DA UNA POESIA CREA UNA STORIA
Le istruzioni sono:
prendi una poesia qualsiasi che per qualche motivo ti ispira e partendo da quella scrivi un racconto breve riportando all'inizio la poesia, anche tua, che ti ha ispirato
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Il sabato del villaggio
Teresa avrebbe dormito fino a tarda mattina, se non fosse stata per la madre che con premura le ha ricordato che il sole avrebbe arse le piantine lasciate con le radici nell’acqua, fuori al balcone, ove non le avesse piantate subito, al fresco del primo mattino. Si stiracchia giù dal letto, si strofina gli occhi con le mani e poi dice: ma che noia svegliarsi all’alba e fare la vita da contadina. Era da tempo che pensava di voler cambiare vita; ogni giorno era un incubo, chiudeva gli occhi e pensava alla città e alle belle storie raccontate dai cugini, che da tempo avevano abbandonato la campagna e si erano trasferiti nel centro urbano. Intanto si reca nel podere di famiglia, con fatica alza in su la lama della zappa. Quando la scendeva, anzi, era come se prendesse una discesa e riposava; si rianimava per un attimo. La terra non riusciva a vederla tutta zappata. La vedeva, permanente tappeto di gramigna, e stentava ad andare avanti per far crescere lo spazio marrone delle zolle voltate e rivoltate per fare i solchi e seminare le piantine. Guarda il cielo e invoca la forza per andare avanti e il riposo per la fine di quel suo calvario, mentre i suoi cugini stavano studiando o imparando un mestiere di artigiano in città. Si ripeteva non ho scelto questa vita, è stato naturale vista la mia famiglia e nessuno può negare che la terra è una brutta bestia! Non c’è lavoro più pesante di quella della contadina e pensava spesso quanto in giro si diceva che quello di emigrante e minatore fosse peggiore. Rifletteva che tutto sommato era vero, perché si era portati anche a vivere freddamente la solitudine della miniera e del paese straniero, senza i suoi amici e i suoi conoscenti paesani. Quella mattinata l’aveva vissuta come una delle peggiori che le sia capitata; una giornata per la quale veniva facile prevedere una sorta di brutti presentimenti, anche se poi non sarebbe accaduto nulla di male. Ma si sa che Teresa non ha grandi e frequenti motivi di piacere o di normali e felici stati d’animo, la fatica che l’aspetta e le tribolazioni continue sono lo scenario sentimentale della sua quotidianità. E quando pensa in una prospettiva di cose maggiormente pesanti e tristi, il giorno e le notti diventano pesi, motivi di foschi sentimenti duri da sopportare. C’è nell’animo della contadina una sorta di tristezza permanente, cui s’è abituata fino al punto di non notarla più; una vita votata al sacrificio e le gioie erano per gli altri, per i fortunati che avevano avuto la possibilità e la capacità di evitare il sacrificio del lavoro della terra. La fanciulla viene dalla campagna, al tramonto, con l’erba che ha raccolto per i suoi animali; e con in mano un mazzo di rose e viole, con le quali si prepara per ornarsi domani, il giorno di festa, il petto e i capelli. Una vecchia signora è seduta con le vicine sull’entrata di casa sua a filare, rivolta verso il tramonto; parla della sua giovinezza come se raccontasse una bella favola, e parla di quando anche lei si ornava con i fiori, e ancora sana e snella era solita danzare la sera in mezzo a quelli che furono i suoi compagni di giovinezza. L’aria si fa scura, e il cielo, che nel crepuscolo era pallido, ora ritorna azzurro cupo e le ombre si allungano, giù dai colli e dai tetti, alla luce della luna appena sorta. Ora la campana annuncia della festa del giorno seguente; e quel suono sembra confortare il cuore dalle fatiche della settimana. I fanciulli gridano sulla piazza in gruppo e saltando qua e là fanno un lieto rumore: e intanto torna anche il padre di Teresa fischiando, e fra sé e sé pensa al giorno di riposo che lo aspetta. Poi quando intorno ogni luce è spenta, e tutto tace, sente il martello picchiare, sente la sega del falegname, che lavora nella bottega alla luce di un lume ad olio, e si affretta e si dà da fare per completare il lavoro prima dell’alba. Teresa non sa, che i cugini ad un certo punto hanno avuto aperta la via della diversa condizione, rimpiangono, alla lunga, la vita dei campi. E ricordano il tempo della vita passata; quando il raccolto è abbondante e buono, i sacrifici si ritengono compensati. La bontà e la qualità del raccolto fanno dimenticare il sudore sofferto e il dolore delle spalle dovuto al menare la zappa senza sosta o, magari, la stanchezza di ore interminabili, nella solitudine più atroce e lunga. Non