non davano di certo un aspetto gradevole alla struttura, eppure a me piaceva.
Tutto oscillava fra la noia e il dolore. Non parlavo mai con nessuno se non con la donna delle pulizie. Era simpatica ma spesso mi capitava di prenderla in giro per il suo aspetto grassottello e il suo modo imbranato di muoversi. << Oh Elise! Sei una bugiarda, mi rincuora sapere che quello che pensi siano solo attributi inventati dalla tua mente >> mi diceva sempre per scappare dalla realtà, io le sorridevo e tornavo a guardare fuori dalla finestra.
Sì, ero una bugiarda cronica e alla mia vita bastava sapere questo.
Sono sincera nel dirvi che spesso mi sentivo confusa su tutto. Ripetevo continuamente il mio nome nella mente sperando che, anche quello, non fosse solo frutto della mia malattia mentale.
Ero giunta alla conclusione che questo disturbo, diagnosticato all’età di diciassette anni, fosse nato da un constante abbandono dalle persone a me care. Forse mi ero immaginata tutto. Forse era convinta di aver fatto ogni cosa in mio possesso per farle rimanere al mio fianco o forse, più semplicemente, non avevo fatto niente. La mia testa si arrovellava costantemente, tutti i giorni, tutte le ore per cercar di ricordare un dettaglio in più che, anche se poco, mi avrebbe aiutato a sapere la verità su di me. Eppure tutta quella fatica, tutti quei sacrifici e tutte quelle risate condivise … non erano un sogno. Era stata la mia vita, Dio!
Chi siete voi, medici, per poter distruggere così velocemente il mio album fotografico?!
Un attimo dopo mi sentivo persa di nuovo pensando fosse tutta una mia immaginazione! Magari quelle persone non erano nemmeno esistite ed io invece, a distanza di anni, ero ancora lì, sul davanzale di quella finestra, a disegnare i loro volti.
Un giorno venni a sapere della morte della mia anziana infermiera, sapevo che prima o poi sarebbe successo. Era troppo vecchia e vederla lavorare così duramente mi intristiva. Non che desiderassi la sua morte, ovvio.
Al suo posto fu assunta una ragazza, più o meno mia coetanea. Da quel giorno la noia e il dolore scomparvero, per me. Più la guardavo e più mi innamoravo. Lei non era una mia immaginazione. Lei era vera. Tutto quello che faceva era maledettamente vero.
<< Come ci sei finita in questo posto? >> le chiesi stringendole la mano, mi rispose << Non lo so ma spero di rendermi utile >> sorrise delicatamente.
Il tempo passava ed io la amavo sempre di più. Mi sembrava, quasi, di essere guarita ma la paura che tutto fosse folle fantasia continuava a perseguitare i miei sogni.
La guardavo, la ammiravo … ne feci la mia vita.
Sapevo di essere diventata pazza. Pazza nel momento in cui sapevo che, una volta uscita, quello che avrei raccontato non sarebbe stata una storia irreale. È come essere stati travolti da qualcosa di pesante ma allo stesso tempo piacevole. Volevo raccontare di lei a tutto il mondo. Scriverci libri … << ma cosa sto dicendo? >> pensai improvvisamente, chi mi avrebbe mai creduto?
Eppure voi mi state ad ascoltare. Voi sapete di lei. Non abbiate timore, lei esiste davvero … dentro ognuno di noi, esiste davvero.
In tutta questa oscurità che il mondo ci offre, lei è l’immaginazione più audace e giusta che un uomo, ancora sognatore, può permettersi.
Scrittura creativa scritta il 26/03/2015 - 22:52
Da FraAaron 759
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Voto: | su 2 votanti |
Commenti
Lei, speranza e amore!
Scrittura creativa molto piaciuta!
Il mio voto è "molto buono".
Scrittura creativa molto piaciuta!
Il mio voto è "molto buono".
Maria Valentina Mancosu 27/03/2015 - 22:51
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Mi è piaciuto molto il racconto, anche se non ho ben capito la morale, o meglio, ci ho dato la mia interpretazione. Ma forse è proprio quello che volevi trasmettere
Axel Super Tramp 27/03/2015 - 11:51
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Fra, sei imperscrutabile. almeno per me, vecchierello, un racconto difficile da capire. Aiutami se vuoi.
Roberto Colombo 27/03/2015 - 09:54
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