parliamo della sera, dopo il rientro dalla campagna; la cena è sempre un momento di festa ma i dolori della fatica quotidiana sono solo attenuati e si ha una piccola tregua. La madre ripeteva, quasi per abitudine, a Teresa, la sera tardi: “ Lo hai messo a posto il cavallo”? Metterlo a posto significava avergli pulito lo spazio tra i piedi, un rettangolo di selciato che gli era stato costruito come una specie di letto che a sera veniva cosparso di paglia in modo che si potesse anche coricare un pochino senza stare con la carne direttamente in terra bagnata da orina, quando nella notte la faceva. Hai fatto questo ? Hai fatto quello? Ti sei ricordata di chiudere il cancello una volta uscita? Che c’era il pericolo che entrassero gli animali e si mangiassero tutti i cavoli e le lattughe senza che lasciassero niente! Se entrano gli animali, dentro l’orto, fanno una strage e non resta poi niente! Dopo aver svolto il tutto diligentemente e cenato; si reca in camera sua, si sdraia sul letto e pensa che il sabato è il più gradito giorno della settimana, pieno di speranza e di gioia: domani tristezza e noia entreranno a far parte della giornata, perché ognuno ritornerà con il pensiero alle fatiche di tutti i giorni che l’indomani riprenderanno. Teresa riflette che la sua età è piena di gioia, è come un giorno pieno di allegria, giorno chiaro, sereno, che precede la maturità, età felice della sua vita. Devo godere di questa mia condizione, questa è un’età felice. Ciononostante non aspetto altro che la maggiore età per avere la libertà di vivere in città a modo mio! Mentre la madre in cuor suo: “Non vuole dirle altro; non dispiacerti se l’età matura tarda a giungere”.
Scrittura creativa scritta il 02/05/2017 - 19:11
Da Savino Spina
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Voto: | su 3 votanti |
Commenti
bellissimo
e la conclusione con le parole non dette della madre, è semplicemente grandiosa.....
tempi diversi, faticosi...ma certamente la genuinità era propria dei sentimenti...di quelli più veri
e la conclusione con le parole non dette della madre, è semplicemente grandiosa.....
tempi diversi, faticosi...ma certamente la genuinità era propria dei sentimenti...di quelli più veri
laisa azzurra 04/05/2017 - 11:45
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bellissimo
e la conclusione con le parole non dette della madre, è semplicemente grandiosa.....
tempi diversi, faticosi...ma certamente la genuinità era propria dei sentimenti...di quelli più veri
e la conclusione con le parole non dette della madre, è semplicemente grandiosa.....
tempi diversi, faticosi...ma certamente la genuinità era propria dei sentimenti...di quelli più veri
laisa azzurra 04/05/2017 - 11:22
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5* Davvero un racconto interessante e ben costruito che rispecchia bene l'atmosfera della poesia che lo ha ispirato!!!
Marirosa Tomaselli 03/05/2017 - 21:35
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********** e dico poco
enio2 orsuni 03/05/2017 - 09:14
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UN OCULATO RACCONTO CHE CI RICORDA LA SUDATA VITA DI CAMPAGNA DI CUI NON SI ERA MAI CERTO DI UN PROFICUO RACCOLTO.
LIETA GIORNATA, SAVINO.
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LIETA GIORNATA, SAVINO.
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Rocco Michele LETTINI 03/05/2017 - 06:27
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Il piacere dell’attesa, esprime l’idea che il diletto non è mai attuale, ma solo futuro o passato: non è possibile viverlo nella realtà, ma solo con l’attesa o il ricordo. L’attesa e la speranza del domani, rappresentato dall’ora del tramonto del sabato, e sulla tristezza e la noia vissuta quando il momento tanto agognato, la domenica giunge. Ma arriva e non porta quanto sperato, anzi trascorre velocemente ed è fronte di ansia per la settimana che sta per iniziare. Alcune persone rimpiangono, alla lunga, la vita dei campi. Avviene quando si incontrano le difficoltà della vita di città. Altre ancora, pensano che non tornerebbero alla vita di campagna per nessuna ragione. E ricordano come un calvario il tempo della vita passata; quando la mattina, con il freddo e con il sole cocente si apprestavano ad affrontare la giornata che non presentava nulla di buono e costringeva ad un duro lavoro. Poi bastava un niente e tutto il raccolto andava in fumo.
Savino Spina 02/05/2017 - 23:01
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bella scrittura scorrevole lettura e interessante 5*
GIANCARLO "LUPO" POETA DELL 02/05/2017 - 22:11
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